La scesa in campo di tanti cittadini a protestare per le condizioni poco rassicuranti della sanità elbana, ha testimoniato un forte ed esteso disagio generale del vivere all’Elba. Nello stesso giorno i giovani studenti elbani, insegnanti e genitori, protestavano per la condizione di degrado ed abbandono della scuola pubblica e delle loro condizioni disagiate su questo territorio: carenza insegnanti, aule, precari, non sostegno, ecc.. C’è una forte percezione nei cittadini elbani che, da almeno un ventennio, sono progressivamente peggiorate sull’isola quelle condizioni vitali e di sussistenza, conquistate negli anni del dopoguerra, fatte di maggiori tutele sociali, assistenze, servizi e prestazioni pubbliche. Nasce da qui la protesta e la profonda preoccupazione per il futuro, che tocca particolarmente quei ceti sociali che con l’attuale crisi hanno perso anche sicurezze e certezze per il lavoro, per il prosieguo di attività economiche e la cui prospettiva futura resta oscurata: i giovani, le donne, gli anziani, le imprese. E’ un sentimento forte di partecipazione e di protesta verso una condizione di vita in un’isola che rischia di trasformarsi in una penalità e frustrazione. A raccogliere e rappresentare questo progressivo malessere sociale e culturale e a voler richiamare l’attenzione delle istituzioni e della politica sono sorti numerosi comitati, che se pur con scopi particolari, nell’insieme segnalano una realtà di progressivo decadimento dell’isola e di esclusione degli stessi cittadini dai centri decisionali locali e continentali, come utenti, consumatori, come titolari di diritti e interessi e che non trovano più rappresentanza. Un impulso a rompere quella cappa chiusa, rappresentata dal modo come la politica e le istituzioni di oggi stanno poco e male esercitando il loro ruolo di rappresentanza e di governo dei territori, dal centro alla periferia. Quanto dico non è un cedimento all’antipolitica, ma vuol esserne un antidoto: è la democrazia rappresentativa e partecipativa che in questi anni è venuta meno; ecco perché questa sensazione di “contare” di meno. I canali istituzionali e politici, che dovrebbero assicurare il medium tra società e governo, nel processo decisionale, non funzionano più e l’effetto è che siamo posti di fronte a decisioni e scelte prese “dall’alto”, in base a valutazioni e criteri che, se pur necessari, quali quelli di un razionale utilizzo delle risorse pubbliche, non sono passati al vaglio democratico preventivo del confronto con i cittadini, con i territori, con le loro specificità e condizioni vitali, attraverso un percorso, istituzionale e politico, condiviso. E questo vale a tutti i livelli, locali e centrali. In questo modo viene sacrificato un percorso che dovrebbe saper individuare le emergenze, differenze e diseguaglianze territoriali ed indicare le priorità secondo criteri di eguaglianza ed efficienza. Qui vedo i limiti ed anche il degrado della politica elbana di questi anni, di prevalenza del centrodestra e lo svuotamento delle istituzioni comunali locali: una mancanza di responsabilità condivisa verso gli interessi generali dell’isola, il prevalere degli interessi più forti di gruppi locali, l’assenza di una volontà comune di agire solidale e collaborare per risolvere i problemi del territorio isolano; la contrapposizione istituzionale, aizzando localmente contro complotti continentali; una gestione dei Comuni come centri di potere personale o di parte e svuotandoli del loro valore generale e di democrazia partecipata. Ritengo che dopo questa manifestazione, i Sindaci devono ritrovare un ruolo istituzionale e di governo, collaborativo, senza polemizzare fra di loro e indulgere in atteggiamenti isolazionisti o invadendo il campo della politica. Anche le forze politiche devono recuperare un collegamento diretto con i cittadini, organizzandoli, rendendoli attivi e partecipi alle decisioni, pur nel rispetto delle autonomie, dei movimenti, delle organizzazioni spontanee dei cittadini, raccogliendone bisogni ed esigenze in programmi di governo e senza apparire interessate solo durante le elezioni per raccogliere voti. La proposta del Comune unico nasce, anche se impropriamente, perché si pensa con questa soluzione “tecnocratica” di colmare questa inefficienza ed assenza della politica locale come “buon governo della polis elbana”. Se vogliamo quindi entrare in sintonia con i cittadini che hanno sfilato alla manifestazione del 7, innanzitutto bisogna cambiare politica locale, rompendo questo muro di gomma , aprendosi al dialogo, al confronto, alla collaborazione, ritrovando unità e coesione intorno ai bisogni dei cittadini elbani, passando dalla protesta alla proposta, alla condivisione. Altresì, pur apprezzando lo sforzo della Regione Toscana, per garantire servizi, prestazioni e tariffe adeguate al benessere ed alla sicurezza dei cittadini elbani, in un pesante quadro di ristrettezze finanziarie imposte dalle manovre d’austerità a senso unico del Governo, riteniamo che ciò deve avvenire in un contesto di partecipazione e condivisione con le istituzioni locali, i Comuni e le rappresentanze politiche e territoriali, non a posteriori, ma in corso d’opera. Forse sarebbe utile superare quelle separatezze e distanze istituzionali (come avvenuto nella sanità riducendo le conferenze dei Sindaci a pareri consultivi e trasferendo decisioni politiche in ambiti aziendali e tecnici), pensando a nuove forme di collegamento e coordinamento tra il governo Regionale e le autonomie locali e riattivando I canali politici della partecipazione (rivedere la Legge elettorale Regionale, che assomiglia al Porcellum) ridando funzione di collegamento con il territorio ai Partiti e alle Rappresentanze elettive e più potere ai cittadini nella scelta dei candidati.
Giuseppe Pino Coluccia