Forse non tutti sanno che anche Mussolini negli anni ’30 voleva istituire un Comune unico all’Elba e per verificarne la fattibilità inviò sull’isola un Commissario. Il quale, fatto il giro degli otto Comuni, pare abbia espresso parere sfavorevole nella sua relazione al Duce, che vi rinunciò. Ottant’anni dopo ci riprova il Governatore Rossi che ha inviato il Commissario Orsini che - tanto per “far capire come gira la mestola” è stato posto a capo sia dell’ex unione dei Comuni che del Comitato per l’istituzione del Comune Unico. Ente quest’ultimo che ha fra le sue funzioni il compito di organizzare il necessario referendum. Che si rivelerà la pietra contro cui cozzerà la falce della “gioiosa macchina da guerra” organizzata dalla Regione con i vertici delle associazioni di categoria locali, per convincere gli elbani che diffidano del Comune Unico: la grande maggioranza. Basta parlarne fra la gente per rendersene conto. Ho avuto più volte modo, dal 2008, di esporre sui media elbani le ragioni oggettive contrarie al Comune Unico e dunque non mi ripeto, perché sono temi oggi sulla bocca di tutti. Anche di qualche politico locale, per fortuna. E’ invece utile approfondire alcuni aspetti di legittimità del referendum, affinchè esso svolga effettivamente la sua democratica funzione. Non è così scontato perché la normativa prevede diverse condizioni a seconda dei casi. Nel nostro caso di fusione di più Comuni in uno, ad esempio, le firme iniziali per l’istituzione del referendum devono essere raccolte fra i SOLI residenti dei Comuni interessati alla fusione. I referendum devono poi essere svolti in ogni Comune perché è la maggioranza dei residenti di ogni Comune ad accettare o meno il Comune unico e nessuno può sostituirsi ad essa, che costituisce quel famoso “popolo sovrano” al vertice della Costituzione, che i politici amano citare solo se a svantaggio dell’avversario. Una sorpresa potrebbe poi venire dai quorum minimi di partecipazione alla votazione richiesti per la validità del referendum dagli Statuti di ogni Comune, ai quali la normativa espressamente rimanda. All’Elba alcuni Comuni, poco democraticamente, hanno fissato nei loro statuti quorum ben più elevati del 50%+ 1 normalmente richiesto e ciò complicherà ulteriormente le cose. Se poi il commissario/presidente Orsini riuscirà a procedere indenne da errori – gli errori minerebbero la legittimità del referendum e lo renderebbero annullabile da chiunque per via giudiziaria - si troverà ad affrontare il compito più improbo: convincere la maggioranza degli elbani a recarsi alle urne e la maggioranza di questi a votare per il Comune unico. Perché penso che questa maggioranza abbia capito come stanno le cose e dunque diserterà le urne per risolvere il problema alla radice: facendo mancare il quorum e la validità del referendum, a prescindere dal risultato. Decideranno gli elbani con la propria testa, non altri sulla loro testa. Stefano Martinenghi Caro Martinenghi Mi pare che alcune sue interpretazioni, in particolare per quando riguarda le quote validanti il referendum non corrispondano alla vigente normativa regionale, ma potrei sbagliarmi quindi lascio volentieri ad altri il compito. Mi lasci solo prendere atto con soddisfazione del fatto che questa sua ennesima "riemersione" (Ella usa, dopo lunghe letargie, d'improvviso rimanifestarsi qual fungo o qual lumaca dopo le precipitazioni meteoriche) non è caratterizzata dalla proposta della "Provincia dell'Elba" con la quale ci aveva reiteratamente deliziato narrandoci (a mo' di virtuoso percorso che pure gli elbani dovevano seguire) delle magnifiche sorti e progressive di una nuova provincia in Val Brembana o Val Camonica o giù di lì che era sul punto di essere istituita, sulla poderosa spinta dei prodi valligiani. Ecco per lo meno di quella "menata" (mi passi il termine padano) ha già fatto giustizia il tempo.
martinenghi stefano