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Controcopertina - I partiti: la crisi e la loro ragion costituzionale di essere

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : mercoledì, 29 ottobre 2003

L’articolo 4 della Costituzione della Repubblica richiama ogni cittadino “al dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività e una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”, affermando poi “il diritto (art. 49) di associarsi in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. In questi due concetti sono comprese le fondamenta di quella che viene definita “democrazia partecipativa” e il riconoscimento del ruolo svolto dai partiti nella lotta contro la dittatura fascista, nella Resistenza e poi nella edificazione di uno Stato democratico che si identifica nei principi fondamentali della Carta Costituzionale. La legittimità del ruolo e della funzione dei partiti è quindi fuori discussione. Quando avviene il contrario sono le stesse basi della democrazia ad essere intaccate e indebolite. Il fascismo abolì i partiti, incarcerò e uccise dirigenti politici dell'opposizione, cancellò le libertà collettive e individuali. Non c’è ombra di partiti dove vigono dittature e regimi autoritari. Ed è sintomatico che l’attacco ai partiti spesso è preceduto dalla progressiva abolizione di alcuni diritti fondamentali, quali la libertà di stampa e l’indipendenza della magistratura, pericoli che per alcuni aspetti sono presenti nell’attuale situazione politica nazionale. Tutto ciò non impedisce, però, di considerare criticamente la storia, l’evoluzione o l’involuzione che ha caratterizzato la vita dei partiti nel nostro Paese. E’ indubbio che gli anni ’80 e poi il decennio successivo hanno determinato la crisi dei partiti di massa, la riduzione della loro capacità di rappresentanza e infine la scomparsa dei partiti tradizionali che avevano segnato la vita politica di quasi mezzo secolo di storia nazionale. Il rapporto elettori/iscritti, molto stretto soprattutto nei partiti popolari (Dc, Pci,Psi), oggi assume distanze siderali e il voto politico, senza contare quello amministrativo, ha sempre meno valenze fideistiche e molto più ragioni contingenti, di adesione sul singolo candidato e sui contenuti programmatici. E’ indubbio inoltre che la fase di tangentopoli e l’uso spesso spregiudicato del potere, hanno introdotto elementi inquietanti e squalificanti nell’immagine che l’opinione pubblica ha dei partiti, introducendo elementi di sfiducia piuttosto diffusi sulla capacità di rappresentanza del sistema. La selezione della classe dirigente, che prima avveniva attraverso un rigoroso tirocinio, spesso si riduce a premature assunzioni di responsabilità, senza passaggi intermedi, che creano danni ulteriori alla credibilità dei partiti e, quel che è peggio, al governo della pubblica amministrazione. Se è sbagliato criticare tourt court il sistema dei partiti, senza tra l’altro alcuna distinzione che a noi pare doverosa, è altrettanto sbagliata la difesa orgogliosa se non addirittura supponente degli stessi partiti. Soprattutto quando ciò avviene in un quadro generale dove la ricerca del rapporto con l’insieme della società civile e di quanto in essa si agita ed emerge, diviene vitale per acquisire nuove indispensabili risorse e dare un senso alla politica vissuta e partecipata. Con i movimenti e tutti coloro, organizzati in comitati e singoli cittadini, occorre abbandonare l’atteggiamento di chi “generosamente” si presta a riconoscere la presenza di nuovi stimoli e idee, quanto di affermare pari dignità nel confronto e in una comune lotta per combattere politiche autoritarie e repressive, denunciare la convivenza fra politica e corruzione, costruire alleanze per una gestione più trasparente, efficace e democratica delle istituzioni locali. E’ il caso dell’Elba, dove la nascita del “Laboratorio 5 Aprile” è stata vista anche fuori dai confini dell’Isola, come un momento nuovo e significativo di fare politica e che prefigura, se realizzato la pluralità delle opinioni e delle idee del grande Ulivo. Ai partiti e, per quanto ci riguarda, ai Ds, occorre chiedere di più, prendere atto autocriticamente di spazi di iniziativa politica che altri hanno in parte riempito e di rilanciare con forza la propria azione sia sui temi locali che su quelli nazionali. La credibilità e la rappresentanza non si conquistano affermando orgogliosamente il proprio ruolo o respingendo con fastidio le critiche, ma facendole vivere con la coerenza dei propri comportamenti, la capacità di mettersi sempre in discussione e l’impegno, faticoso e quotidiano, dello studio dei problemi e dell’iniziativa fra i cittadini. Catalina Schezzini e G.Paolo Soria, (membri della segreteria dei Democratici di Sinistra dell’Isola d’Elba)


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