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A Sciambere della terza lettera del Cinghiale Antonio

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : mercoledì, 14 settembre 2011

(3)Caro Direttore Sono Antonio Maialoski Ciancovich e sono appena uscito da una assemblea dei delegati cinghiali e mufloni dell’Isola d’Elba che mi ha eletto portavoce, come il Mazzantini. Ma poiché non abbiamo vicepresidenti e presidenti, non sorgeranno questioni e sdegni di lana caprina (pardon: muflona). Abbiamo discusso la lettera firmata dal Gotha della imprenditorialità (gente che lavora, in altre parole) agricola e agrituristica elbana, favorevole alla nostra eradicazione o eliminazione, come giustamente qualche purista ama definire la volontà di toglierci di mezzo. Si diffonde anche la volontà di attivare una petizione popolare. Vuoi vedere che quel ramo al quale stanno appollaiati alcuni Comuni e la Provincia, chi cui parlavo nel mio precedente comunicato, stà per rompersi? Siamo veramente preoccupati ed impauriti. Sembra proprio che l’orologio che segna la nostra permanenza nell’isola abbia iniziato il conto al rovescio. Possiamo solo sperare che qualche esperto orologiaio, riesca a bloccare il tempo e riportare le lancette a quando vivevamo felici nell’ Isola verde e blu, scorrazzando fra vigne ed orti e giocando a ping-pong con le uova di pernice. Del resto noi abbiamo sempre vissuto nell’isola. Sicuramente ci viviamo da almeno 40.000 (quaranta mila) anni. Ci siamo venuti assieme ai primi cacciatori e raccoglitori del paleolitico, come attestano le ricerche che abbiamo fatto nella Grotta dell’orso, a Porto Azzurro. E’ sicuramente questa la motivazione culturale che vede gli amministratori comunali contrari alla nostra eradicazione. Si perderebbe un pezzo della storia del territorio. Abbiamo anche dei documenti che attestano come nel 1802 non siano stati eliminati tutti i cinghiali dell’Isola. Documenti recentemente ritrovati dietro un muro della Torre del porto di Marciana Marina, attestano che una coppia di cinghiali elbani, venne nottetempo prelevata da emissari di Napoleone, caricata in una tartana salpata dalla Piaggia di Marciana e portata in dono all’imperatore d’Austria, che era anche re d’Ungheria, per accattivarsene le simpatie e desse in moglie la sua figliola al Grande Corso. Da questa coppia provengono direttamente i miei avi, ritornati nell’Isola avita grazie all’interessamento di alcune istituzioni e di valenti studiosi locali, impegnanti in una lodevole iniziativa culturale di riappropriazione delle proprie radici. Oggi ci vogliono eliminare in nome dell’ecologia e della economia del territorio, ma noi siamo autoctoni, siamo elbani doc. Anche per noi deve valere il grido “ Elba agli Elbani”. Cordiali saluti Antonio Maialoski Ciancovich Quando Ella, preclaro suino, stendeva la nota che ci invia, non era certo a conoscenza della giravolta che TARADASH! (un nome un destino come Rataplan! Op-là! Ecchecquà!) con con tuffo carpiato e ritornato ha fatto fare al PDL lasciando veterovenatori e neofilocinghialisti come Cimabue e l'autunnale patriarca vaporino con un bel pezzo di culatello (restiamo in argomento) scoperto. Quindi Ella, annusando il vento infido col fiero nirfio (Debbio da Chiessi - opere citate) bene aveva compreso che tirava ariaccia. Temo che a poco valga anche il rigoroso percorso di ricostruzione storica sull'origine del cinghiale elbano che ci propone. I politici, fattispecie del centrodestra delle discipline culturali tendono bellamente a strafottersene, hanno capito che la maggioranza degli elbani ne ha pieni i cabbasisi della vostra presenza e per 30 denari o 30 voti sono pronti a servirvi in bellavista: con tanto di canonica mela in bocca, ciuffi di prezzemolo di ordinanza nelle orecchie e classica carota posta a sigillare altro orifizio. Temo che abbiate, stimato ungulato, i giorni contati, forse un po' più del Sultanano, ma non molti di più. Una prece


cinghiale più stretto

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