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Controcopertina: Da Pomonte a Chiessi ……e dintorni

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : martedì, 13 settembre 2011

Nel Paese le rondini, tornarono cinque anni fa. Fecero il loro nido sopra la porta del bar. Decisamente non il posto migliore per "l'incolumità " dei clienti. Presto fatto, Giovanni mise una piccola assicella sotto il nido. Da allora le rondini non mancano più il loro appuntamento primaverile. E’ stata la prima “ Casa delle Rondini”. Oggi dopo le iniziative prese dal Parco Nazionale dell’ Arcipelago Toscano, sono molte le case di Pomonte e di Chiessi che si fregiano di una targa in ceramica bianca e blu dove si legge: “Casa delle Rondini”. Il Comune di Marciana ha deliberato un regolamento edilizio per favorire la nidificazione delle rondini. Oggi dopo la risonanza che tutto questo ha avuto nei media locali e nazionali, sono molte le persone che nei loro giri elbani vengono a vedere i Paesi delle rondini. Le Valli di Pomonte e Chiesi sono incise nel granito del Monte Capanne e sulle verdi ofioliti che lo contornano. Si aprono sul mare che guarda la Corsica, dallo scoglio dell’ Ogliera alla Punta del Timone. E’ una Terra carica della storia antica di una comunità di vignaioli, cavatori e pescatori, che ha saputo aprirsi al quieto e ospitale turismo geloso di preziosi valori delle sue tradizioni e della magica natura in cui vive. Bastia è davanti, e nelle tante giornate limpide il Tirreno si chiude in un grande lago circondato dagli antichi vulcani di Capraia, dai monti della Corsica che si allungano dalla Giraglia ad Aléria, dalla sottile linea di Pianosa e dal fascino misterioso di Montecristo. Si comprende perché alle genti corse ed elbane, bastava una piccola barca per migrare in cerca di lavoro, per raggiungere la libertà o per vivere un amore contrastato. Il “ Grande Lago”, nonostante i piccoli e grandi barbari che versano in mare le loro plastiche ed i loro luridumi oleosi, è ancora un mare di splendide trasparenze; di vaste praterie di ondeggianti posidonia, dove vivono dentici e orate; di fondali e di scogliere dove polpi e cernie trovano le loro tane ; un mare in cui non è raro assistere ai festosi tuffi di delfini , vedere lo spruzzo dei capodogli , imbattersi in una grande caretta caretta, o rivedere i lunghi baffi di una foca monaca. Un mare volato da gabbiani reali e gabbiani corsi, berte e martin pescatori, e dove è normale vedere un paio di marangoni dal lungo collo, che nuotano e pescano sotto la costa, ornata da scogliere o spiagge di ghiaia e sabbia, dove crescono i tamerici rosa e sboccia il giglio di mare. Oggi Pomonte e Chiessi sono collegate dalla strada provinciale costiera, ma fino ad una cinquantina di anni fa, erano le antiche mulattiere con il selciato inciso da secoli di cammino, che collegavano i nostri Paesi, fra loro e con il resto dell’ Elba. Erano tanti i sentieri che risalivano le valli . Alcuni sono ancora percorribili e mantenuti , in mezzo a tanti problemi , dal Parco Nazionale, dai Comuni e da lungimiranti iniziative private . Sono sentieri pieni di paesaggi, di profumi, colori, storia e tradizioni, che si snodano in mezzo ai “ balzi” dei vigneti che un tempo arrivavano fin sotto il Capanne; lungo i fossi contornati di canne e felci ; nelle foreste di lecci e nei castagneti; risalgono le pendici in mezzo a corbezzoli, lentischi, olivastri, mortelle, ginepri, cisti, ginestre, scope ; dove fioriscono gigli, violacciocche e orchidee, e lungo i quali sono tante le “ arature” dei cinghiali, gli sguardi attenti di maestosi mufloni, e non mancano gli attenti attraversamenti di famigliole di ricci ed il volo del falco. I sentieri giungono ai crinali , dove nella sella fra il Capanne e le Filicaie, si ergono antiche piante di tasso. Sono alberi sacri, eredi di quelle foreste che nel Pleistocene coprivano il territorio. Alcuni esemplari sono vecchi di almeno duemila anni . Questi alberi ed i loro progenitori hanno visto scorrere la preistoria e la storie delle nostre valli e del loro mare. Dai tempi dei cacciatori e raccoglitori del Paleolitico , che scheggiarono gli strumenti litici musteriani ritrovati nella piana di Pomonte e conservati nel Museo Archeologico di Marciana; ai mitici “ Ilvates”, i pastori e agricoltori che dall’ Età del Bronzo e fino ai periodi etruschi, popolarono i monti del Marcianese e del Campese, lasciandoci a Le Mure, la Grottaccia, San Bartolomeo e nella Valle Gneccarina, significative testimonianze. Con gli Etruschi ,l’ Elba divenne per i Greci: Aethalia, l’ isola fumosa. Sono tanti i forni accesi lungo le sue coste per ridurre a spugne di ferro il minerale estratto nella Terra di Rio. Alla foce del Fosso di Pomonte, restano grandi masse di “ schiumuli”, le scorie di questa antica siderurgia ed un toponimo : “ Porto Vitale”, che ci piace collegare a quei barconi che trasportavano il ferro e, forse, anche qualche otre di vino. Poi arrivarono i Romani e le potenti triremi di Marco Vipsiano Agrippa stabilirono la “ Pax romana “ nel mare dei Tirreni. Pianosa diviene la “ prigione dorata” del figlio Postumo del grande ammiraglio, prima di divenire un’ isola dove la cristianità ha lasciato uno dei suoi più imponenti siti catacombali. Grandi navi portano a Roma colonne cavate dal granito elbano e davanti a Chiessi, alla fine del I sec.d.C, naufraga una nave con il suo ricco carico di anfore, contenenti vino, olio e salse di pesce. E la storia continua con il Medioevo, quando le coste tornano ad essere insicure per le incursioni delle feluche di “ mauri” ed ottomani. Si ripopolano le alture, che erano state la terra degli Ilvates, percorrendo quei sentieri di crinale, che ancora oggi sono ricalcati dalla Grande Traversata Elbana, un percorso trekking che collega Pomonte e Chiessi, alla Terra di Rio. I nuovi Ilvates, costruiscono il loro villaggio a La Terra, in alto, fra Chiessi e Pomonte. Nel villaggio edificano la Chiesa dedicata a San Benedetto, due anni fa scoperta da Silvestre- giovane architetto puginco- alla guida di un gruppo di giovani, e meno giovani, pomontinchi. Altre ne costruiscono a San Frediano, lungo la via per Marciana; a San Bartolomeo, sotto l’ oppidum e a San Biagio, nel Colle di Tutti . I loro resti suggestivi, in belle bozze di granito, emergono dalla fitta macchia avvolti nei profumi e nei colori delle ginestre, del rosmarino , della lavanda, dell’ elicriso, in quel circuito di Chiese romaniche rurali che a San Lorenzo nel Marcianese e a San Giovanni nel Campese trovano le loro più integre manifestazioni. Pedemontem viene distrutta nel 1553 dalle bande ottomane di Dragut, Il territorio si spopola per secoli, finchè tornati tempi migliori, i discendenti degli antichi incolae Pedemontis , arrichiti di donne e uomini migrati negli anni: dalla Corsica, dalla Sardegna e dal continente, impiantano nelle piane e nelle “ balze”, nuovi vitigni di sangiovese, procanico, aleatico, ansonica, moscato. Nei crinali edificano, caprili in lastre di granito, seguendo antiche regole costruttive a secco e a falsa volta. Nelle valli e lungo costa si costruiscono magazzini, che poi saranno case. Nascono i nuovi paesi di Pomonte e Chiessi. Si giunge così a quelle “ piazze” odierne dove, dopo il tramonto,nelle fresche serate estive, seduti nelle “ murelle”, si ritrovano pomontinchi e chiessesi con i “ viaggiatori leggeri” loro ospiti. Si ascolta, la memoria trasmessa da Beppe o da Angiolino, di come gli abitanti di Pedemontem, aiutati dalle genti di Marciana, Poggio, S. Piero e S. Ilario, riuscirono a gettare a mare i saraceni, sfuggendo alla schiavitù. Intorno si rincorrono frotte di bambini, invano trattenuti da ansiosi genitori, ma sempre sotto l’occhio vigile dei nonni. Si mescolano accenti : elbani, americani, bolognesi, tedeschi, milanesi, fiorentini, francesi, aretini, spagnoli, romani,…Un pezzo di Mondo, dove ancora riesci a vedere la Terra con un sorriso.


pomonte dal mare panorama

pomonte dal mare panorama