Non bastava, a noi isolani, prendere la via del mare o del cielo in caso di traumi o patologie gravi; essere costretti ad allontanare a diciannove anni i figli da casa per farli studiare all’Università, dissanguandoci economicamente; dover far sempre i conti con le condizioni meteorologiche per partire o avere costi più alti e minori servizi dei continentali. Ora ci si dice che il nostro ospedale sarà ridotto a una sorta di pronto soccorso e di ambulatorio e che per tutto il resto dovremo attraversare il canale. Il primo settembre, davanti alla palazzina dell’Asl, nel presidio organizzato dai comitati civici che si interessano lodevolmente e con competenza di sanità, c’erano persone di tutte le età: dai bambini, in costumino e maglietta, con al collo i cartelli La salute è un diritto, Abbiamo diritto alla salute a giovani, meno giovani ed anziani, venuti da tutta l’Elba. Si leggeva preoccupazione sui volti della gente e disagio e indignazione. Non è più possibile sottostare a logiche di razionalizzazione, come viene ipocritamente chiamata la strategia dei tagli, in una realtà del tutto particolare come quella elbana, che d’estate moltiplica di cinque volte la sua popolazione e che costituisce, con le sue presenze turistiche, una risorsa economica per tutta la regione Toscana. I medici non ci vogliono venire o restare? Se si desse loro qualche beneficio in termini di carriera o di stipendio, forse non rifiuterebbero e i costi complessivi sarebbero minori di quelli, materiali e morali, che comporterebbe dover ricorrere continuamente allo spostamento dei malati e delle loro famiglie. Negli anni tutti gli elbani hanno assistito con sgomento alla declassazione del loro ospedale. Ora lo sgomento non basta né la rassegnazione. Occorre indignarci, tutti, come raccomandava Martin Luther King e lottare per ottenere il rispetto dei nostri diritti, dei quali il più sacrosanto è proprio quello alla salute.
ospedale insegna striscia