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Mina Agossi o la modernità dell’Africa

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : giovedì, 01 settembre 2011

Debutto pirotecnico per la 15.ma edizione del Festival portoferraiese. Una grande interprete del jazz nella formazione più essenziale (e difficile), il trio voce (Mina Agossi), batteria (Ichiro Onoe) e contrabbasso (Eric Jacot). Si è impadronita del palco fin dall’inizio con una struggente, personalissima e solitaria versione di Summertime e ha terminato la lunga serie di bis richiesti a gran voce dal pubblico con un samba cubista e scomposto come un quadro di Picasso che, proprio per questo, ne ha isolato il principio attivo, facendo capire anche ai duri d’ orecchio le radici africane di questa musica (Angola e Congo). Nata in Francia da madre bretone e padre del Benin, Mina Agossi ha poi vissuto gli anni fondamentali (lo dice lei, quelli dai 7 agli 11) nei paesi africani del ‘nord’, del Sahel, dove l’ anima della musica è blues e tuareg e la religione Voodo ne è intrisa (mentre si edificava Portoferraio, da lì partivano gli schiavi per Haiti, i perdenti delle guerre tribali). Una incredibile versatilità interpretativa, capace di passare da una cover afro blues (appunto) di Jimi Hendrix all’imitazione ironica di Armstrong - Satchmo, per poi giocare con ogni genere musicale ( rap, scat, blues,samba, fado ) ma con la cifra costante del ritmo e della percussione a tessere il tutto: la modalità di comunicazione dei villaggi dove ha vissuto da ragazzina che diventano la modernità dell’ Africa, capace di risvegliare i nostri assopiti geni africani . Voce potente e d' improvvisamente dolcissima nenia, intesa perfetta con i due ottimi musicisti. Magia pura.- Bell’inizio di un Festival che promette davvero bene.


mina Agossi

mina Agossi