Sono giorni che mi lambicco il cervello per interiorare il verbo eradicare. Non mi ha aiutato la consultazione di vocabolari cartacei ed elettronici, anzi è aumentata la mia confusione di idee oltrettutto scoprendo, con mio raccapriccio, che è una forma di linguaggio, per me di sapore oscurantista, in circolazione anche in comunicazioni di altri parchi italiani. Se si vuole eliminare davvero la piaga dei cinghiali e dei mufloni, mi chiedo perché non si spieghino le intenzioni con il ricorso al verbo sradicare, comprensivo anche per noi cittadini profani. A meno che non si tratti di un messaggio subluminale ad uso e consumo degli addetti ai lavori, forse per conciliare l'oltranzismo della decimazione a fucilate e l'ipocrita pietismo dei sostenitori delle gabbie e di altre diavolerie elettroniche. Nella buona sostanza, ci piacerebbe sapere quale è il destino degli ungulati con parole terra terra: morte, esilio con macellazione, tranquilla vecchiaia in isole solitarie dei mari del Sud, o quanto altro. Mi appello,peraltro, al presidente del Parco, Tozzi, che rimane sempre un ottimo divulgatore televisivo e mediatico anche nelle storie/cronache più ostiche. Romano Bartoloni Caro Romano Anche io mi considero un profano delle scienze zoologiche, e la mia è una ignoranza di schiatta, l’unico della mia vasta famiglia che mi risulti abbia “esternato” in materia di ungulati nocivi è un mio cugino, il noto Debbio da Chiessi di cui si ricordano gli epocali: “li mufloni so’ pecore e trombeno anco co’ le pecore” e “quando che spari al cinghiale puntali nell’occhi che così lo pigli nel nirfio, assennò pigli le cote e allora fai rena” (trad. a beneficio dei foresti: “I mufloni sono ovini che non disdegnano di accoppiarsi con altri ovini domestici” e “Dedicandoti all’arte venatoria con l’intenzione di abbattere un cinghiale devi mirare agli occhi del medesimo, cosicché il tuo sparo lo colga precisamente nel grugno, altrimenti i proietti colpiranno le affioranti rocce e ciò che produrranno sarà solo sabbia”). Ciononostante ho maturato un punto fermo, per tagliare la testa al topo: queste bestiacce sono insopportabilmente dannose e debbono sparire (eradicate o sradicate) dall’Elba e dall’Arcipelago: che ciò avvenga a fucilate, con trappolazione, grazie a giustapposizione di sale sulla coda o mediante massiva somministrazione di anticoncezionali alle signore maiale (absit iniuria verbo) e muflone, non mi interessa molto, così come le questioni filologico-eliminatorie ovosuine. Parimenti e di conseguenza non sono troppo interessato ai futuri destini extra-elbani degli animali di che trattasi, non mi interessa se di loro si faranno salsicce o se apriranno un pensionato per maiali da sparo disoccupati; la cosa che ho a cuore è, come affermava un rustico cesellatore della zolla dell’Elba che guarda la Corsica, esasperato dal lavorare per nutrirli, che “ce li levino tre passi da li coglioni” e se qualche bipede non ungulato ne sentisse la intollerabile mancanza potrebbe pure seguirne i destini altrove togliendosi “tre passi da li coglioni” pur esso, sicuramente “meno puzzo! In ultimo voglio significarti che mi fa un po' di tenerezza la Sindaca di Marciana (che è sicuramente persona raziocinante e corretta, ma sconta il "peccato originale" di aver fatto il pieno dei voti del gorillaio anti-parco), quando dice di voler stabilire, sul problema della "inertizzazione" se non proprio sradicazione dei cinghiali, un rapporto di collaborazione con le associazioni venatorie (cioè lo stesso soggetto che, importando i cinghiali, il problema ce lo ha creato). Atteso, stimata signora sindaca, che per non dare fastidio i cinghiali dovrebbero essere ridotti al minimo, chi glielo fa fare ai signori cacciatori di collaborare (correttamente) a rompere il loro amato giocattolino? Lei metterebbe il suo gatto a fare la guardia ad un piatto di pesci? Bah! ”
cinghiali con i piccoli