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A Sciambere: lettera aperta di Antonio Maialoski Ciancovich

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : sabato, 13 agosto 2011

Caro Direttore Mi chiamo Antonio Maialoski Ciancovich. Sono un cinghiale.Come dice il mio nome, sono un discendente ( in effetti un po’ immaialato) degli ungulati che una quarantina di anni fa furono deportati dalle foreste dell’ Europa orientale, qui all’ Elba, così da poter perpetrare la nobile ed antica tradizione dei “ cacciatori e raccoglitori” del Paleolitico. E’ nota l’annosa questione sulla nostra presenza e sui danni che noi arrechiamo. Siamo un po’ come la crisi idrica, lo smaltimento dei rifiuti, i traghetti, i collegamenti aerei, la sanità, ect etc. In altre parole facciamo parte delle tradizionali problematiche, mai risolte e sempre rinverdite. Ma tornando ai nostri danni, scrivo a nome dei 4899 confratelli che popolano lo Scoglio. Poiché vogliamo far sentire anche la nostra opinione. Mi sembra che ci siano due “ tifoserie”: a) Eradicatori – Parco, associazioni ambientaliste, coltivatori, operatori turistici,voci varie della società civile b) Contenitori – Associazioni venatorie, alcune voci animaliste Poi ci sono Comuni, Provincia, Regione e Ministero dell’ Ambiente che stanno a guardare. E’ evidente che noi parteggiamo per i ”contenitori”. Con i cacciatori ci possiamo sempre mettere d’accordo. Noi sacrifichiamo qualche confratello. Loro fra “padelle”, lungimiranti programmi per mantenere in vita il gioco il più a lungo possibile, blocco delle gabbie, pasture varie,… assicurano alla maggioranza di noi un soggiorno indisturbato. Del resto vorrei anche dire che tutto filava liscio fino al 1996, quando venne istituito il Parco. Fino ad allora, vivevamo in un’Isola felice dove regnava un perfetto equilibrio fra noi e gli umani. Nessun danno all’agricoltura , niente giardini e campi da golf variamente arati, niente muri barati. Niente di niente. C’era, è vero, qualche “pennivendolo” che scriveva nei giornali di vigneti distrutti, incidenti vari, rischi per la salute, covate di pernici schiacciate, etc.etc. Ma erano tutte bugie. La verità è quella che abbiamo detto prima. Anzi i cacciatori, come ci insegnano valenti studiosi laureati in prestigiose università meneghine, essendo al vertice della catena alimentare espletavano una meritoria azione ecologica di “selezione naturale”. I cacciatori inoltre tenevano i sentieri dell’Isola, da Cavo a S.Piero, perfettamente puliti e liberi dai buscioni. Anche se al solito, i soliti pennivendoli scrivevano di sentieri impraticabili invasi dalla vegetazione e distrutti da moto e cinghiali. In effetti l’unica cosa che nei tempi felici pre-Parco, dava un po’ noia a residenti e turisti era il fuoco. Di quanto in quando decine e centinaia di ettari di macchia e di bosco andavano a fuoco per autocombustione, poiché a quel tempo i raggi del sole erano particolarmente caldi. Ed allora, devo proprio dire, che nascevano un po’ di inconvenienti. Diventava un problema nascondersi per noi e per i nostri cugini mufloni che nel frattempo erano stati deportati nello Scoglio per aiutarci nel nostro lavoro di bersaglio-distruttori. Le padelle tendevano a diminuire. Comunque queste sono cose antiche, o meglio polemiche da vecchi, fatte sulle spalle di quelle giovani e positive energie che vogliono spogliarsi delle scorie di un passato, infarcito di egoismi, stupidità ed arroganze. Cordiali saluti


cinghiale sassoso

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