Nel dibattito svoltosi a Festa Ambiente a Repescia per iniziativa di Legambiente si è parlato dei 20 anni della legge quadro sui parchi e dei problemi che oggi travagliano il settore. Tra i problemi che a 20 anni dal varo della legge andrebbero affrontati -considerati naturalmente i buoni risultati conseguiti- vi sarebbero quelli di una indispensabile ‘manutenzione’. L’intento in sostanza sarebbe quello di tener conto di cosa è accaduto e anche di cosa ha funzionato peggio per provvedere a oliare meglio gli ingranaggi di una legge non più giovanissima. Vediamo perciò cosa ha funzionato peggio o non ha funzionato affatto della legge. L’amico Niccoletti ha citato il caso delle Comunità del parco che non avrebbero fatto al meglio quello che avrebbero invece dovuto fare. Si dice in sostanza che le istituzioni –perché le comunità del parco rappresentano appunto le istituzioni- non hanno dato il meglio di se. E’ sicuramente un aspetto che richiederebbe una valutazione meno generica perché il termometro non registra la stessa febbre ovunque. D’altronde basta dare un’occhiata –che Niccoletti avrà sicuramente dato- a quel che succede in questo momento in Lombardia, Lazio, Piemonte, Emilia, Liguria etc per capire quanto la situazione non permetta di dare giudizi uniformi anche sul ruolo delle comunità del parco. Cosa voglio dire? Semplicemente che le risposte politico-istituzionali sono tutt’altro che omogenee e un cambiamento non dipende certo principalmente dalle disposizioni della legge, ma dalla capacità che avremo di rimettere il ruolo dei parchi al centro dell’attenzione culturale, politica e istituzionale. Come? Innanzitutto evitando che ognuno vada per conto suo e che il ministero esca dal suo guscio e dalla sua pretesa assurdamente centralistica, per ritrovare una capacità istituzionale di operare d’intesa con le regioni e gli enti locali come diceva chiaramente la legge 394 prima che fosse azzoppata proprio su questo punto. Qui la legge non c’entra né punto né poco perché ben 10 anni fa la legge Bassanini fissò che il ministero doveva dotarsi di nuovi e più efficaci organi e strumenti per gestire il sistema dei parchi e delle aree protette d’intesa con le regioni e gli enti locali. Qui la legge c’è e non va cambiata ma solo attuata e non ignorata. Solo così il sistema istituzionale -e con esso le comunità del parco- potranno tornare a giocare al meglio il ruolo che gli compete. Ma un po’ di manutenzione non guasta è stato detto a Repescia. Ma il testo in discussione al Senato più che alla manutenzione punta decisamente e sfacciatamente allo sconquasso della legge aggirando questo problema al punto che le nomine dei presidenti non sono fatte d’intesa con le regioni le quali sono peraltro tagliate fuori da qualsiasi competenza sulle aree protette marine e escluse insieme agli enti locali dal Comitato di programmazione dei parchi dove è presente solo lo stato in compagnia del CFS e delle Capitanerie di Porto. All’anima della collaborazione istituzionale e del federalismo Senza considerare che gli enti parco dovrebbero ora diventare procacciatori di affari e di tassazioni su attività che nella maggior parte dei casi nei parchi non dovrebbe assolutamente svolgersi. E qui pensare che qualche emendamento possa migliorare questo testo è assurdo. Se alla vostra macchina fosse fatta una ‘manutenzione’ del genere dovreste chiamare un taxi. Ecco perché i 20 anni della legge quadro vanno ricordati innanzitutto rilanciando una azione politica coordinata che fu alla base della sua approvazione e che è mancata e manca invece e totalmente per il testo del senato. E’ la politica che va rivista non la legge.
bosco piane al canale