Sulla situazione nazionale dei parchi e delle aree protette restano più che giustificate e fondate tutte le preoccupazioni e i timori che abbiamo avuto modo di manifestare e denunciare in questi mesi, come Gruppo di San Rossore insieme a molti altri. Stando anzi alle cifre fornite anche recentemente dal WWF sulla manovra finanziaria in atto in riferimento al ministero dell’ambiente le cose sono destinate addirittura ad aggravarsi notevolmente. Non migliore peraltro è la situazione, ad esempio, del ministero dei beni culturali che per molti aspetti opera -o dovrebbe- in ambiti strettamente connessi a quelli dei parchi e delle aree protette; paesaggio etc. Quando ci siamo proposti di Rilanciare i parchi avevamo chiaro -e oggi lo è anche di più- che in sofferenza –e a rischio- non vi è solo un comparto certamente importante, ma il complesso delle politiche ambientali del paese e il ruolo delle istituzioni ad esse preposte. Per quanto possa apparire paradossale -e per molti versi sicuramente lo è- proprio nel momento in cui per esigenze non solo nazionali ma europee e internazionali, governo, regioni, enti locali dovrebbero più che mai mettere a regime programmi, progetti, interventi d’intesa -in leale collaborazione- come sta scritto in Costituzione- rimettere a fuoco e rafforzare le loro competenze e ruoli, stiamo assistendo ad una vera e propria abdicazione. E ancor più paradossale e grave è che ciò avvenga nel momento in cui si sta discutendo- malamente, confusamente e con grande ritardo- nientemeno che di una riforma dell’ordinamento ossia di una rimessa a punto del ruolo di tutti i soggetti istituzionali. Invece registriamo un pesante e invasivo ritorno centralistico con effetti destabilizzanti e paralizzanti gravissimi, proprio sul terreno -vedi il destino dei beni comuni e pubblici specie dopo il recente referendum- che non lascia naturalmente presagire niente di buono, come del resto si può agevolmente già toccare con mano. Come abbiamo cercato di mettere bene in chiaro fin dall’inizio, il rilancio dei parchi lungi dal configurarsi per noi come una vicenda delicata ma in fin dei conti di natura prevalentemente ‘sindacale’, è al contrario un aspetto estremamente delicato e rilevante di questa vicenda più ampia e generale. E se oggi alle prime importanti e significative adesioni individuali al gruppo si aggiungono quelle non meno qualificanti, di soggetti collettivi di varia e diversa natura, credo che le ragioni vadano ricercate qui, in questa crescente consapevolezza che la partita che si sta giocando riguarda questo orizzonte più ampio e decisivo. Certo, non più facile ma indubitabilmente più importante e qualificante. Una partita che non si vincerà né con la sola protesta né con la sola denuncia pur entrambe indispensabili, ma non sufficienti. Occorre, infatti, una maggiore capacità di analisi, di proposta, di iniziativa in grado innanzitutto di stimolare, incalzare e sostenere le istituzioni, i soggetti istituzionali e con loro il mondo della ricerca e tutte quelle rappresentanze ambientaliste e sociali che all’ ambiente guardano come ad una risorsa del futuro e non un ingombro da aggirare con o senza cricche. Noi è questo che abbiamo cominciato a fare con impegno e senza spocchia, e i primi risultati e qualche conferma ci incoraggiano a proseguire con maggiore lena. Lo faremo a settembre con l’evento che dall’8 al 12 settembre ci vedrà a Pisa anche noi impegnati con la Legautonomie, il Parco di San Rossore, e numerosi altri protagonisti, sul tema dei parchi europei e dove inaugureremo anche Parchi Scritti, perché se per anni i parchi di carta sono stata l’immagine dei parchi che non decollavano nella realtà, oggi essi sono i parchi veri che rischiano di andare a finire in soffitta. In altri termini oggi i parchi hanno bisogno di essere anche scritti, riflettuti, valutati nei risultati e nei tanti problemi con i quali devono fare i conti e che sono spesso ignorati a partire dalle sedi più alte e autorevoli che dovrebbero -al contrario- farsene maggiore carico. Il gruppo di San Rossore è credibile e raccoglie consensi e adesioni anche perché ha affidato e affida parte importante del suo impegno e della sua iniziativa a questa riflessione culturale che è condizione essenziale per qualsiasi approccio credibile anche sul piano gestionale-operativo. La crisi dei parchi trova, infatti, la sua prima causa proprio in questa caduta culturale che è alla base su un piano più generale anche della confusa manfrina istituzionale che sembra tutto ridurre a tagli e costi della politica, mentre lo stato si riappropria di competenze che poi –come vediamo e non solo nel caso dei parchi- non sa gestire decorosamente e spesso affossa. Con ParchiScritti riprendiamo in qualche modo una esperienza recente e interessante –Parcolibri- che ebbe nella sua ultima edizione anche un significativo riconoscimento della Presidenza della Repubblica. E lo facciamo perché i libri, la ricerca sui parchi permettono di mettere a fuoco una realtà complessa, variegata, tutta’altro che esente da problemi oltre che da rischi, che salvo talune e importanti e qualificati contributi –penso all’ISPRA- è ignorata e artefatta deliberatamente come dimostrano le assurde campagne prima per la privatizzazione, poi contro il ‘poltronificio’ mentre impazzano i commissariamenti di comodo e paralizzanti un po’ dappertutto, regioni incluse. Che sui parchi come sui bacini non disponiamo ormai da anni di relazioni, di documenti, indagini attendibili e non di comodo la dice lunga sulle reali intenzioni di chi -non a caso- da tempo ormai si rifiuta persino di convocare una Conferenza nazionale dei parchi richiesta inutilmente da Federparchi. Ritrovare il bandolo in questa situazione non è semplice, ma lo si può fare solo se non isoliamo la vicenda dei parchi da quel contesto politico, istituzionale e culturale a cui abbiamo accennato. E per questo va recuperato innanzitutto il bandolo che ha permesso negli anni passati di mettere a regime norme e strumenti fondamentali di governo nazionale, regionale e locale dell’ambiente a partire dal suolo, l’inquinamento, il paesaggio e la natura. La crisi attuale è iniziata con interventi sempre più diretti, ma spesso poco vistosi e comunque colpevolmente sottovalutati, che hanno scalfito e manomesso in più gangli vuoi con il nuovo Codice ambientale e poi quello dei beni culturali unitamente ad altre norme e comportamenti, quell’assetto innovativo che aveva permesso con l’avvento delle regioni di ‘immettere’ - diciamo così- l’ambiente tra i compiti istituzionali di governo non solo statali riservati fino a quel momento solo al paesaggio inteso peraltro come realtà prevalentemente puntuale; monumenti etc. Allarmante non è solo che questa stagione abbia lasciato il posto ad un recupero centralistico inefficienze e inefficace, ma che neppure in questa fase in cui tra tensioni e contrasti crescenti si sta cercando di riformare l’assetto istituzionale del paese, queste questioni restino pericolosamente e confusamente sullo sfondo per lasciare il posto, anziché al riordino dei ruoli e delle competenze, ai tagli dissennati e sconclusionati. Ecco perché un rilancio dei parchi può avvenire solo se sarà ricercato in questo contesto non settoriale.
sentiero ben fatto bosco