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Gli squali bianchi e l’Elba. Storie di uomini, tonnare, palamitare e "Tacche di Fondo"

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : giovedì, 07 luglio 2011

In giorni in cui impazza la polemica e l’isteria sull’avvistamento di uno squalo bianco al largo di Capraia, ci è stato segnalato un dimenticato ma essenziale studio, “Presenza di Carcharodon carcharias (Linneus, 1758) nella acque toscane (Mar Ligure Meridionale Mar Tirreno Settentrionale; Mediterraneo): analisi e revisione delle segnalazione (1839-2004)”, pubblicato nel 2005 negli Atti Società toscana di Scienze Naturali. Nel documento T. Storai (Museo di Storia Naturale dell’università di Firenze - Sezione di Zoologia “La Specola*), S. Vanni (Museo Civico di Scienze Naturali della Valdinievole ), M. Zuffa (Museo “L. Donini”, Ozzano nell’Emilia), e lo scomparso V. Biagi fanno la storia degli avvistamenti dello squalo bianco, nelle acque toscane e spiegavano che la sua presenza «E’ è nota fin da tempi remoti (Stenone, 1667), anche se esso è considerato raro in tutto il Bacino del Mediterraneo. L’esistenza della specie nell’area in esame è stata indagata in un arco temporale di almeno 166 anni (1839-2004), ricavandone un totale di 43 casi, provenienti da reperti museali, citazioni bibliografiche, evidenze fotografiche e testimonianze dirette. L’attendibilità delle segnalazioni è stata verificata attraverso i riscontri incrociati delle varie fonti e i vari casi sono stati classificati come «certi» (20), «non certi» (16) e «molto dubbi» (7); quest’ultimi sono stati presi in considerazione solo in quanto citati in letteratura. Per ogni caso, ove possibile, sono fornite la data, la località, le persone coinvolte, una breve descrizione dell’evento e alcune note valutative. Dalle informazioni e dai dati raccolti è stato infine possibile formulare alcune ipotesi e considerazioni sull’ecologia della specie nella zona, in particolare sulle interazioni tra lo squalo bianco e le attività umane». Tutti i casi rilevati sono stati oggetto di riscontri incrociati (verifiche bibliografiche, indagini documentali, contatti diretti con gli osservatori coinvolti nella segnalazione, sopralluoghi, verifiche cartografiche). L’esito di tali riscontri ha determinato il grado di attendibilità attribuito ai singoli casi. In generale, l’attendibilità delle segnalazioni provenienti dalle fonti a), b) e c) è da ritenere molto alta. In qualche caso, nelle ricerche bibliografiche e/o nella raccolta di testimonianze, è capitato di dover valutare l’identificazione della specie sulla base di denominazioni scientifiche sinonime, come «Carcharodon Rondeletii», «Carcharodon Rondeleti» o «Charcharodon lamia», o nomi comuni e/o dialettali, quali «pescecane», «smeriglio» o «tacca di fondo». Nel caso di nomenclature scientifiche non più in uso, è comunque agevole ricondurre la classificazione obsoleta a quella attualmente utilizzata. Nel caso invece di nomi dialettali,è sempre stata data la massima importanza a tutti gli altri elementi, soprattutto ai dati biometrici che accompagnavano l’identificazione dei vari esemplari. Il nome «smeriglio» è un termine generico usato dai pescatori, soprattutto di quelli originari dell’Italia centro-meridionale, ed è stato talvolta ripreso anche dagli organi di stampa; esso è comunemente usato per molte specie di Lamniformes, per cui è stata posta particolare attenzione nell’assegnazione della specie. Il nome «tacca di fondo», proprio dei tonnaroti dell’Isola d’Elba e dell’Arcipelago Toscano, è invece utilizzato solamente per lo squalo bianco. Le 43 segnalazioni prese in esame sono state suddivise, in base ai parametri di attendibilità sopra descritti, in 20 casi da considerare «segnalazioni certe», 16 casi riconosciuti come «segnalazioni non certe» e infine 7 casi di segnalazioni «molto dubbie» o inconsistenti, qui prese in esame solo in quanto riportate in qualche pubblicazione. Per ogni caso, ogniqualvolta ciò è stato possibile, sono indicati: data, luogo della segnalazione, persone coinvolte come testimoni o come soggetto dell’interazione con lo squalo, una sintetica descrizione dell’evento e la diagnosi del caso stesso Ecco i dati riguardanti l’Isola d’Elba e Montecristo: 1. Segnalazioni certe Caso 1.6 (Brian, 1906). Data: 5 giugno 1898. Località: Portoferraio (Isola d’Elba, Livorno), probabilmente nel sito della tonnara. Persone coinvolte: Giacomo Damiani (testimone). Descrizione dell’evento: cattura senza ulteriori dettagli di un esemplare adulto. Diagnosi: Brian (1906, pp. 53-54) riporta il rinvenimento di Copepodi parassiti della specie Echthrogaleus coleoptratus da parte di Damiani il 5 giugno 1898 su un esemplare di «Carcharodon Rondeletii» sbarcato a Portoferraio. Con estrema probabilità, l’esemplare citato è quello riportato anche in un’altra opera (Damiani,1923), dalla quale è possibile ottenere qualche dato biometrico, seppure non molto dettagliato. Riferendosi alla specie, considerata fra quelle proprie dell’ittiofauna dell’Isola d’Elba, Damiani cita un esemplare di oltre 5 m e 1 t di peso. Non essendo nota alcuna altra cattura di squalo bianco per l’Isola d’Elba fra il 1898 e il 1923, è ragionevole supporre che sia Brian sia Damiani facciano riferimento al medesimo esemplare. Non esistono indicazioni circa il luogo preciso di cattura, ma è possibile che lo squalo sia rimasto impigliato nella tonnara della Rada di Portoferraio, attiva fino ai primi anni del XX secolo (Mori, 1961). Caso 1.9 (Anonymus, 1938; Foresi, 1939; A. Zanoli, com. pers.). Data: 28 agosto 1938. Località: lato est di Capo d’Enfola (Isola d’Elba, Livorno), nel sito della tonnara. Persone coinvolte: fratelli Ridi (pescatori). Descrizione dell’evento: squalo bianco di grandi dimensioni rimasto impigliato nelle reti della tonnara. Dai quotidiani dell’epoca è possibile apprendere che lo squalo, ancora vivo all’arrivo dei pescatori, fu ucciso a colpi di «fulghero» e di fucile e rimorchiato a riva mediante un cappio di gomena passato attorno al capo. Diagnosi: la documentazione fotografica è di per sé sufficiente per l’identificazione della specie. Le informazioni tratte dalla cronaca locale parlano di un esemplare di circa 600 cm di lunghezza, di 4 m di non meglio precisata circonferenza e 1.800 kg di peso. Secondo il metodo di rilevazione della lunghezza sulla base delle evidenze fotografiche (De Maddalena et al., 2002), l’esemplare sarebbe stato di 597 cm di lunghezza totale, mentre i modelli matematici (Kohler et al., 1995) applicati al peso dell’individuo in esame farebbero attribuire allo stesso una lunghezza fra 555 e 589 cm. Sempre le fonti informative locali riportano, in merito al contenuto stomacale, la presenza di due grossi delfini. Che si sia trattato della cattura di un esemplare eccezionale è dimostrato anche dal fatto che le fotografie di questo squalo sono state utilizzate come cartoline postali e sono frequenti ancora oggi nei locali pubblici della zona dell’Enfola. Caso 1.10 (Foresi, 1939). Data: qualche giorno dopo il 28 agosto 1938. Località:, Capo d’Enfola (Isola d’Elba, Livorno), località «Penisola», nel sito della tonnarella. Persone coinvolte: fratelli Ridi (pescatori). Descrizione dell’evento: cattura non meglio precisata di un esemplare. Diagnosi: la fonte cita una «tacca di fondo», del peso di 800 kg, catturata in tonnara. La presente segnalazione è correlata al caso 1.9, anche se non è riportata in altre fonti. Secondo Foresi (1939) si sarebbe trattato di una femmina. Caso 1.11 (Nonnis, 2000; G. Chiocca, com. pers.). Data: primi giorni di agosto 1960. Località: Rio Marina (Isola d’Elba, Livorno), in località «Miniera del Ginepro», a 200 m dalla riva. Persone coinvolte: Gennaro, Alfonso e Giacomo Chiocca (pescatori), Giuliano Chiocca (testimone). Descrizione dell’evento: i fratelli Chiocca rinvennero uno squalo bianco di grandi dimensioni impigliato in un tramaglio di circa 150 m. Lo squalo, già morto al momento del ritrovamento, fu rimorchiato a terra dagli stessi pescatori. Diagnosi: il caso, per quanto piuttosto noto alla divulgazione scientifica, è povero di particolari. In effetti, dell’esemplare è descritto nel dettaglio solo il contenuto stomacale, due delfini di circa 15 kg l’uno, di cui uno integro. Le misure attribuite all’esemplare dal referente, 6-7 m, a giudicare dalle fotografie sono molto sovrastimate. Secondo F. Fino, consulente dello S.R.C. (Shark Research Commettee) di Ralph Collier, l’esemplare sarebbe stato lungo dai 360 ai 380 cm e con un peso tra i 750 e i 780 kg. Caso 1.12 (Roselli, 1990). Data: luglio 1964. Località: al largo a sud dell’Isola di Montecristo (Livorno). Persone coinvolte: Sirio Scotto, capopesca del motopeschereccio «Antonio II» (pescatore). Descrizione dell’evento: uno squalo bianco fu avvistato mentre era intento ad attività di scavenging sulla carcassa alla deriva di una balenottera di specie non precisata. Lo squalo fu successivamente catturato e rimorchiato a Porto Santo Stefano. Diagnosi: il caso riveste particolare importanza perché sembra rappresentare la segnalazione più recente per il Mediterraneo di scavenging da parte di C. carcharias su Misticeti. Questo tipo di comportamento alimentare è stato accertato in varie aree geografiche (Casey & Pratt, 1985; Mc Cosker, 1985; Long & Jones, 1996;Dudley et al., 2000, Fallows, 2001; Curtis et al., in stampa), mentre per il Mediterraneo esistono poche testimonianze al riguardo (Bianucci et al., 2002), perlopiù antiche (Parona, 1896), indirette e/o prive di concreti riscontri (Damiani, 1911; Fergusson, 1994). In questo caso, pur trattandosi sempre di un evento riportato, esistono invece riscontri oggettivi, quali la cattura dell’esemplare coinvolto nell’evento e il rinvenimento nel suo stomaco di porzioni di tessuto adiposo provenienti dalla carcassa predata. I resoconti sul contenuto stomacale dello squalo evidenziano interessanti tipologie di prede: oltre a un piccolo Delfinide tranciato in due e a rifiuti di vario genere, riportano infatti il rinvenimento di un gabbiano. Questo tipo di predazione,documentata fotograficamente anche nel Mediterraneo per alcune specie di Elasmobranchi, come Prionace glauca (Bugari, 1998), è piuttosto rara in C. carcharias, anche se è stata già segnalata (Bass et al., 1975; Randall et al., 1988). La predazione di un gabbiano da parte di un probabile squalo bianco sarebbe stata oggetto di un’altra osservazione, sempre lungo le coste toscane (cfr. caso 2.14). I dati biometrici relativi all’esemplare in esame, raccolti dagli organi di stampa locale di Porto Santo Stefano, non possono essere giudicati completamente attendibili: se 19 q rappresentano infatti un peso plausibile per un esemplare di grandi dimensioni, i 9 m di lunghezza a esso attribuiti sono invece senza dubbio esagerati. Caso 1.14 (A. Adriani, com. pers.). Data: probabilmente 1 maggio 1967, mattina.Località: lato ovest di Capo d’Enfola (Isola d’Elba, Livorno), località «Il Bagno», a meno di 100 m dalla riva, su un fondale di 10 m. Persone coinvolte: Alberto Adriani (pescatore e testimone). Descrizione dell’evento: dopo la dismissione delle ultime tonnare e tonnarelle della Rada di Portoferraio, dell’Enfola e del Bagno (Mori, 1961), che per decenni erano state calate regolarmente, i pescatori dell’Elba che le possedevano calavano reti palamitare per la cattura di sgombri e simili nei siti dove venivano armate le antiche tonnare, reputati luoghi «di passo». Alberto Adriani, che lavorava col fratello come pescatore in una di queste palamitare di proprietà dello zio, andando a salpare le reti, rinvenne sul fondo delle stesse un grosso esemplare di squalo bianco. Reti e squalo furono rimorchiati fino a Marciana Marina, dove i pescatori riuscirono con non poche difficoltà a portare a riva l’animale, con l’ausilio di un cappio passato intorno al capo e alle pinne pettorali e assicurato a un argano, in quanto i ranfi usati per issare a bordo tonni e palamite non riuscivano neanche a scalfire la pelle dello squalo. L’animale fu poi eviscerato e venduto a un grossista e successivamente portato al mercato ittico di Piombino.Nessun reperto dell’esemplare fu conservato. Diagnosi: Alberto Adriani ha lavorato come «tonnaroto» nelle tonnare dell’Enfola ed era allora (come lo è tuttora) in grado di identificare con sicurezza la specie, senza attribuirle nomi imprecisi o erronei. Tutti i dati biometrici sono ricavati dai ricordi, piuttosto precisi, dell’Adriani. La lunghezza dello squalo fu stimata fra i 4 ed i 5 m sulla base del confronto con la piccola imbarcazione di legno del pescatore, il quale ricorda tra l’altro che lo stomaco dell’animale era pressoché vuoto e di aver notato l’assenza di pterigopodi. Le uniche testimonianze fotografiche esistenti furono raccolte da un turista tedesco, ora deceduto, per cui non sono più rintracciabili. A. Adriani non ricorda con precisione la data della cattura ma la sua testimonianza è compatibile con quella riportata dalla letteratura divulgativa e scientifica. Nella cronaca locale non c’è traccia dell’evento, forse per il fatto che il tempo in cui lo squalo ha avuto la possibilità di essere visto da altri testimoni è stato molto breve. Questa cattura riveste una certa importanza, essendo l’ultima accertata della specie per le acque toscane. (purtroppo Alberto Adriani è recentemente scomparso, ndr) Caso. 1.15 (A. Mattera, com. pers.). Data: 26 dicembre 1984, ore 7.45 a.m. Località: 1,5 miglia al largo di Marciana Marina (Isola d’Elba, Livorno). Persone coinvolte: Aniello Mattera e Giorgio Allori (pescatori e testimoni). Descrizione dell’evento: le persone coinvolte erano impegnate in una battuta di pesca a bordo di due imbarcazioni di piccole dimensioni (lunghezza circa 4 m). Avevano lanciato le reti in un punto in cui solitamente venivano scaricati in mare gli scarti della lavorazione del pesce di alcune ditte marcianesi. Il luogo, ben conosciuto dai pescatori elbani, era ricco di pesce azzurro e non era raro osservarvi anche verdesche, squali volpe e mako di piccole dimensioni. La calata era stata operata e le due piccole imbarcazioni stavano quasi ultimando il cerchio che avrebbe chiuso le reti, quando una grande pinna triangolare si diresse decisamente tra le prue delle barche, entrando nel cerchio di rete. Senza alcun preavviso o apparente motivazione, lo squalo si volse contro la barca di A. Mattera, colpendola ripetutamente con il dorso e con la pinna dorsale, provocandone quasi il ribaltamento e infine addentandola sulla prua. Secondo il testimone, l’attacco fu portato a causa del suo giubbotto incerato giallo, che avrebbe attirato l’attenzione dello squalo più di quello nero del suo compagno di pesca. Mattera passò rapidamente sull’imbarcazione dell’amico, assicurando il proprio natante, che aveva cominciato a imbarcare acqua, a quello dell’Allori, per offrire maggiore resistenza all’impeto dell’animale in caso di reiterato attacco. Le due imbarcazioni abbandonarono le reti, facendo ritorno il più rapidamente possibile a riva, senza essere ulteriormente attaccate dallo squalo. Lo shock provocato dall’episodio tenne Mattera lontano dal mare per almeno 20 giorni. Diagnosi: l’identificazione della specie è avvenuta grazie a un volume illustrato presente nella Capitaneria di Porto di Portoferraio, dove il Mattera si era recato per denunciare l’accaduto. La prua dell’imbarcazione, riportante i chiari segni dei denti, fu segata e conservata come cimelio fino all’estate del 2002, anno in cui andò distrutta a séguito di un incendio doloso di cui rimase vittima la rimessa a mare del Mattera. 2. Segnalazioni non certe Caso 2.4 (Damiani, 1911). Data: 13 novembre 1910. Località: oltre 2 miglia al largo di Marciana Marina (Isola d’Elba, Livorno). Persone coinvolte: alcuni marinai e pescatori di Marciana Marina. Descrizione dell’evento: avvistamento di un «bestino» che avrebbe inseguito una balenottera. L’inseguimento si sarebbe protratto fino a pochi metri da riva, in località «La Caletta», tra la Punta della Madonna e la Punta della Gioma. Giusto Cardella rinvenne il giorno successivo il Cetaceo in secca su un fondale di 7 m, con l’addome che presentava un ampio squarcio, apparentemente provocato dall’attacco dello squalo. Diagnosi: la segnalazione è stata riportata in alcuni studi sulla distribuzione e la biologia di C. carcharias (Mojetta et al., 1997; Bianucci et al., 2002). In realtà nel testo di Damiani non c’e un riferimento certo alla specie indagata. Gli unici elementi che permettono di dedurre l’identificazione della specie sono il nome dialettale «bestino», usato dai pescatori toscani per gli Elasmobranchi di grandi dimensioni, e soprattutto il fatto che l’unico squalo in grado di minacciare un Misticeto delle dimensioni di una balenottera, nel Mediterraneo centrale, è ragionevolmente solo C. carcharias. Caso. 2.6 (Anonymus, 1938). Data: ante 1938. Località: località imprecisata dell’Isola d’Elba (Livorno). Persone coinvolte: il palamitaro Maciotta. Descrizione dell’evento: riferendosi al caso 1.9, viene citato l’attacco portato da uno squalo, probabilmente della stessa specie, qualche anno prima. Diagnosi: nel resoconto si afferma che lo squalo lasciò denti seghettati nella chiglia distrutta dell’imbarcazione, divorando il pescato ma ignorando l’uomo finito in mare, per poi allontanarsi successivamente. La tipologia dell’interazione e il particolare dei denti seghettati inducono a ritenere molto probabile il coinvolgimento di C. carcharias nell’accaduto. Purtroppo la segnalazione è vaga per quel che riguarda la data e il luogo e mancano del tutto le stime biometriche dell’esemplare. Caso 2.7 (S. Del Bono, com. pers.).Data: 1952 o 1953. Località: Capo d’Enfola (Isola d’Elba, Livorno), nel sito della tonnara, a pochi metri dalla riva. Persone coinvolte: Sergio Del Bono (testimone). Descrizione dell’evento: la pulitura e la lavorazione dei tonni pescati attirarono una «tacca di fondo» lunga 4 o 5 m. Lo squalo, che nuotava in circolo divorando tutti gli scarti presenti in acqua, abboccò anche a un grosso amo innescato da Marchino Ridi, rais della tonnara. La lenza fu legata a una gomena assicurata a 4 «mazzere» (blocchi di cemento usati per l’ancoraggio di una parte delle reti) del peso di circa 50 kg ciascuna. Lo squalo trascinò in mare le quattro mazzere, strappando poi la corda e liberandosi. Diagnosi: la segnalazione è basata sul racconto del testimone. Per quanto egli fosse probabilmente in grado di identificare la specie, non è stato possibile effettuare nessun riscontro incrociato per verificare la segnalazione stessa, che è comunque quasi di sicuro da riferire a C. carcharias. Caso 2.9 (Perfetti, 1989; Tamburini, 1989). Data: 1982. Località: Biodola, Marciana Marina (Isola d’Elba, Livorno). Persone coinvolte: Giuseppe Campodonico (persona che ha subìto l’attacco). Descrizione dell’evento: attacco non provocato a imbarcazione. Lo squalo, emerso nei pressi della barca del Campodonico intento a pescare, avrebbe morso la chiglia della barca stessa, per poi allontanarsi. Diagnosi: nonostante che il caso sia stato riportato da più fonti, l’identificazione della specie è tutt’altro che certa o accertabile, dato che è stata effettuata da pescatori sulla base delle testimonianze rese all’epoca. Caso 2.10 (Perfetti, 1989; Tamburini, 1989). Data: 1982.Località: Lacona, Marina di Campo (Isola d’Elba, Livorno). Persone coinvolte: Giovanni Vuoso (persona che ha subìto l’attacco). Descrizione dell’evento: attacco non provocato a imbarcazione. Uno squalo di circa 6 m avrebbe urtato intenzionalmente il gozzo del pescatore. Diagnosi: anche in questo caso, l’identificazione della specie è tutt’altro che certa o accertabile e i particolari sono estremamente vaghi. Tutte le fonti, in ogni caso, lo accomunano al caso 2.9; entrambi i casi sono di norma messi in relazione con C. carcharias. Caso 2.14 (F. Serena, com. pers.). Data: 15 maggio 1990. Località: Marciana Marina (Isola d’Elba, Livorno), a 300 m dalla riva. Persone coinvolte: testimoni di ignote generalità. Descrizione dell’evento: avvistamento di un esemplare. Diagnosi: segnalazione di un presunto C. carcharias raccolta dal dr. F. Serena presso la Delegazione di Spiaggia, alla quale si deve l’identificazione della specie dell’esemplare avvistato. 3. Segnalazioni molto dubbie Caso 3.2 (De Maddalena, 2000b; F. Serena, com. pers.). Data: 1 maggio 1950. Località: Marciana Marina (Isola d’Elba, Livorno). Persone coinvolte: Remo Adriani (persona che avrebbe subìto l’attacco). Descrizione dell’evento: attacco a imbarcazione. Diagnosi: anche se la segnalazione è riportata da più Autori, probabilmente attingendo dalla medesima fonte,si tratta quasi sicuramente dell’errata attribuzione del caso 1.14. Alberto Adriani e Remo Adriani assicurano che nessun altro componente della famiglia sia mai stato coinvolto in eventi del genere o che l’interazione sia avvenuta in date o con modalità differenti da quanto riportato nel caso 1.14. (A Marciana Marina questo episodio è stato più volte raccontato dallo scomparso Remo Adriani – ex esponente del PCI e varie volte Capogruppo consiliare di minoranza) ed era molto noto, ndr) Caso 3.5 (F. Serena, com. pers.). Data: 3 dicembre 1987. Località: Marciana Marina (Isola d’Elba, Livorno), a 300 m dalla riva. Persone coinvolte: Aniello Mattera (persona che avrebbe subìto l’attacco). Descrizione dell’evento: attacco da parte di uno squalo bianco a un’imbarcazione durante una battuta di pesca professionale. Diagnosi: probabilmente si tratta dello sdoppiamento del caso 1.15, verificatosi il 26 dicembre 1984. Diagnosi: per la vaghezza dei particolari e l’assenza di testimoni attendibili, l’attendibilità di questa segnalazione appare estremamente fragile.


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