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Una riforma istituzionale un po’ singolare

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : mercoledì, 06 luglio 2011

Le polemiche sulla riforma istituzionale in Toscana sono vivaci, ma quello che colpisce-almeno per quanto mi riguarda- è il suo singolare scollamento dal dibattito nazionale. Dico questo, perché qualsiasi discorso regionale sul riassetto istituzionale non può prescindere dal contesto nazionale. Sul futuro delle province –tanto per fare un esempio non scelto a caso-nessuna regione può battere una sua strada tanto meno nel momento in cui si è tornati a parlarne con un voto in Parlamento un po’ alla chetichella e solo sull’onda di polemiche e contrattazioni politiche che con la riforma istituzionale –anzi costituzionale- hanno poco o nulla a che vedere. Che si sia persa l’occasione -come dice Di Pietro ma anche altri nello stesso PD- per dare una taglio alla casta e ai costi della politica è affermazione propagandistica. Si è detto anche–sempre Di Pietro- che dopo tanti anni era questa l’ occasione per dare l’affondo. Ma non è vero, perché sul tema dell’abrogazione della provincia per rendere più efficace politiche di pianificazione di area vasta si discusse a lungo e seriamente con interventi di La Malfa, Enrico Berlinguer e molti altri e a maggioranza si convenne che le province potevano risultare preziose proprio per una gestione territoriale di area vasta. Che poi ne siano state istituite più d’una d’area niente affatto vasta ma ridotta e ridottissima è tema –questo si- da risolvere tanto più che mentre arrivavano in Sardegna come in Lombardia ma anche in Toscana province piccole, le città metropolitane non decollavano e non sono decollate da nessuna parte. Ecco perché ha poco senso discuterne sulla base di argomenti incentrati solo o quasi sui ‘costi’ che hanno già inquinato non poco il contesto nazionale, dove si passa dall’abrogazione dei consigli di quartiere,alle comunità montane, ai consorzi che spariscono con il mille proroghe, senza che vi sia un raccordo istituzionale, un filo logico che specie di questi tempi non dovrebbe lasciare il posto a chiacchere molto demagogiche. Per questa via sono già state azzoppate le autorità di bacino, i parchi mentre in lista d’attesa ce ne sono anche altri. E’ singolare, infatti, citare -spesso all’ingrosso- le cifre che si risparmierebbero facendo fuori questi ‘centri di potere’ –che dopo le intercettazioni di Bisignani la cosa fa un po’ ridere- ma nessuno che si provi a dimostrare quali costi potrebbe avere un confuso e raffazzonato riassetto istituzionale che deriverebbe da ipotesi per altro vecchie e un po’ troppo improvvisate. Vedo che in Toscana si ipotizzano aggregazioni provinciali enormi, mentre da anni non decolla la province metropolitana. Così le comunità montane tagliate fuori se la rifanno con le province e queste rispondono per le rime dicendo che sono proprio le comunità montane lobby da liquidare. Insomma i polli di Renzo all’opera. Intanto i piccoli comuni non trovano la quadra e dopo tante chiacchere sulla pianificazione di area vasta, ossia volta a superare la crescita dello spezzatino settoriale, tornano in ballo proprio ipotesi ‘aziendali’con i nomi più vari; vedi il parco agricolo, vedi le aziende agricole sottratte a gestioni integrate e di area vasta dei parchi. Sarà perché a suo tempo ho partecipato attivamente ad un dibattito serio sulla abrogazione delle province che non fu gestito però in chiave ragionieristica –alla Tremonti- ma trovo queste sortite destinate solo ad accrescere la confusione e le polemiche istituzionali ‘intestine’, che gioveranno soltanto al centralismo imperante e arrogante che di danni e di confusione ne ha già fatti anche troppi.


Toscana Mappa piccola

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