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L’autonomia regionale e il federalismo

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : domenica, 03 luglio 2011

L’appuntamento nazionale del PD a Firenze sul federalismo è sicuramente una importante occasione per una riflessione critica che ben si intreccia con il dibattito in corso anche in Toscana su vari punti; dal PIT al piano regionale di sviluppo. In più sedi, specialmente i costituzionalisti, si sono chiesti e si chiedono se a 10 anni dal nuovo titolo V abbiamo più o meno autonomia regionale. Il giudizio largamente prevalente è senza appello; ‘l’Italia sta vivendo il momento di maggior centralismo di tutta la sua storia’, come ha scritto Roberto Bin. E i più convengono che il testo costituzionale non privo di punti incerti e confusi e per di più approvato a maggioranza, ha favorito una gestione e interpretazione politica di cui abbiamo sotto gli occhi gli effetti più perversi. E se la conflittualità ha visto in più occasioni la Corte costituzionale impegnata a salvare quella trasversalità delle competenze che è condizione essenziale della ‘leale collaborazione’, ciò non ha evitato che sia tornata a prevalere la competenza dello stato anche nel caso della competenze concorrenti. Da qui, insomma, quel giudizio severo sul ‘dopo i 10 anni’. Uno stato che imperversa e regioni che spesso ricorrono anch’esse ad un regionalismo accentrato e assai poco generoso con gli enti locali, il cui ruolo sovente è ballerino e indefinito che si tratti delle comunità montane o delle città metropolitane; le prime che spariscono e le seconde restano sulla carta ormai da anni il che -come è stato detto- taglia fuori le grandi città da un ruolo nazionale. E se anche le sedi in cui avrebbe dovuto trovare efficace risposta quella leale collaborazione che è alla base del titolo V sono diventate sempre più luogo di conflitto e di contrapposizione, il parlamento non ha fatto certo di meglio perché - come ha ricordato De Siervo- nel 2010 il numero dei decreti legislativi ha superato di gran lunga quello delle leggi ordinarie. Insomma se al centro ormai torna a farla da padrone il principio di prevalenza ossia il vecchio e mai morto ‘interesse nazionale’, anche le regioni come risulta da molti dati –quasi per rivalsa- sembrano fare altrettanto. Parliamo ovviamente in termini generali perché è naturale che differenze ci sono e per fortuna. Ma se andiamo a vedere anche alcune situazioni presenti di regioni impegnate a rivedere realtà consolidate perché, ad esempio, l’abrogazione improvvisa con il milleproroghe dei consorzi di gestione, ha indotto l’Emilia e la Lombardia a ridefinire la gestione dei loro parchi regionali, non si faticherà -specialmente al Pirellone- a vedere che quella regione ne sta ‘approfittando’ per ridimensionare il ruolo degli enti locali. Con la lega che non si scandalizza perché i parchi vorrebbe semplicemente liquidarli e metterli così fuori dalle balle. Da queste -necessariamente sommarie- annotazioni, emerge che il punto finora maggiormente eluso o aggirato a Roma, e spesso anche nelle regioni, è quello della ‘leale collaborazione’, che può avvenire solo se collaborazione significa pianificazione, programmazione di politiche e interventi sulle scale e dimensioni giuste anche di matrice comunitaria, dove oggi si gioca la gestione del suolo, del paesaggio, delle coste, del territorio agricolo- forestale. Una gestione che non passa – magari in nome della esigenza di risparmiare- dalla riconduzione di qualche ufficio dalla periferia al centro. Non vanno spostati uffici ma create sedi in cui a decidere non sia un uomo solo al comando. Oggi anche in Toscana, dopo il PIT, dopo la legge del 2005 queste sedi anche quando ci sono sono state ridimensionate – penso e l’ho scritto tante volte- ai parchi. E dire che poi ne parleremo significa né più né meno rinunciare a prendere ora certe decisioni che domani risulteranno – lo si voglia o no- condizionate e vanificate da quelle che bollono in pentola ora. Ho appena letto che la regione intende inserire le piccole isole nel piano regionale perché esse possano godere di quel sostegno previsto per le aree montane. Ora le piccole furono inserire anni fa nella legge 426 ch guarda caso riguarda i parchi. All’arcipelago c’è un parco nazionale in difficoltà per la politica del cavolo della Prestigiacomo ma –se non mi è sfuggito- non l’ho trovato citato. Alle piccole isole che guarda caso si trovano nell’unica area protetta europea ossia il santuario dei cetacei i parchi qui come in Sardegna e Corsica dovranno dare o no uno ‘speciale’ apporto? L’incontro fiorentino sono certo ci darà una mano anche in questa direzione.


mappa toscana

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