Tutti conoscono il termine “omofobia” ed il suo significato. Sul dizionario si trova “insieme di sentimenti, pensieri e comportamenti avversi all'omosessualità o alle persone omosessuali”. Eppure nessuno riflette sul significato soggettivo, sul significato che ognuno attribuisce al termine. Per alcuni l’omofobia ad esempio è un sentimento giusto, un comportamento più che legittimo. Per altri invece (e per fortuna) l’omofobia è paura, paura violenta, paura folle, paura ingiustificata. Ricorrendo all’etimologia della parola, dal greco όμός = stesso e φόβος = timore, paura, la morfologia stessa conferma che si tratta di una paura. Ma paura di cosa? Paura di ciò che non è conforme? L’anticonformismo nella società odierna è lo strumento che ci permette di scoprire nuove cose, di provare nuove sensazioni e nuove emozioni, di assaporare nuovi gusti e di annusare nuovi profumi. La scoperta, lo spirito innovativo, l’anticonformismo, è ciò che distingue il passato dal presente, ciò che distingue il presente dal futuro. Da quando l’uomo è diventato timoroso nei confronti della novità? E’ vero, all’inizio ogni scoperta suscita scetticismo e dubbio. Alla scoperta del fuoco, l’homo erectus, nonostante il grandioso innovamento, non faceva altro che bruciarsi, e bruciarsi, e ancora ininterrottamente, fino a quando non lo imparò a usare. Una questione, per così dire, d’abitudine. L’homo erectus però non si lasciò abbattere dalle ustioni che gli aveva provocato il fuoco, non si arrese. E da quelle ustioni, da quelle dimostrazioni di incapacità e incompetenza, l’uomo imparò a cuocere, trovò un rimedio al gelo invernale, scoprì una luce nel buio. La novità equivale al progresso. L’anticonformismo fa parte del progresso dell’uomo. Per questo non si può nemmeno lontanamente immaginare e sostenere che l’omofobia sia la paura per la novità, ma la paura del diverso. Spesso diversità è sinonimo di anticonformismo. La scoperta è per natura “diversa” dalla normalità. Ma la diversità è ciò che ci distingue l’un l’altro. Ciò che rende alcuni migliori ed altri peggiori. La diversità è la bellezza del mondo e la bellezza di ogni singolo individuo. Perché, dunque, averne paura? Considerata una forma di pazzia o di patologia psichiatrica, l’omosessualità è diventata oggetto di violenza, non solo psicologica ma anche carnale. Cantanti come Eminem, giornalisti come la Fallaci, preti e altre autorità religiose come Papa Giovanni Paolo II, politici come Fini, con parole e con modi più o meno sprezzanti hanno manifestato il proprio dissenso nei confronti di questa “patologia” anomala. Il problema è evitare la discriminazione o la patologia? È meglio essere omosessuale o aver paura dell’omosessualità? Eppure l’omosessualità è sempre una forma d’amore. Un amore diverso, ma sempre amore. E per questa “diversa” forma di amore è necessario arrivare alle mani, o alle offese? La libertà di opinione è un diritto sacrosanto, è vero: ognuno può, deve esprimere le proprie opinioni, ma nei limiti del rispetto della persona. I calci non sono rispetto. Le offese non sono rispetto. In seguito all’omofobia, ad esempio, alcuni eterosessuali, raccontano di sentirsi a disagio in presenza delle persone gay o lesbiche, altri si mettono a ridere quando le incontrano per strada. Altri ancora dicono di essere disgustati dai loro comportamenti, arrabbiati o indignati. Per quale motivo deridere o provare sdegno per uomini o donne omosessuali? A che scopo? A che scopo beffeggiare o provare disgusto per una persona diversamente abile? Perché in fin dei conti, ce ne sono di articoli da scrivere sulla violenza contro la diversità, ma per adesso mi contengo sul tema dell’omofobia. Per quanto riguarda la legittimità, una violenza o un’offesa può essere considerata legittima solo sottoforma di difesa, di risposta a un’altra violenza subita o a un’altra offesa ricevuta. L’amore tra due persone omosessuali è un’offesa nei confronti di due persone etero che si amano allo stesso modo? La disabilità di una persona è un calcio alla sanità di una persona normale? La difficoltà nel parlare un'altra lingua di un extracomunitario è uno schiaffo alla buona pronuncia di un cittadino che non si è mai spostato dal paese in cui è nato? Il colore nero della pelle è un’offesa alle persone “bianche”? No. L’omofobia non è paura. La xenofobia non è paura. L’omofobia è violenza. Il razzismo è violenza. E la violenza non è legittima. Il Movimento Studentesco Elbano, nato il 1 dicembre 2010, nel corso di questi sei mesi ha cercato non solo di rappresentare la voce e il pensiero degli studenti, ma anche di creare occasioni per valutare e discutere sulle situazioni politica, economica e sociale odierne. Per quanto riguarda l’incontro sull’omofobia svolto il 17 maggio 2011, i partecipanti hanno assistito alla discussione sulle problematiche sociali che interessano le persone che percepiscono e manifestano sentimenti diversi dall’etero. Attraverso video e previa documentazione forniti dalla studentessa di filosofia Noemi Alessi e la psichiatra Elisabetta Ria, ed i successivi interventi dell’assessore comunale Jessika Muti e dell’assessore provinciale Maria Teresa Sposito, i ragazzi hanno potuto aprire gli occhi e condividere una realtà crudele e discriminante che li riguarda anche se non direttamente.
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