Hanno ragione Coldiretti e gli agricoltori elbani, è l’ora di mettere fine alla devastazione di quel che rimane dell’agricoltura e della biodiversità della nostra isola (in particolare rettili, anfibi, insetti ed uccelli nidificanti al suolo o nei cespugli) da parte di animali importati a scopo venatorio all’Elba tra gli anni ’60 e ’70 da cacciatori. In realtà si tratta di “manghiali” animali di origine centroeuropea, incrociati con i maiali domestici, che all’Elba hanno trovato la primavera eterna e cibo e che quindi partoriscono due volte all’anno con figliate che arrivano fino a 12 ciccioli e quasi tutti sopravvivono per mancanza di nemici naturali. Chi ha portato la malattia (i cacciatori) non può esserne la cura. Infatti nel 2010 il Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano, tra catture con le gabbie ed abbattimenti con selecontrollori e personale istituzionale ha eliminato 1.137 cinghiali, molti più di quanti ne hanno abbattuti le centinaia di cacciatori elbani e nonostante la continua opera di sabotaggio e danneggiamento alla quale vengono sottoposte le gabbie del Parco. Non a caso il Parco, nella sola Area protetta dell’Elba è l’Ente parco che a livello nazionale cattura più cinghiali. Ma è evidente che la situazione era già fuori controllo prima dell’istituzione del Parco (quando i cacciatori dicevano che all’Elba c’erano solo 800 cinghiali, poco più di un quarto del numero reale) e che l’attuale livello di catture e abbattimenti serve solo a mantenere in salute la popolazione di questi ungulati. Legambiente ribadisce le sue proposte per arrivare gradualmente (ma il più rapidamente possibile) all’eradicazione del “manghiale” da sparo dall’Elba sul modello di quanto fatto con successo in Costa Azzurra, in Francia: 1) Forte impegno istituzionale di Ministero dell’ambiente, provincia, Regione Toscana e comuni elbani per affiancare il Parco nell’opera di cattura e abbattimento dei cinghiali. Al ministero chiediamo un piano straordinario per l’Elba, con l’utilizzo anche del Corpo forestale dello Stato, per incrementare abbattimenti e per l’eradicazione del cinghiale dall’Elba, altrettanto dovrebbe fare la Provincia di Livorno fuori dai confini del Parco, utilizzando anche i cacciatori e prolungando la stagione venatoria (con precise ad alte quote di abbattimento per le squadre di cinghialai) e potenziando e finanziando gli efficaci interventi delle Guardie provinciali 2) Estensione dell’utilizzo della gabbie fuori dai confini del Parco, permettendone la gestione agli agricoltori; 3) Consentire agli agricoltori l’abbattimento dei cinghiali, anche notturno, sul proprio terreno in qualsiasi stagione, esattamente come fatto in Costa Azzurra 4) impedire il commercio abusivo della carne di cinghiale, il vero motivo economico del bracconaggio e per il mantenimento di una numerosa popolazione di cinghiali 5) La Provincia di Livorno vieti i punti di pasturazione dei cinghiali autorizzati fuori dal Parco e si adoperi per eliminare quelli abusivi per allontanare i cinghiali dalle gabbie del Parco 6) I comuni impegnino risorse e personale (almeno quanto il Parco Nazionale) per aiutare gli agricoltori e per gestire le gabbie di cattura e gli abbattimenti selettivi fuori e dentro il Parco Legambiente Circolo dell'Arcipelago Toscano Il Comunicato di Coldiretti La furia dei cinghiali torna ad abbattersi sull’Elba. Non sono stati sufficienti gli oltre 1700 abbattimenti del 2011 per ridurre il numero degli esemplari che hanno trovato il coraggio, spinti dalla fame, ad arrivare fino alla spiaggia tra i turisti di un agri-campeggio provocando stupore e paura. Tante, tantissime le segnalazioni nelle ultime settimane, alcune addirittura nelle ultime 24 ore, a conferma che il fenomeno è fuori controllo e che “è necessaria una soluzione emergente – spiega Coldiretti che ha raccolto, insieme alle testimonianze degli agricoltori, il loro sgomento – per salvaguardare le produzioni agricolo, il territorio e la biodiversità che rappresenta una delle peculiarità turistiche dell’Elba”. Nonostante le numerose segnalazioni, le proteste e le lamentele da parte dei produttori, la presenza dei cinghiali resta, da Capoliveri a Marciana, una vera e propria emergenza. Fino ad oggi irrisolta. Ortaggi e vigneti i prodotti preferiti in attesa dell’uva, a cui vanno sommati i danni provocati a muri a secco e argini completamente franati. “La Provincia di Livorno e l’Ente Parco Arcipelago Toscano devono trovare una soluzione urgente – spiega Aniello Ascolese, Direttore Provinciale Coldiretti – si sta verificando una escalation di raid su tutti i comuni dell’Elba, indistintamente, a conferma che la popolazione è fuori controllo, e che il piano di abbattimento non è sufficiente. Gli imprenditori sono stanchi di “allevare” a proprie spese i cinghiali con le produzioni agricole”. Coldiretti (info su www.livorno.coldiretti.it) stima che il numero dei cinghiali attualmente presenti all’Elba sia almeno lo stesso numero di quelli abbattuti nell’ultima stagione. “Non c’è altra spiegazione – commenta Roberto Minelli, Segretario di Zona di Coldiretti – insieme al danno economico considerevole, ci sono danni alle strutture come muri di contenimento ed argini”. Non era mai successo che i cinghiali si spingessero fino al mare di Capoliveri. “E’ il primo anno – racconta Vittorio Rigoli, titolare dell’Agri-Campeggio Orti di Mare – che i cinghiali si spingono fino qui, in piena zona turistica. I turisti, che non sono abituati a vedere scorrazzare cinghiali di decine di chili si spaventano, e non è certo una bella immagine per la nostra zona turistica. I danni? Hanno divelto il sistema di scolo delle acque, abbattono gli argini alla ricerca di cibo. Sono esausto di fare segnalazioni: nessuno ci ascolta”. L’ultimo caso risale a martedì’ sera. Una decina gli esemplari – “una famiglia” – che hanno fatto visita all’azienda agricola di Gianluca Eletti a Marina di Campo “pizzicati” proprio durante uno dei raid. “E’ la routine – commenta – siamo soci dei cinghiali. Vengono qui si pappano prima i meloni, poi le patate, e poi i baccelli. Divorano tutto sistematicamente e noi non c’è la facciamo più”. E’ stato costretto, poco alla volta, a recintare tutto Anna De Luca che ha una piccola azienda a Porto Azzurro in località Monte. I cinghiali hanno “scalzato” gli argini degli ulivi e ora è costretta a chiamare una ruspa per sistemarli. “Lavoriamo per i cinghiali – spiega la De Luca – l’ultimo caso risale a qualche settimana fa. Ad aprile mi avevano mangiato tutte le piantine; poi sono passato alla recinzione elettrica ma non si può essere costretti a recintare anche casa. Stanno devastando tutto”. Ha subito per anni i danni anche Matteo Rigani che ha un’azienda proprio dentro il Parco di Rio Marina. Produce olio ed alleva cinta senese. Dopo che i cinghiali avevano ucciso due capi e avevano rovinato un raccolto di olive si è deciso a potenziare le recinzioni. “Ho realizzato una recinzione imponente – spiega – che arriva dall’Australia. Ho dovuto recintare 10 chilometri lineari con questo sistema che è costoso, richiese manutenzione ma è funzionale. Ora i cinghiali stanno lontano ma che fatica”.
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