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Luigi Totaro: Andrò a votare per questo...

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : venerdì, 10 giugno 2011

Ormai ci siamo. Fra due giorni si vota, dopo una campagna elettorale che dura da una vita. E dico ‘campagna elettorale’ non solo perché il Referendum è praticamente attaccato alle Amministrative del mese scorso; ma perché sono convinto che si tratta davvero di una consultazione ‘elettorale’. I professionisti della politica ufficiale –di tutte le parti- hanno le loro tattiche, e negano ogni rilevanza politica: dall’opposizione, per evitare drammatizzazioni che allontanino qualche ‘moderato’ indeciso dal voto; dalla maggioranza, per timore che un’eventuale sconfitta si vada a sommare a quella delle amministrative. Io non ho di queste preoccupazioni, e credo invece che il Referendum abbia una rilevanza politica molto forte, anzi che abbia solo rilevanza politica. Perché i quesiti in sé, diciamolo serenamente, non sono così drammaticamente stringenti. Per l’acqua, atteso che nessuno ha mai proposto di privatizzarla, ma che la legge disciplina solo gli aspetti gestionali, forse il vero problema consiste nell’affermare solennemente che non è vero per niente –e neanche in questo caso- che privato è meglio che pubblico, mentre la professionalità e la responsabilità personale degli operatori sono le uniche vere discriminanti; quanto ai margini di profitto della gestione, se servono a rendere efficiente il servizio, non mi scandalizzano, ma anche nella gestione pubblica, che anzi –se funziona- dovrebbe consentire qualche economia in più rispetto al privato (il che trattandosi di un servizio non scomoda). Per il nucleare, pur non avendo nessuna istintiva simpatia per quella forma di energia, non sono certo che chi vota abbia idee chiare e competenze adeguate per decidere nel merito: è vero che le ‘rinnovabili’ sono assai più garbate e meno spaventevoli; ma costano moltissimo anch’esse, e soprattutto –a differenza del nucleare che richiede grandissime immobilizzazioni finanziarie e per un tempo lunghissimo- garantiscono una certa vivacità del mercato (di chi le vende, naturalmente) con minori immobilizzazioni, e in questo senso sono più vantaggiose anche se certo meno risolutive; e se la tecnologia attuale del nucleare non dà grandi affidamenti, si potrebbe anche ragionevolmente sperare in risultati interessanti della ricerca scientifica, se qualcuno la potesse fare. Lo stesso legittimo impedimento è a scadenza ravvicinata, e il beneficiario principale (e unico) la sua guerra l’ha già persa su quel versante, anche se non dovesse essere più processato (tra l’altro ha cent’anni). Insomma, nel merito i quesiti referendari non mi paiono le scadenze più urgenti del mondo, soprattutto del nostro mondo nazionale. Ma la loro rilevanza è invece massima, proprio perché è politica. Ecco il punto, ed ecco perché è necessario andare a votare. La maggioranza di governo ha sfidato negli ultimi due anni, e nei cinque che hanno preceduto il governo Prodi, la maggioranza reale della Nazione, giocando vergognosamente sul vantaggio numerico parlamentare per sferrare un susseguirsi continuo di colpi di forza che costituiscono la negazione assoluta del confronto democratico. E’ vero che il Governo ha sempre rivendicato di avere il consenso della maggioranza del Paese, ma aveva solo una maggioranza parlamentare, derivata da una legge elettorale folle e infame. Quando il confronto si è spostato dal Parlamento ad altre sedi, gradualmente si è disvelato l’inganno. E ora siamo al ‘redde rationem’: ora la maggioranza del Paese può affermare il proprio diritto a essere riconosciuta come tale, e conseguentemente a veder tradotta nelle istituzioni ordinarie della rappresentanza (il Parlamento), attraverso una legge elettorale che non la nasconda di nuovo, una propria adeguata rappresentatività. Il Referendum, dunque non è un pronunciamento contro Berlusconi, che è già morto da sé, ma contro un regime sciatto, becero, violento e inconcludente, che ormai rappresenta solo se stesso e ha ancora voce solo perché continua a urlare forte. E credo che, comunque vada, il Referendum sia vinto; anche se non tutte le leggi proposte saranno abrogate, anche se non tutte raggiungeranno il ‘quorum’, anche se gli elettori che si esprimeranno saranno il quaranta o il quarantacinque per cento. Perché una consistente maggioranza di partecipanti al voto, se pure inferiore alla maggioranza assoluta, se pure punita dai pasticci dei seggi esteri, se pure inferiore al ‘quorum’, dirà che il Parlamento nella composizione attuale non rappresenta più la Nazione, e si deve eleggerne uno nuovo, capace di realizzare la dinamica politica del Paese. Io andrò a votare per questo.


Totaro media

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