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Ancora un intervento sulla palestra di Pomonte, di Renzo Mazzei

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : venerdì, 27 maggio 2011

Carissima Francesca, avevo letto alcuni giorni fa l’intervento del sig. Ivo sulla palestra di Pomonte, ma gli avevo dato scarso peso, ho pensato “e’ il solito turista che vuole mettere bocca su cose di cui poco o niente sa”. Non è una cosa grave e all’Elba ci siamo abituati. A proposito qualcuno ha mai fatto il conto di quanti siano gli indigeni e quanti i “continentali” emigrati all’isola, è mai possibile che le cavolate le abbiano fatte tutte i primi e le cose giuste sempre e solo i secondi ??? Ma torniamo alla palestra. La struttura fu costruita con i contributi “a fondo perduto” del Coni nel quadro degli investimenti di Italia 90’ ed al comune di Marciana è costata pochi milioni di lire. Vogliamo fare una colpa al sindaco di allora (Luigi Vagaggini, per correttezza d’informazione) per avere sfruttato questa opportunità ? Tu, il sig. Ivo ed altri sostenete che fare una struttura di quel genere a Pomonte è logisticamente sbagliato. Considerazione giusta se uno non conosce l’Elba ed i suoi problemi (piccoli o grandi che siano) ma proviamo, per una volta, a guardare le cose sotto un’altra prospettiva. A Portoferraio, più o meno in quegli anni sorgevano il Palazzetto Monica Cecchini e la tensostruttura di San Giovanni, che andavano ad aggiungersi alla vecchia palestra di viale Elba, dove, prima che tu portassi le ragazze in serie B, se non ricordo male qualcun altro aveva portato la squadra maschie in C1 e dove negli anni ottanta è sorta anche l’Elba Basket che invece giocava le partite di campionato sul mateco e soprattutto all’aperto a San Giovanni (io all’epoca ero giocatore, scarso, ma soprattutto socio fondatore). Non mi sembra quindi che “la Capitale” mancasse in quel periodo di strutture o comunque di progetti per realizzarle. Quello però che tu ed altri sembrate non considerare è che quella struttura avrebbe dovuto consentire la pratica sportiva ai ragazzi residenti in una zona distante quasi un’ora di autobus dal capoluogo elbano. Nessuno considera che un ragazzo di Pomonte, Chiessi, Fetovaia e di tutti i paesini della costa ovest, per andare a scuola alle superiori doveva, e deve, alzarsi almeno un ora prima dei coetanei portoferraiesi ed arrivava, ed arriva, a casa un ora dopo, quando cioè i sui compagni di classe della “Capitale” hanno già mangiato e magari fatto la borsa per andare in palestra. Una domanda di quella fantastica squadra giunta in serie B quante erano le ragazze residenti nel versante occidentale, quante giocavano nelle giovanili, e fra i ragazzi ? Ho spesso sentito dire, a chi come te viene “da fuori” che anche nel resto della nazione spesso i giovani che vogliono fare sport devono fare un po’ di sacrificio, ed allora perche non si poteva e si può per una volta invertire un po’ le parti ? Perché quel po’ di sacrificio non possono farlo anche i ragazzi di Portoferraio ? E se, invece di criticare oggi come allora, le società di volley, basket e calcetto avessero chiesto di potere svolgere un allenamento a settimana a Pomonte ? Pensa agli effetti primo fra tutti i decongestionamento delle strutture portoferraiesi con il conseguente migliore sfruttamento delle stesse e una migliore organizzazione degli allenamenti, in secondo luogo ciò avrebbe favorito l’inserimento dei ragazzi di Pomonte e dintorni nelle società sportive. Bastava uno scuolabus, una volta a Pomonte una volta a Portoferraio. Fra l’altro, probabilmente, in quel modo i giovani portoferraiesi si sarebbero potuti rendere meglio conto delle difficoltà e delle problematiche del vivere in quel versante, e magari oggi che si parla di comune unico affronterebbero il problema con un occhio più attento anche agli aspetti sociali e non solo a quelli economici, ma questo è un altro argomento e magari ne parliamo un’altra volta…


palestrona pomonte

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