Che i problemi ambientali stiano diventando sempre più assillanti e incombenti e non solo in Italia non mi pare possano esserci dubbi. Che presentino complicatissime difficoltà di governo e di gestione è altrettanto indubbio; basta vedere talune sortite in campagna elettorale sull’abusivismo ma ancor più sui referendum e non solo quello nucleare. E ancora, i piani casa, le energie rinnovabili, le trivellazioni a mare, le esondazioni e l’impotenza dei bacini, i guai dei parchi, insomma non c’è questione che non infiammi polemiche e scontri senza arrivare quasi mai a soluzioni e decisioni soddisfacenti nel merito e con i tempi. Si passa così e sempre all’ultimo sangue da uno scontro ad un altro con continui sbilanciamenti senza che si vadano profilando sul piano nazionale le linee di un nuovo governo del territorio previsto e prescritto ormai da un decennio dal titolo V della Costituzione. E il fatto ancor più sorprendente è che ciò avviene mentre si sta lavorando –o si dovrebbe - al federalismo ossia -per non fare retorica e propaganda fuori luogo- alla messa punto di un nuovo rapporto tra stato, regioni ed enti locali appunto per un nuovo governo del territorio incardinato su quella ‘leale collaborazione’ istituzionale di cui parla ormai quasi solo il capo dello Stato. E’ evidente che questo andazzo penalizza, rende più difficile anche il dibattito e la messa a punto in sede regionale di politiche che comunque dipendono e non in misura irrilevante da normative e politiche nazionali. E la Toscana ovviamente non sfugge a questa situazione di condizionamento il che comporta un maggiore sforzo e iniziativa per cercare di uscirne al meglio. Per essere chiari se si sopprimono in molte realtà i consigli di quartiere, le comunità montane, si tengono a stecchetto le autorità di bacino, idem con i parchi, il paesaggio che per più d’un verso torna a separarsi dall’ambiente e dal territorio è naturale che una serie di problemi anche ambientali dal livello locale a quello sempre più ampio che fuoriesce dai confini amministrativi elettivi non trovano appunto quei livelli di giustezza, adeguatezza e sussidiarietà richiesti dalla Costituzione, ma di cui nei fin troppi decreti in continua riscrittura non si parla spesso né punto né poco. Aggiungo però che questo innegabile handicapp nazionale lungi dal giustificare ripiegamenti regionali deve, dovrebbe al contrario rilanciare l’iniziativa delle regioni che invece spesso si badano bene dal farlo. La Toscana per fortuna non è tra queste ma ha ugualmente bisogno di trovare il registro giusto per sintonizzare di più e meglio i diversi interventi normativi e gestionali messi in cantiere. Penso al PIT, alla legge sul governo del territorio del 2005, ma anche ai piani di bacino a quelli dei parchi e delle aree protette specie dopo la crescita di Rete Natura 2000 che deve spingere anche sul piano normativo ad integrare sempre di più i siti comunitari con il restante territorio protetto. Nel dibattito in corso in Toscana l’attenzione finora si è molto polarizzata sulla dimensione sovracomunale ma assai meno su quella interprovinciale ed anche interregionale dove si fanno i conti con quella scala superiore indispensabile –ecco un aspetto poco presente nel dibattito- anche per il successo di quelle politiche intercomunali che da anni faticano a decollare se non per aspetti minori o comunque settoriali. C’è qui insomma una sfasatura che il dibattito regionali ha avvertito e avverte ma a cui non si è riusciti ancora a dare risposte adeguate. Colpisce in negativo anche il venir meno di quella presenza e iniziativa vivace dei vari comitati la cui voce era risultata stimolante e utile. Anche la legge regionale sulla partecipazione salvo qualche raro caso non ci pare sia finora riuscita a fare scendere in campo e non solo a livello locale forze e interessi senza il coinvolgimento dei quali si fa poca strada. Nella comprensibile ricerca di ridurre i costi più che della politica della gestione della pubblica amministrazione – si veda la questione della gestione idrica riproposta dall’imminente Referendum – sembra in più d ‘un caso riaffacciarsi la tentazione di gestioni settoriali regionali che non sempre si conciliano con quelle esigenze di integrazione a cui non può non ispirarsi qualsiasi politica di programmazione a qualsiasi livello. Mettiamola così: è giusto che una scelta come quella dell’IKEA a Migliarino non gravi solo sulle spalle di un comune ma da lì si deve per forza arrivare a Firenze? Ecco perché non giova privilegiare la dimensione settoriale rispetto a quelle ambientali di respiro più ampio. Che si tratti di eolico, di solare, di filiera corta, di pesca, di paesaggio nessuna decisione riguarda e può riguardare un solo profilo e spesso un solo livello istituzionale o organi di programmazione territoriale. Se in nome della gestione agricola che merita tutto la nostra considerazione si vuol trasformare la Tenuta di San Rossore in una azienda agricola si sbarella. Basta andare a leggere d’altronde le motivazioni sulla baese delle quali la Regione affido al parco la gestione di San Rossore quando essa gli fu trasferita per evitare decisioni fasulle. Ecco perché bisogna riuscire e trovare i livelli e le modalità giuste per discutere di queste cose.
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