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Tra topini e quartucci

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : sabato, 07 dicembre 2002

Alberto Carletti scrisse negli anni ’50 un Walzerino, una musica semplice e orecchiabile che non sfigurerebbe nel repertorio di Casadei. Ci piace citare, sul filo di una fallibile memoria, parti del testo di quella canzone che si sentiva spesso nelle balere elbane: “…. Sei tu isola di splendor isola bella che come stella brilli le tue fanciulle sono raggi di sol più belle di mille rondinelle nel vol” E tutto si concludeva con un magnifico e spagnolesco: “Terra di ferro e d’amore cantano tutti per te. Olé!” Non la pensava esattamente così, in precedenza, l’anonima autrice di un tristissimo stornello: “Oh isola d’Elba, infame scoglio che ti combatti con l’onde del mare m’hai rubato il mio amore e lo rivoglio a costo di venirmelo a pigliare” Evidentemente l’amore non era all’Isola in vacanza, è probabile anzi si trovasse ristretto in una delle carceri elbane, come ad esempio il mancato regicida Domenico Passanante che, mentre stava impazzendo nella Torre del Martello alla Linguella, veniva, si fa per dire, consolato dagli anarchici locali che passeggiavano nel sottostante cortile del carcere cantavandogli una sorta di serenata il cui refrain era: “Oh Passanante non t’avvilì che in questa cella ci devi morì” Storie cantate di galera e d’anarchia con i pirotecnico avvocato-poeta-fotografo-drammaturgo etc. Pietro Gori, l’indimenticato autore di “Addio Lugano Bella” a troneggiare come oggetto di struggenti lamenti scritti da altri: “Dimmelo Pietro Gori dove sei? Sono a Portoferraio a lavorare qui siamo nelle mani dei Giudei Guadagno l’oro e me lo danno il rame” o anche come autore di versi di sapore e metro carducciani musicati in loco: “…quando con baci d’oro ai velieri l’ultimo raggio di sol morì è giù tra i gorghi de’ flutti neri qualcun dei nostri cadde e sparì…” E quando, dopo aver scritto “L’Inno dei lavoratori del mare” “Il veggente poeta che muor”, muore davvero sull’”infame scoglio”, nel suo confortevole esilio in patria, qualcuno canta: “E’ morto Pietro Gori oh poverino O socialisti fatignelo il lutto!” Già, i socialisti, quelli veri d’inizio secolo, fanno il lutto al compagno-avversario parodiando i primi versi di un altro stornello: “evviva Pietro Gori e il su’ ideale abbasso quest’infame borghesia abbasso preti e frati evviva l’anarchia!” Perché il bell’anarchico qui lo amano tutti e considerano discretamente apocrifa e piombinese la citazione: “Diceva Pietro Gori: E’ più facile che un nero diventi bianco che un isolano civile” Poi verranno anni più bui e quando qui sbarcherà con un idrovolante Lui il truce-duce e arringherà la gente dal balcone del palazzo Coppedè ribattezzato “del Fascio” scandendo: “Elba Napoleonica e ferrigna .. sentinella avanzata dell’Impero” Si leverà dalla folla osannante un coro: “Se non ci conoscete guardateci alla ghigna noi siamo gli squadristi dell’Isola Ferrigna” Di lì a poco a spengere gli ardori della “sentinella” ci penseranno le bombe tedesche e quelle degli alleati, ci pensarà lo sbarco delle truppe senegalesi a Marina di Campo. E verrà il tempo del dramma alimentare “ci so’ più giorni che salciccie” ed ancora, capitolo fame, uno scatenato boogie-woogiesi trasformerà in feroce autoironia: “Ci so l’americani ci chiamano fratelli ci mandan dall’America la zuppa di piselli la zuppa di piselli la mangian solo i fessi dalla mattina a sera son chiusi dentro i cessi” Nel giro successivo la musica si alzerà di un tono ed il lamento dell’indigeno volgerà agli affari di cuore: Ci so’ l’americani, chi chiamano paesani Ci pipano le mogli e ci fanno fa’ i rofiani” Ci si rifugerà allora di nuovo in osteria, tra topini e quartucci di vino, consolando le pene coll'anzonaca ed inquinando con un po’ di americano lo sguaiato cantare tradizionale delle "leggere": “Noi parliam tutte le lingue oh yes all right anche quella del Viticcio oh yes all right le discussioni ci fanno annoia’ solo pensiamo al bere e al mangia’!” Si attenderà una migliore stagione per tornare a ballare al “Pollaio”, raffinatissimo dancing sul mare e infrattarsi negli (allora) compiacenti limitrofi Giardini delle Ghiaie : “Se vuoi fare l’amore con me vieni alle Ghiaie, vieni alle Ghiaie Se vuoi fare l’amore con me, vieni alle Ghiaie dall’una alle tre” Poi si sentirà suonare la canzone di Carletti, ed ancora altro tempo dopo sarà Gustavo Cioni a cantare: “Sempre uniti all’Isola d’Elba – Terra d’amoooooooooor” (tra topini e quartucci, naturalmente)


Torre di Passanante

Torre di Passanante