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Spiagge concesse per 90 anni: protestano gli ambientalisti, esulta Confindustria

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : martedì, 10 maggio 2011

Reazioni diversificate al varo del provvedimento governativo che estende a 90 anni la durata delle concessioni demaniali degli arenili. Protestano vivacemente WWF e FAI, che accusano il governo Berlusconi di aver legiferato "sotto dettatatura degli imprenditori del settore" mentre Legambiente fa appello a tutti i comuni insigniti della Bandiera Blu (il cui elenco è stato appena reso noto) di firmare la petizione avversa al provvedimento che ha immediatamente lanciato. Di segno opposto il commento di confindustria di Livorno che plaude all'iniziativa dichiarando: "Il “Piano Tremonti” difende il lavoro dei titolari degli stabilimenti balneari" WWF e FAI denunciano: “Il Governo sotto dettatura dell’Assobalneari” I fatti ed i documenti parlano chiaro. Il 27 gennaio 2010 in un incontro con il Ministro Brambilla, l’Assobalneari (aderente a Confindustria Turismo) consegna una nota (“Il nuovo demanio marittimo: gli obiettivi di ASSOBALENARI Italia”) con cui si chiedono sostanzialmente tre cose: la proroga delle concessioni in essere sino al 2015, la previsioni di concessioni demaniali cinquantennali e l’introduzione del diritto di superficie sul demanio marittimo. Il Governo ha prorogato le concessioni in essere sino al 2015 con la legge n. 25/2010 ed intende introdurre per decreto legge il diritto di superficie per novant’anni, entrando in aperto conflitto con gli orientamenti della Commissione Europea sulla libera concorrenza e aprendo allo scempio ulteriore delle nostre coste; alla luce di questo poca importanza ha la previsione di concessioni demaniali di cinquant’ani perché chiaramente a il tempo di occupazione demaniale sarà condizionato non dalla concessione ma dal diritto di superficie che garantirà comunque la permanenza degli immobili realizzati. Gli stabilimenti balneari hanno registrato un vero e proprio boom negli anni 2000, basti pensare che tra il 2001 ed il 2010 sono sostanzialmente raddoppiati passando da 5368 a circa 12.000. In passato le concessioni venivano rilasciate su richiesta degli interessati e solo successivamente si sono incominciati a vedere piani di utilizzo degli arenili predisposti dai Comuni ed approvati dalla Regione. Anche in vigenza di questi piani, utilizzati per razionalizzare l’esistente e a volte per legittimare situazioni illegittime, le nuove concessioni sono state date addirittura con assegnazioni dirette. Sino a non molto tempo fa dunque le assegnazioni degli stabilimenti balneari venivano dati con atti “ad hoc” di cui, per ignoranza o convenienza, si ignorava l’impatto ambientale, paesaggistico e sociale. Ci sono volute due sentenze (TAR Puglia n. 758 del 2005 e Consiglio di Stato n. 4027 del 2005) per stabilire (come era ovvio che fosse) che gli insediamenti balneari lungo la costa possono e devono avvenire esclusivamente nel pieno rispetto delle regole dalla pianificazione urbanistica comunale e solo da poco tempo s’iniziano a vedere le aste pubbliche per l’assegnazione delle nuove concessioni o per la rassegnazione di quelle vecchie scadute. Quella italiana costituisce una situazione talmente clamorosa che l’Unione Europea è intervenuta sostenendo che il nostro sistema è contrario ai principi della concorrenza. Anche nel settore balneare va infatti applicata la direttiva Bolkenstein sulla concorrenza che vieta i rinnovi delle concessioni fatti in modo sistematico ed automatico. Il Governo per venire incontro all’Assobalneari non solo ha prorogato anche le concessioni demaniali in scadenza garantendole sino al 2015, ma con la stessa legge (L. 25/2010) ha consentito ai titolari di concessioni di sei anni di fare richiesta, in ragione degli investimenti effettuati o di quelli che intendono fare, di una proroga ventennale. Il tutto viene chiarito, puntualizzato e confermato anche in una circolare interpretativa del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, Direzione Generale dei Porti (circ. n. 6105 del 6/5/20101). Insomma, indipendentemente dalla modalità di assegnazione della concessione, molti stabilimenti sono oggi garantiti sino al 2035. In questo quadro il Governo inserisce il decreto legge sulle concessioni novantennali che evidentemente mirano a nuovi insediamenti perché, come abbiamo detto, gli stabilimenti esistenti già oggi hanno avuto sufficienti garanzie Il modello che sembra volersi perseguire è quello della cittadelle del divertimento: piscina, palestra, sauna, bar, ristorante, discoteca, negozietti oltre ai soliti spogliatoi, cabine, bagni e docce costituiscono un’insieme dove ombrelloni e sdraio sono l’ammennicolo che giustifica la concessione demaniale. Di questo modello ci sono già moltissimi esempi che il Governo vorrebbe estendere con il nuovo decreto legge quasi non bastasse quanto sino ad oggi fatto e quasi si ritenesse ancora insufficiente la quantità di cemento riversata sulle spiagge. Ufficio stampa WWF Italia Ufficio stampa FAI Legambiente ai comuni vincitori delle bandiere blu “Difendete il turismo di qualità, rinunciate a svendere le spiagge” “Rinunciate alla svendita delle spiagge per difendere il turismo di qualità”. E’ la richiesta di Legambiente ai comuni che hanno conquistato le Bandiere Blu 2011 della Fondazione per l’educazione ambientale (Fee), per cercare di contrastare gli effetti del recente Dl Sviluppo. L’associazione invita così gli amministratori dei comuni costieri a firmare un appello sul proprio sito(www.legambiente.it) per impedire la “svendita” delle spiagge che, di fatto, si profila con l’attuazione del Decreto Sviluppo che all’art. 3 prevede la concessione dell’area demaniale ai privati per 90 anni. “Chiediamo ai Comuni di prendere una posizione forte - ha dichiarato il vicepresidente di Legambiente, Sebastiano Venneri – e di stare davvero dalla parte del turismo di qualità, quello che oltre all’acqua pulita e servizi efficienti guarda con attenzione alle risorse naturali e al paesaggio, pianificando correttamente lo sviluppo del territorio in modo da migliorare le condizioni di soggiorno per tutti i turisti e non solo. Il decreto del governo invece – ha proseguito Venneri – va esattamente nella direzione opposta poiché salvaguarda solo l’interesse dei gestori degli stabilimenti e degli speculatori edilizi senza portare alcun beneficio a residenti e vacanzieri, che con l’attuazione di questa legge troveranno presto di fronte ad accessi al mare negati se non a pagamento e a spiagge blindate e più care”. Legambiente ricorda, infatti, che con questo decreto le spiagge verrebbero concesse per un tempo lunghissimo senza alcuna gara o controllo e che attraverso il diritto di superficie si potranno aggirare le normative di tutela legalizzando persino costruzioni abusive e aprendo le porte a nuove edificazioni nella fascia dei 300 metri dalla battigia. Tutto ciò senza che i Ministeri dei Beni culturali e dell’Ambiente siano in alcun modo coinvolti nelle autorizzazioni, parchè a gestire il tutto sarebbe l'Agenzia del Demanio, con Regione e Comune che si spartirebbero gli introiti. “Il paesaggio costiero rappresenta un patrimonio inestimabile che appartiene a tutti gli italiani. Le spiagge e le coste devono essere accessibili e fruibili da tutti i cittadini e non possono essere cedute ai privati in cambio di pochi euro allo Stato o alle amministrazioni locali. Per questo – conclude il vicepresidente di Legambiente - chiediamo ai Sindaci d’impedire che nel territorio da loro amministrato si consumi un simile scempio che porterà sui litorali italiani nuove colate di cemento, perlopiù abusive, con danni incalcolabili per il nostro paesaggio costiero”. L’Ufficio stampa Legambiente Il “Piano Tremonti” difende il lavoro dei titolari degli stabilimenti balneari Fa tirare il fiato il Piano Tremonti varato nei giorni scorsi, che introducendo un diritto di superficie di 90 anni sulle coste e i litorali occupati da edificazioni esistenti, potrebbe aver trovato una via d’uscita all’incubo Bolkestein, la direttiva europea in base alla quale tutte le concessioni demaniali marittime dovranno essere soggette a gara pubblica. “Per il momento i titolari degli stabilimenti balneari possono tirare un sospiro di sollievo – commenta Umberto Paoletti, Direttore di Confindustria Livorno – anche se dovremo fare attenzione a che cosa prevederà nello specifico il piano. L'importante comunque è aver trovato una via per innescare un confronto sulla direttiva comunitaria che - così com’era stata emanata- rischiava seriamente di mettere a repentaglio le imprese balneari”. L’allungamento delle concessioni demaniali, ha l’obiettivo di incrementare l’efficienza del sistema turistico italiano, riqualificando e rilanciando l’offerta turistica: “In questo modo – prosegue Paoletti - si riconosce che la competenza e professionalità comprovate con cui sono state svolte queste attività per molti anni, effettuando anche importanti investimenti sui beni di proprietà del Demanio, sono fattori fondamentali per ottenere la massima valorizzazione del bene pubblico. Un criterio che purtroppo la Bolkestein non aveva preso in minima considerazione. La Regione, d’intesa con i Comuni costieri, definirà quali aree sottoporre a diritto di superficie. Per questo obiettivo – conclude Paoletti - siamo disponibili a collaborare con le Amministrazioni pubbliche per valutare assieme le opportunità che deriveranno dall’applicazione del Piano Tremonti”. Confindustria Livorno


barbarossa spiaggia

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