Continua la “mutazione antropologica”? Se è così, bisogna resistere. Esprimo il mio dissenso nei confronti della scelta da parte italiana di partecipare attivamente ai bombardamenti in Libia. Non solo per il quadro confuso, ma anche perché la scelta contrasta con la risoluzione dell'Onu n.1973. Quest'ultima, a mio avviso non rispettata già in fase iniziale, è disattesa nel primo punto in cui si chiede a tutti di operare per “raggiungere l’immediato cessate il fuoco e la fine di tutte le violenze e gli attacchi contro i civili”. Da oltre un mese si sta parlando di tutto tranne che di politica. E dopo quaranta giorni di intervento militare, i libici continuano a subire i colpi del dittatore e della guerra. Giustamente la Tavola della Pace (luogo di incontro di numerose realtà organizzate, dell'associazionismo, del volontariato e degli enti locali) afferma: “Invece di partecipare ai bombardamenti, l’Italia dovrebbe mettere in campo una grande iniziativa diplomatica con tre obiettivi prioritari: fermare l’escalation della violenza per fermare la strage di civili, puntare a una tregua che consenta di portare aiuto immediato alla popolazione di Misurata e poi raggiungere il cessate il fuoco. Questo è il tempo di chiudere con i bombardamenti e inviare una vera e propria missione dell’Onu sotto la guida diretta del Segretario Generale in grado di proteggere realmente i civili. Perché non si è ancora attivata la missione europea EUFOR Libia?”. E conclude esortando ad un ruolo virtuoso del nostro Paese: “Per questo l’Italia dovrebbe diventare il crocevia dell’impegno europeo e internazionale per la pace e la sicurezza umana nel Mediterraneo. Ma per ottenere questo risultato servono credibilità, coraggio e lungimiranza. Doti più rare della pace che nessuno riesce più a invocare”. A tutto questo si aggiunge la confessione del nostro capo del governo per il quale il programma di costruzione delle nuove centrali nucleari è solo temoporaneamente sospeso per evitare il referendum. Motivo in più, allora, per rafforzare l'impegno e la partecipazione ai referendum di giugno. Un nonviolento storico come Beppe Sini scrive: “E' diritto e dovere di ogni istituzione legale, di ogni associazione democratica, di ogni persona decente insorgere con la scelta e la forza della nonviolenza per salvare delle vite umane, per difendere la legalita', la democrazia, la civilta' umana, i diritti umani di tutti gli esseri umani”.
marotti busto