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L'espansione della "Caulerpa Taxifolia", non più "alga killer"

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : mercoledì, 15 ottobre 2003

Non la chiameremo “alga killer”, il suo nome scientifico Caulerpa taxifolia, pur non suonando ancora rassicurante, riporta il problema in un ambito meno allarmistico, nonostante la sua avanzata nel Mediterraneo e quindi anche nel mare elbano continui a pieno ritmo. La C. taxifolia, una specie di alga tropicale molto probabilmente sfuggita dalle vasche dell’Istituto oceanografico del Principato di Monaco, fu segnalata per la prima volta nei nostri mari nel 1984, ma il problema venne sottovalutato perché non si pensava che potesse sopravvivere alle temperature invernali. I dati elbani sulla sua proliferazione sono stati illustrati nella sede di Legambiente nella mattina di mercoledì 15 ottobre alla presenza della dott.ssa Jeannine Dietz ricercatrice dell'Università Alexander Humboldt di Berlino e il dott. Christian Lott, biologo marino dell' Istituto di Scienze Marine Hydra. Nella nostra isola la Caulerpa si presenta nel 1992, viene avvistata per la prima volta nel golfo di Galenzana nel comune di Campo nell’Elba. Posta sotto osservazione dall’Università di Pisa, nel ’93 copre una superficie di 400 mq, l’anno dopo arriva a 1300 mq. Anche l’istituto Hydra di Monaco di Baviera comincia a studiare l’estensione nel mare elbano: nel ’97 si arriva già a 20 ettari (200.000 mq), nel '97 a 25 , nel 2000 a 51, oggi siamo a 100 ettari, è stato oltrepassato Capo Poro ed è interessato anche Capo Stella. Dunque la capacità di espansione è impressionante, è stato calcolato che in circa tre anni si raddoppia l’area di insediamento. La sua propagazione è favorita sia dalle reti da pesca che dalle ancore dei natanti che trasportano da un porto all'altro frammenti dell'alga. Si tratta infatti di organismi molto resistenti che sopravvivono in ambienti umidi e al buio anche per 4-5 giorni. Sebbene adesso non si gridi più al disastro ambientale, e non si ricorra al necrologio affrettato del mondo sottomarino, la comunità scientifica si sta ancora ponendo numerose domande sui rischi legati alla imponente colonizzazione della Caulerpa. Ci si chiede come essa possa modificare l'ecosistema, le altre comunità algali fotofile, se le nostre praterie di Posidonia potranno pacificamente convivere con il nuovo inquilino, e soprattutto quali possano essere gli effetti sulla catena alimentare dell’uomo. E’ stato accertato infatti che la Taxifolia, per difendersi dai predatori, rilascia delle particolari tossine, che pur essendo instabili e quindi poco resistenti, potrebbero portare importanti modifiche nell’ecosistema, è stato notato ad esempio che alcuni tipi di salpe hanno iniziato a cibarsi dell'alga. I rimedi finora individuati per contrastarne l'avanzata non paiono sufficientemente convincenti, alcuni addirittura sono stati definiti fantascientifici, come la proposta di introdurre una particolare lumachina di mare la "Elysia Subornata" anch'essa tropicale che dovrebbe cibarsi dell'alga, rischiando però, vista la grande capacità riproduttiva dell'animale, di liberare il mare dalla Caulerpa ma di sovrappopolarlo di "Elysia". Inaccettabili anche alcune proposte di avvelenare le alghe con ioni di rame o con il cloro, rischiando magari di ottenere un danno superiore al beneficio. All’interno della stessa conferenza stampa emergevano due posizioni scientifiche abbastanza diversificate: quella più preoccupata dell’Hydra, basata anche sui nodi scientifici ancora da sciogliere, e quella più distesa del dott. Roberto Bedini direttore dell’istituto di biologia e ecologia marina di Piombino, il quale vede nella Caulerpa una delle tante specie tropicali che si sono spostate in ambito mediterraneo, contro la cui diffusione non è più possibile lottare, ma che non metterebbe a repentaglio la sopravvivenza degli altri organismi. I ricercatori hanno comunque presentato i loro risultati ribadendo che le scelte sul come e se intervenire spettano alle istituzioni locali; le aree marine protette potrebbero ad esempio giocare un ruolo difensivo nei confronti del proliferare dell'alga. Legambiente, da parte sua, ha espresso la volontà di provare a preservare le isole dell'Arcipelago non ancora interessate dal fenomeno, prima tra tutte l'isola di Pianosa, e di tentare di rallentarne almeno la corsa nelle zone già colonizzate.


caulerpa taxifolia alga

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ricercatore hydra alga

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