Per molto tempo l'area è stata abbandonata e utilizzata come discarica. Per contrastare l'impoverimento e il danneggiamento di questo ambiente palustre, ormai relitto sull'isola d'Elba, è stato avviato questo intervento di ripulitura e di contenimento delle specie vegetali invasive, allo scopo di ricreare ambienti con funzionalità ecologiche idonee ad ospitare flora e fauna di elevato valore biologico. (Dal cartello semisommerso dalla vegetazione dell'area umida di Mola) Decidiamo di andare a vedere come se la passa l'area umida di Mola. Abbastanza male, grazie. E allora urge un'analisi sullo stato del malato. Iniziamo il nostro tour del degrado dall'accesso capoliverese della zona. E non occorre fare troppi metri per trovarci nell'abbandono peggiore. La discarica di barche e ciarpame, a dispetto dei cartelli di divieto, copre praticamente tutta la riva e ci dà il benvenuto (foto 1,2,3). Percorriamo la strada fino alle due passerelle di legno che si inoltrano nella zona umida. Per quanto invase dalla vegetazione, la loro percorribilità è tutto sommato buona, tranne un tratto completamente ostruito (foto 6) di quella che porta alla torretta. In questo spezzone del percorso poi c'è una deviazione che porta a... nulla! (foto 7) Inspiegabile, e insensato questo viottolo. Alla torretta, che è in buono stato, non si può fare a meno di notare il ciarpame abbandonato da chi la utilizza (difficilmente birdwatchers) (foto 8). Ritorniamo sui nostri passi per dirigerci verso la Mola versante longonese. Il passaggio dei canali scolmatori è agevole grazie ai larghi ponti, ma il sentiero è troppo invaso dalle erbacce (foto 9). Ma la bruttura di questo punto è il decennale scarico fognario (foto 4) che immette in tutti e tre i canali scolmatori: un problema a cui non è mai stata data soluzione, e certo il più grosso limite a chi vorrebbe spingersi a visitare il prezioso ambiente naturale umido. Passiamo dunque oltre i fossati per un sentiero, costeggiante bacini palustri artificiali, anch'esso invaso dalla vegetazione (foto 11). Sentiero talmente invaso che, provenendo dal lato longonese, è praticamente impossibile da trovare, oltretutto non essendo segnalato (foto 10). Anche nella “Mola oltrecanale” è peggio che andar di notte. Ci accoglie la solita parata di barche “stracquate” (foto 12). Allo sbocco del fossone poi si ammira quello che sembra un modulo di un pontile galleggiante semiaffondato proprio nel mezzo della foce (foto 5). Il pezzo forte di questo versante sono però due capanni di legno, ormai sommersi dalle canne – tanto da notarli con difficoltà – e presumibilmente abbandonati senza mai essere stati utilizzati. Il primo è adibito al birdwatching, come si nota dalle varie aperture su ogni lato. Lo raggiungiamo con difficoltà solo per trovarlo chiuso (foto 13,14,15). Il secondo capanno non ci proviamo nemmeno a raggiungerlo: qui la vegetazione lo ha completa inghiottito (foto 16, 17). Considerazioni Non sono certo un addetto ai lavori, ma alcune aree umide attrezzate le ho visitate (laguna di Burano, foce dell'Ombrone, oasi di Orti-Bottagone), e qualche idea me la sono fatta. Ecco, a mio modesto avviso, qualche suggerimento perché questa nostra bella zona umida possa veramente essere più funzionale: 1) La prima cosa, ça va sans dire, è la ripulitura dall'immondizia l'area, la soluzione finalmente agli scarichi fognari, una migliore regolarizzazione della sentieristica con segnalazioni precise, una fruizione e organizzazione dei capanni. 2) Nell'area di accesso capoliverese occorrerebbe chiudere al traffico la strada sterrata che si spinge fin dentro alla zona umida, creando disturbo e degrado. 3) Le passerelle di legno sono ben fatte, molto silenziose se attraversate con scarpe adatte, e quindi ottime per approcci silenziosi alla zona umida. Ma sono troppo scoperte e circondate da una vegetazione bassa, utili per apprezzare la vegetazione palustre, ma inadatte per il birdwatching, in quanto gli uccelli riescono a scorgere l'osservatore a decine di metri di distanza. Sarebbero molto più funzionali, da questo punto di vista, se fossero molto più occultate e intervallate da casottini coperti di osservazione. Uno potrebbe sorgere al termine del “troncone spezzato” (foto 7), in un ottimo punto che si affaccia sul canale scolmatore meno profondo. 4) Un tratto di sentiero indispensabile per il raccordo tra le varie zone è sempre fangoso, anche nelle stagioni calde (foto 18). Sarebbe opportuno fare una passerella anche sopra di esso. 5) I sentieri, oltre che una pulitura e una segnalazione specifica – dato che alcuni accessi sono di difficile localizzazione –, dovrebbero anch'essi garantire un approccio alle aree palustri più inosservato, soprattutto il tratto che costeggia i bacini artificiali umidi. 6) Il capanno per birdwatchers è posizionato male, troppo lontano dai bacini artificiali dove si fermano le specie in sosta. Anche il fatto che sia ben mimetizzato tra il canneto è vanificato dal fatto che si raggiunge dopo decine di metri di tratto aperto, e quindi vanificando l'approccio inosservato da parte degli osservatori. Stessa considerazione si può fare per la torretta: è troppo lontana dai punti di sosta anche per obiettivi fotografici a grande lunghezza focale. 7) La pulitura periodica del ciarpame – molto di esso è portato dal mare – rende necessario l'affidamento dell'area a volontari ambientali, come avviene in zone umide ovunque in Italia, che curino anche il controllo per un accesso più responsabile dell'area e una manutenzione periodica di percorsi e strutture.
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