Sarà per la turbolenza e la crisi politico-istituzionale che sta investendo il Paese ma è certamente un fatto preoccupante che quanto sta accadendo nei parchi stia interessando poco o niente il sistema istituzionale. Ed è ancor più allarmante che ciò avvenga nel momento in cui in un clima di confusione e di scontro si sta menando il can per l’aia sul federalismo, che a tutto somiglia tranne a quanto delineato dal titolo V della Costituzione. E se qualcuno pensa che non c’è da sorprendersi viste le tante cose più importanti e urgenti che premono sbaglia di grosso perché la crisi dei parchi interferisce negativamente e non poco anche su quelle vicende. Intanto perché condiziona fortemente e negativamente proprio quel nuovo governo del territorio che da 10 anni sta scritto in Costituzione ma che li era e lì resta. Insomma non ci sono scuse possibili che si possono ragionevolmente accampare per giustificare tanto disinteresse e latitanza. E ancor meno vale l’argomento che in fondo i tagli non stanno riguardando soltanto i parchi ma anche i Comuni, le Province e le Regioni. Tutto vero, ma è altrettanto vero che i guai per i parchi sono cominciati assai prima dei tagli e non attengono solo alla loro possibilità di spesa che ovviamente aggrava ulteriormente le cose. Calderoli vessillifero del federalismo – se qualcuno lo avesse dimenticato – voleva abrogarli già con il primo provvedimento sulla riforma istituzionale che poi fu costretto a rivedere per le proteste. Da oltre 10 anni il ministero dell’Ambiente non svolge alcuna regia nazionale degna di questo nome, tanto che a 20 anni dalla legge quadro le aree protette marine sono in stato preagonico o, comunque, in profonda crisi come si può vedere anche dal National Geographic da pochi giorni in edicola. E mentre con l’arrivo al ministero della Prestigiacomo si è cominciato a sparlare di privatizzazioni e altre balle, buona parte dei parchi nazionali sono commissariati per periodi indefiniti e spesso infiniti (l’Arcipelago Toscano, come ha ricordato in una recente lettera il direttore generale del ministero dell’Ambiente Grimaldi, lo è stato per 5 anni). In Abruzzo, come ricorda un comunicato dei primi di marzo del WWF e CGIL – tranne il Parco d’Abruzzo – gli altri lo sono tutti da anni, magari anche senza direttore. 12 parchi nazionali sono senza Consiglio direttivo e altri 6 ce l’hanno ma incompleto. Solo 6 su 24 sono a regime. Una misura insomma riservata a periodi brevi e eccezionali volti a ripristinare alla svelta una condizione di normalità e legittimità istituzionale è diventata invece la normalità di una gestione impotente e illegittima. Infine come è stato ricordato in più di un intervento alla assemblea di Firenze per il rilancio dei parchi oggi un parco nazionale anche non commissariato non può decidere autonomamente neppure di promuovere un’iniziativa che qualsiasi parco regionale può fare tranquillamente, figuriamoci se è commissariato. Come ho avuto modo di scrivere più volte c’è insomma una situazione che fa rimpiangere davvero persino gli occhiuti controlli prefettizi sugli enti locali di alcuni decenni fa. E le prospettive – stando anche alle ripetute dichiarazioni del ministro Prestigiacomo – sono destinate a peggiorare nel prossimo futuro per la riduzione ulteriore dei finanziamenti. A fronte di questa poco brillante situazione il ministro si augura perciò una maggiore vendita di biglietti ( il gratta e vinci?) a cui la Brambrilla aggiunge un’abbondante dose di campi da golf a partire dall’Abruzzo terremotato che sul suo territorio evidentemente non aspetta altro oltre, naturalmente, a una bella serie di campi da sci senza neve previsti da uno sconcertante protocollo firmato recentemente a Palazzo Chigi sotto le regia di Gianni Letta dove manca stranamente peraltro la firma del ministro dell’Ambiente Ora, pensare che per uscire da questa crisi, manifesta anche se poco presente nel dibattito e sui mezzi di informazione, sia necessario, se non urgente, modificare la legge quadro entrata in vigore un ventennio fa è un’altra bufala megagalattica e volta solo scaricare pretestuosamente su un buon provvedimento legislativo responsabilità e colpe che sono tutte e incontestabilmente politico-istituzionali. Non è la legge, infatti, che va cambiata ma la politica che per troppi versi ha ignorato e snobbato proprio la legge nelle sue disposizioni più importanti e qualificanti. Va detto che ancora non si è colto purtroppo in tutta la sua portata e gravità il danno che deriva al Paese già disastrato sul piano ambientale, paesaggistico, idrogeologico dalla crisi di un soggetto istituzionale qual è il parco che – e non solo in Italia – è posto a presidio dei nostri valori e patrimoni più preziosi e tra i più apprezzati nel mondo. Dallo smantellamento dei parchi che i diffusi commissariamenti non stanno soltanto paralizzando ma screditando, come nel caso dello Stelvio finito in un poco nobile mercato politico, deriva un danno enorme non solo alla immagine del Paese ma anche un insostituibile ed efficace apporto al governo del territorio sempre più connotato da disastri e condoni. Il rifiuto del ministero dell’Ambiente di promuovere un appuntamento istituzionale nazionale in cui fare finalmente il punto e mettere un fermo a questa crisi rovinosa conferma peraltro l’imbarazzo e la cattiva coscienza di chi sa di non avere le carte in regola e che preferisce perciò sottrarsi a un serio confronto con l’insieme dei titolari di una politica da cui sono stati via emarginati ed esclusi. Ma perseverare in questo rifiuto aggraverà solo le cose e accrescerà anche la vergogna e il discredito di chi fa finta di niente e non risparmierà certo il governo da una bruttissima figura. E se le responsabilità del governo sono innegabili e chiare, neppure il Parlamento e le Regioni e gli enti locali hanno oggi nel loro complesso le carte in regola. Basta pensare al fatto che mentre l’urgenza di politiche di piano si è accresciuta nei parchi come nei bacini idrografici che stanno andando in malora, si è permesso che con il nuovo codice dei beni culturali e paesaggistici al piano del parco fosse sottratta proprio la competenza sul paesaggio così ai due piani già previsti dalla legge 394, nella sostanza, se ne aggiunge un terzo da confezionare in una sede diversa. E il Parlamento non ne esce meglio del governo perché non solo ha fatto assai poco, per non dire nulla, perche le politiche nazionali previste dalla legge e regolarmente eluse e ignorate dal governo venissero messe in atto, ma ora ha messo mano al Senato a una legge per più versi persino scandalosa. Il testo riguarda infatti le aree protette marine che come abbiamo detto sono ancor più dei parchi terrestri alla canna del gas. E lo si giustifica nientepopodimeno che con l’esigenza di una maggiore gestione integrata a cui come è noto fanno riferimento anche recenti disposizioni comunitarie. Tanto che si parla di parchi a mare per quelli che dovranno gestire oltre al territorio costiero anche quello marino. Ora la legge 394 – 20 anni fa – diceva e dice chiaramente che “qualora l’area marina confini con un parco terrestre sarà quest’ultimo ad averne la gestione”. Solo che questa disposizione non piacque mai al ministero che ricorse a una interpretazione della legge risultata poi fasulla e cioè che questo valeva solo per i parchi nazionali, tanto che Ronchi negò a Portofino, parco regionale, l’affidamento dell’area marina tagliando così fuori il parco terrestre e quindi la Regione. Ma anche per i parchi nazionali l’istituzione dell’area marina fu sempre accompagnata dall’istituzione di una commissione di riserva che era stata inventata prima della 394 e che ora non aveva e non ha più ragion d’essere. Che senso ha, infatti, far gestire alle 5 Terre l’area marina se poi all’ente parco si aggiunge un altro organo previsto persino per la Meloria che è uno spizzico d’acqua. E che senso ha prevedere nel testo in discussione che l’area marina la si istituisce sulla base di una intesa con il ministero dell’Economia e delle Finanze quando i parchi nazionali sono istituiti con un decreto del ministero dell’Ambiente d’intesa della Regione? E che senso ha stabilire che il ministero fa il piano triennale su cui le Regioni possono fare proposte dopo che lo si è fatto? Ma soprattutto che senso ha fare un parco di mare se poi la parte marina non la pianifica il parco ma il ministero come ora? E che senso ha stabilire che ogni tre anni si verifica se l’area marina ha ancora un senso quando ciò non è previsto per nessuno parco e area protetta. L’unica cosa che risulta fin troppo chiara da questo guazzabuglio normativo è che lo stato vuole ricondurre ancor più le leve di comando al ministero tagliando fuori ancor più le regioni proprio nel momento in cui tanto si chiacchiera di federalismo. Non meno sorprendente è che questo testo, sul quale non risulta siano state finora consultate regioni ed enti locali ma una confusa serie di rappresentanze non istituzionali, non sia accompagnato da un minimo di dati, considerazioni che giustificchino – o tentino di farlo – questo ulteriore affossamento della legge quadro e per di più in un comparto che ha più degli altri bisogno che la “vecchia” legge sia finalmente attuata e non storpiata. Ecco perché il gruppo di San Rossore che si ì riunito nei giorno scorsi a Firenze per il rilancio dei parchi ha detto chiaro e forte che le istituzioni devono cambiare e alla svelta registro. E se il governo deve smetterla di pasticciare, tagliare, annaspare con sortite penose o rovinose il Parlamento deve accantonare manfrine destinate ad aggravare le cose e cominciare a “conoscere” lo stato delle cose che sembra invece ignorare. Idem Regioni, Provincie e Comuni che pur sotto pressione per quello che bolle in pentola e viene votato a “forza” devono finalmente farsi vive e soprattutto farsi valere prima che sia troppo tardi. Noi di questo vorremmo si cominciasse a discutere nel diverse sedi e non solo istituzionali. Per quanto ci riguarda cercheremo di contribuirvi con proprie iniziative e proposte chiamando tutti a farlo con senso di responsabilità e disponibilità.
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