Torna indietro

Scappellotti a gogò (prima parte) le radici del pensiero sul comune unico

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : giovedì, 10 febbraio 2011

C’era una volta un personaggio strano, un idealista di quelli cancellati dalle recenti storie, un sognatore, come tale incapace di districarsi tra trappole e tagliole, isolato quasi come un eremita, Napoleonico unionista quel tanto che basta per avere qualche giustificazione storica unificante (altrimenti sarebbe stato necessario risalire addirittura all’Impero Romano se non agli Etruschi che avevano raccolto in aiuto a Roma trecento giovani soldati senza un vero criterio territoriale), visionario come solo le grandi menti possono esserlo, inconsapevole che secoli di Storia lasciano sedimenti e tracce profonde. Costui, messo di fronte alla prova delle prove: che erano conosciuti come Elbani quelli di Chiessi ed anche quelli del Cavo (meno i longonesi, come vedremo) e che anzi molti avevano adottato nel ventennio il nome Elbano per evitare gli odiatissimi Benito, Romano et similaria, cominciò a domandarsi, durante una notte sciroccosa ed insonne di quelle che capitano solo da noi, se non si potesse far qualcosa per mettere fine alle perenni divaricazioni e contrapposizioni (qualche mese prima due processioni religiose di Portoferraio e di Marciana Marina – quest’ ultima guidata dal solito Pasquale con Don Zeni che si arrabattava a metter pace – avevano addirittura usato i rispettivi crocifissi per dirimere una lite circa il punto preciso, sul Capannone, per prender possesso della Madonna Pellegrina, tanto per dire del clima…. Il pensiero, scacciato come un fastidioso moscone, non stentò a ripresentarsi, ogni notte di scirocco, fino a diventare una vera e propria ossessione. “Cosa faccio – cominciò a domandarsi- me la tengo questa idea o provo a farne partecipi gli amici, anzi, nel caso, i compagni, così, almeno per una volta la smetteranno di blaterare sul “Piccolo Padre” e sui suoi successori dalle scarpe tronitruanti e di meditare sulle strampalate massime del “Libretto Rosso” e su come applicare la Rivoluzione culturale cinese all’Italia e quindi, nel nostro piccolo, anche all’Elba, nel ricordo delle vecchie promesse, non mantenute, di appendere qualche democristiano ai platani dei Giardinetti se il Fronte Popolare avesse sfondato nel 1948 dietro la barbuta faccia di Garibaldi? “Perchè no? –gli rispose il Sindaco- già pensando ad allargarsi fino a risucchiare i recalcitranti compagni riesi e gli alteri pugginchi- prova a parlarne in Federazione”. Così, dopo una serie infinita di rinvii, il nostro prese il coraggio a quattro mani ed profittando di un momento di scoramento perché nel frattempo a Portoferrraio si era insediato uno dei primi Centro Sinistra d’Italia (Sindaco il Nipote di Don Giuseppe per garantire l’ortodossia, Vice Sindaco la vecchia bandiera socialista Frediani), provò ad rompere il plumbeo clima, si alzò in piedi e pronunciò la fatidiche parole:”perché non proponiamo un Comune Unico?” Sembrò, per un attimo, di essere al Concorso nazionale per la migliore barzelletta, tra risate, risolini, mesta commiserazione per l’incauto, ma nessuno prese la parola segnalando, di fatto, l’argomento come un terribile tabù. L’unico a fare qualcosa, nel ralentì generale, il campese Galli con un affettuoso scappellotto sulla testa del malcapitato: “lascia la politica a noi più scafati e non sollevare problemi più grandi di te. Già siamo abbastanza divisi e non c’è proprio bisogno di altre polemiche su deliranti visioni che servirebbero solo a consegnare nelle mani della DC l’intera isola.” Fu così seppellito l’argomento, ma non proprio del tutto, come nei film degli zombies che stanno in animazione sospesa per decenni. Ma su questo dirò più avanti.


Lucchesi pino

Lucchesi pino