Caro Sergio, ho appena saputo della scomparsa di Alessandro Olschki, nome che ai più non dirà niente ma che era uomo intimamente legato alla nostra isola. Ero andata a trovarlo nel maggio scorso per una ricerca sulla storia di Procchio. Ne avevo sempre sentito parlare da babbo e dagli informatori locali, i “miei” adorati vecchietti. Lo chiamavano Bubi e quel nome pieno di lettere strane, diventava “Loschi”, “Bubi il Loschi”. Grazie a sua nipote Serena riuscii ad avere un appuntamento. Ero un po' intimorita, non dalla imponente e lussuosa villa fiorentina, dove si trova la sua prestigiosa casa editrice, ma dall'idea di incontrare un personaggio chiave della storia non scritta che cerco di ricostruire. Sapevo che si trattava di un tassello fondamentale. Mi trovai davanti un uomo un po' curvo, con gli occhi scintillanti di un ragazzino alla scoperta del mondo, affabile. Aveva ancora ricordi vividi di quella Procchio della prima metà del secolo scorso. I “Loschi” trascorrevano le vacanze estive in una casetta di legno proprio sulla spiaggia, nel cantone, vicino all'hotel del Golfo (ma l'hotel non c'era ancora) e Bubi, classe 1925, approdato in fasce all'Elba, cominciò ad essere irresistibilmente attratto dal mare. Quel giorno mi raccontò un episodio fondamentale della sua vita. Era un ragazzino quando, nuotando nei pressi del molo di Marciana Marina, riemerse con gli occhi arrossati e un militare gli porse una maschera. Era la prima volta che ne vedeva una e dal momento che l'ebbe indossata la sua vita non fu più la stessa, inesorabilmente si divise fra sopra e sotto il mare, fra l'attività di editore e quella di sub, che lo portò ad essere campione del mondo a squadre nel '57 e nel '60, dieci anni di agonismo seguiti da venti anni di ricerche scientifiche subacquee. Era considerato uno dei dieci migliori fucili d'Italia eppure a un certo punto realizzò che voleva mangiare solo quello che pescava e pescare solo quello che bastava per mangiare. Più tardi decise poi di smettere del tutto di sparare, considerandolo “non etico”. Parlammo a lungo di Procchio, del suo profondo legame con l'isola e, alla fine dell'incontro, dopo avermi studiata bene bene, mi mostrò alcuni quadri della sua collezione e, in particolare alcuni di Lloyd, amico di famiglia. C'era un enorme veduta di Procchio che mi fece venire i brividi. Disse che sarebbe stata perfetta per la copertina del mio libro. Mi raccontò della sua adorata sorella Marcella, di come ebbe un ruolo centrale nella Procchio degli anni '50, scenario perfetto per le avventure di un gruppo di artisti che viveva accampato sulle dune, fra cui Gonni e Lieto. Marcella era una donna di mondo, giornalista e animatrice straordinaria, un'organizzatrice di serate ed eventi che coinvolgevano gli artisti squattrinati e i giovani di buona famiglia in vacanza e lasciavano un po' perplessi i pucinchi d'allora. Bubi, invece, si dedicava al mare e alle sue meraviglie. Scrisse anche un libro, “Il mondo sommerso”, e sono sue le foto dell'ultima mattanza al Bagno. Da sub già affermato notò un giovane che a pescare sembrava proprio bravo. Era quel Carlo Gasparri che di lì a poco sarebbe diventato campione mondiale. Mi piace pensare alla spiaggia di Procchio come un luogo magico dove si passava il testimone da un campione all'altro. L'amore senza fine per il mare e per l'isola che tanto amava lo portava negli ultimi anni a trascorrere ogni fine settimana estivo sulla sua barca ormeggiata a Portoferraio. Il nostro primo incontro l'avevo solo registrato e ci lasciammo con la promessa di realizzare un'intervista video non appena si fosse rimesso. L'unica cosa che posso fare ora è ricordarlo e promettergli di condividere quello che mi ha raccontato, mentre rieccheggia dentro me l'incanto per la sua grazia d'altri tempi, la luce dei suoi occhi.
Bubi Olskhi