Egregio Direttore, solo in questi giorni ho potuto leggere le argomentazioni dell’Ing. Meneghin in relazione al problema dell’approvvigionamento idrico dell’isola d’Elba sul quale ritengo di poter fornire ulteriori elementi di riflessione. Premesso che qualsiasi contributo volto a risolvere l’annosa questione dell’approvvigionamento idropotabile dell’Elba è sempre positivo, va però detto che le proposte devono, prima di tutto, tener conto delle condizioni idrogeologiche dell’isola, delle leggi e regolamenti che trattano la materia, della realtà dell’Elba e delle sue condizioni geologiche ed idrogeologiche in generale e del Monte Capanne nel particolare. Nello specifico l’idea di Marcello Meneghin esposta su www.elbacomunico.com merita alcune riflessioni con una premessa sostanziale: la crisi idrica dell’Elba quando c’è, c’è solo durante le due settimane a cavallo del ferragosto ed è legata all’aumento indiscriminato dei consumi per la presenza di un consistentissimo numero di turisti che comporta la “depressione” della “dorsale” nel suo tratto terminale e di conseguenza la sottrazione della risorsa almeno per i Comuni della parte sudoccidentale dell’isola. A questo proposito voglio aggiungere che affrontare questo problema, considerata l’età della dorsale sottomarina, non solo è di vitale importanza ma urgentissmo. La prima riflessione di carattere generale è relativa al fatto che non appare condivisibile liquidare l’ipotesi di realizzazione alcuni piccoli invasi (tra l’altro il regolamento regionale data solo alla fine di febbraio 2010), poco elegantemente definiti pozzanghere, come non praticabile per “il grave danno ambientale che ne deriverebbe, la dispersione di grandi quantitativi della preziosa acqua causati dall’evaporazione e dalla imperfetta tenuta idrica del fondo lago ed infine la necessità di una vera e propria proliferazione degli impianti di trattamento necessari per render potabile l’acqua dei laghi stessi”. Gli invasi, piccoli o grandi che siano, hanno infatti la funzione di trattenere una parte dell’acqua che altrimenti andrebbe a mare. E’ questa quindi un’ipotesi che andrebbe approfondita e studiata perché è noto che, almeno in alcune parti dell’isola, non solo ci sarebbero le condizioni per realizzare tali invasi ma esso avverrebbe con tutti i caratteri di sicurezza che tali opere devono avere e con tempi e costi di realizzazione relativamente modesti in relazione agli effetti benefici che queste “scorte” rappresenterebbero durante i periodi di maggior consumo. L’altra riflessione riguarda il complesso di Monte Capanne. Intanto, contrariamente a quanto affermato, le “numerose vallette e compluvi” non sono “normalmente asciutti”, perlomeno non tutti. Ve ne sono infatti alcuni che hanno portate sensibilmente apprezzabili anche durante il periodo estivo. E’ infatti di recente l’attivazione di una richiesta di messa in opera di almeno una derivazione permanente che contribuirebbe, e non poco, a rimpinguare la dorsale in modo consistente per 8 mesi su 12 e meno consistente ma comunque sensibile negli altri 4. Il Monte Capanne poi ha, idrogeologicamente parlando, una caratteristica di tutto rispetto: esso infatti conta numerose sorgenti, alcune a carattere permanente e di discreta portata, anche ad alta quota, come certamente è ben noto a coloro che ne percorrono i sentieri o che abbiano letto qualche pubblicazione specifica. Sorgenti che in gran parte sono già captate e, per alcune almeno è in corso la ricognizione per il loro ottimale sfruttamento. Questa realtà rivela che il massiccio ha una permeabilità secondaria di tutto rispetto. Pensare quindi di attraversarlo alla base con una “galleria del tutto simile a quelle stradali ed avente un diametro di 10 m che, circondando alla base e per 360 gradi il citato massiccio” lascia assai perplessi giacché tale opera avrebbe la doppia funzione di drenaggio e di raccolta. Il che sta a significare che la calotta e parte delle pareti della galleria dovrebbero mantenere il loro carattere drenante mentre la parte basale dovrebbe essere impermeabilizzato proprio per favorire l’accumulo dell’acqua drenata. Ma allora che fine farebbero le sorgenti o il deflusso minimo vitale degli impluvi che la suddetta galleria proposta vorrebbe intercettare? E il danno ambientale (penso alla copertura arborea che all’Elba non è propriamente quella di Abu Dhabi), ipotetico nel caso dei laghetti ma certo nel caso di questa galleria ha forse un’importanza inferiore? Che dire poi sia del sistema di costruzione da adottare visto che il M. Capanne è costituito essenzialmente da granito e rocce similari, particolarmente tenaci, sia dei costi. Senza ovviamente considerare lo sfrido di galleria (circa 2.000.000 di m3 banco con le dimensioni dell’ipotesi formulata) che da qualche parte andrebbe collocato con buona pace degli aspetti ambientali. Pensare di coprire in parte i costi della galleria valutati, dal Meneghin, in oltre 150 milioni di €, (ovvero 6.000.000 €/Km, o 6.000,00 €/metro) con la commercializzazione del materiale di risulta dello scavo appare non solo improprio ma totalmente fuori dalla logica del mercato degli inerti nell’isola. Distinti saluti, Vittorio d’Oriano (vice presidente del Consiglio Nazionale Geologi) Ringraziamo il Prof. D'Oriano per il prezioso contributo dichiarandoci ovviamente disposti ad ospitare altri interventi sulla questione
Laghetto bucine portoferraio