Egr. Direttore Ho avuto più volte il modo di apprezzare i suoi interventi su Elbareport anche se, nel campo specifico della risoluzione del problema idrico elbano, dissenzienti rispetto alla soluzione da me proposta a ripetizione da anni. Sono invece fiducioso di trovarla d’accordo con me su alcuni punti estremamente importanti dello stesso argomento e specificamente su ciò che sta accadendo attualmente in Isola in tema di potabilità dell'acqua del pubblico acquedotto. Il primo punto che riterrei molto importante è il seguente. Da un lato risulterebbe molto facile far rientrare le percentuali di sostanze nocive come il boro entro i limiti di accettabilità della legge, ponendo così immediata fine agli allarmi in corso sul servizio idrico elbano. Sussiste però una alternativa totalmente diversa che impedirebbe di fatto il raggiungimento di detto ambizioso obbiettivo rendendo estremamente complicata la situazione. E mi spiego. In periodi come il presente con totale assenza di turisti e con fabbisogno minimo di acqua potabile, è sufficiente mettere fuori servizio le fonti che presentano le peggiori caratteristiche chimiche dell'acqua prodotta per rientrare subito nei ranghi calmando immediatamente le acque assai agitate. Ben diversa sarà la situazione la prossima estate quando, per far fronte agli insostenibili consumi, sarà giocoforza utilizzare al massimo tutte le risorse disponibili, nessuna esclusa, ed allora troverebbe attuazione la seconda ipotesi causa, tra l'altro, di grandi abbassamenti della falda con captazione ed immissione in rete di elementi nocivi in percentuali ed in numero anche molto maggiori di quelli oggi paventati. In tale caso risulterebbe anche molto difficile il controllo di una situazione che varia da un giorno all'altro. Un’altra vera e propria spada di Damocle che grava sull'Elba, anche per il fatto che le disgrazie raramente viaggiano da sole, è rappresentata dal pericolo, tutt'altro che remoto, che possa rompersi la condotta sottomarina. Quello che sostengo con la presente è la necessità che si evitino i palliativi ed invece si colga la drammatica situazione attuale per un intervento che risolva in unica soluzione tutte le tre criticità indicate e cioè garantire la potabilità vera dell'acqua, essere in grado di alimentare autonomamente l'isola per tutto il tempo necessario alla eventuale riparazione di un guasto della condotta sottomarina e per ultimo di poter far fronte alla punta di consumo estivo d'acqua. Il mezzo per poter risolvere contemporaneamente tutti i tre problemi esiste ed è la raccolta ed accumulo dei grandi quantitativi d'acqua potabile e buona che durante i periodi piovosi è copiosamente presente all'Elba. So per cosa certa che in determinate occasioni ci sono fossi con portate notevolissime d'acqua che per essere bevuta necessiterebbe di ben pochi accorgimenti nel mentre io stesso ho potuto vedere strade elbane trasformate in veri fiumi d'acqua potabile ed uscente per soprappiù da determinate sorgenti. E' tutta quella descritta l'acqua da conservare pulita e buona ma senza lasciarla marcire per mesi in invasi superficiali di ripiego come quello chiamato "Condotto" e come l'altra ventina di simili strutture che sono in realtà programmate dall'ASA. Bisognerebbe invece accumularla in invasi a perfetta tenuta, posti al riparo da ogni pericolo e dai raggi del sole. E vengo al punto in cui sarebbe mio vivo desiderio trovarla consenziente: senza entrare in merito alle specifiche soluzioni tecniche che formano appannaggio degli addetti, vorrei indurla a sostenere vivamente la necessità di approfittare del momento per attuare non già interventi palliativi bensì drastiche decisioni volte ad affrontare risolvere i tre temi scottanti di cui sopra dai quali dipende l'intera economia dell'Elba. Quella che la invito a promuovere è una prassi molto in voga essendo basata sul fatto che solo le grandi criticità in Italia rendono possibili interventi anche di notevole mole e che la normalità non consentirebbe mai e poi mai di portare a termine. In conclusione è questo il momento per cogliere al volo un'occasione forse irripetibile. Marcello Meneghin Gentile Sig. Meneghin Mi perdonerà se mi tengo prudentemente lontano dall’indicare o sposare soluzioni tecniche nel dettaglio, di tuttologi in giro ce ne sono già abbastanza, e l’unico rapporto tecnico che posso avere con la captazione idrica è venire da una famiglia che negli anni ’50,’60 e ’70 ha scavato una infinità di “pozzi romani” (probabilmente la maggioranza di quelli che ci sono all’Elba), fatto che mi consente di avere contezza di cosa sia una falda idrica (ed anche della generale ricchezza di acque del sottosuolo elbano) ma niente di più. Restando sui ragionamenti generali credo che il problema idrico (intendendo questo termine comprensivo della gestione dei reflui) sia uno dei tanti versanti su cui si dovrebbe agire mantenere in equilibrio (o forse sarebbe meglio dire riequilibrare) il “sistema Elba” che sono arciconvinto (questo sì) stia vivendo oltre la soglia delle sue risorse naturalistiche da molti anni. Come dire che credo fermamente che continuare ad incentivare in quest’Isola i consumi, in particolare di territorio, con la logica e la giustificazione dello “sviluppo” sia professione di una totale autolesionistica ottusità, un furto di natura e di qualità della vita perpetrato ai danni delle attuali e soprattutto future generazioni. Una amministrazione della cosa pubblica illuminata (omogenea su tutta l’isola) e razionale per prima cosa dovrebbe ripensare alla complessiva riprogrammazione territoriale, a far capo dall’accantonare i progetti di massive nuove cementificazioni (si chiamino Water Front o Villaggio Paese non fa molta differenza) ligio ad un principio enunciato anni fa in rima baciata da Giovanni Fratini, con il quale ho pur avuto dei notevoli scontri, che suonava: “Tutto quello che è mega – con l’Elba non c’entra una sega”. Credo che anche per quanto riguarda un bene primario come l’acqua le linee guida non dovrebbero scostarsi dal principi del consumo intelligente, dalla elimininazione degli sprechi, dal risparmio, dal riciclo, dal razionale uso dell’esistente. Dovrebbe essere palmare che realizzare e mantenere in efficienza una rete di servizi calibrata su una presenza delle 150.000 persone della punta stagionale all’Elba è nel migliore dei casi qualcosa che oscilla tra l’utopico e il gestionalmente folle. Il principio bosiano del “o si cresce o si muore” riferito ad un territorio finito e definito, che di più non si può, come l’Elba, è totalmente inaccettabile ed è pari pari da rovesciare, considerato che è proprio la crescita di interventi umani che sta strangolando l’Isola, che rischia di farle fare una “fine” maltese o ischitana. Se c’è un al mondo un potenziale “cantiere” ove applicare i criteri della “decrescita felice” dove si tocca con mano che “non si vive di solo P.I.L.” quello è il cantiere elbano. Ciò premesso ed anzi in linea con questi principi concordo con lei sulla opportunità di ottimizzare lo sfruttamento delle risorse idriche proprie e naturali dell’Isola. Non so se le intenzioni di ASA porteranno a realizzazioni tecnicamente valide, certo è che tutto ciò che ci evita o limita l’importazione di acqua di bassa qualità potabile, ci mette al sicuro da guasti (la paventata avaria della condotta sottomarina) , o politiche di approvvigionamento che non condivido affatto come la dissalazione (costosissima, impattante e di riflesso inquinante, buona solo per chi ha da spacciare obsoleti strumenti di tecnologie decotte, magari come i dissalatori americani predisposti per la Guerra del Golfo) deve essere salutato come positivo. Ed in questo ha perfettamente ragione lei, la fortunatamente minima emergenza idrica che viviamo in questi mesi deve essere un incentivo ad un approccio più virtuoso alla soluzione del problema dell’approvvigionamento dell’Isola. La ringrazio per averci scritto
fosso madonnina