L’allarme di Alessandro Gianni’di Greenpeace, sulla troppa plastica nei mari dell’Elba, oltre che nel resto dei mari, merita di essere sottolineato e rilanciato. E’ sconfortante venire a sapere che la piu’ grande discarica del mondo non è in Campania o a New York, ma in mare: una strabiliante isola di plastica, grande come due volte la Francia, che fluttua nel Pacifico nord orientale intrappolata dalle correnti circolari oceaniche Il Pacific Trash Vortex (il vortice di rifiuti del Pacifico). Un diametro di circa 2.500 km profondo circa 30 m. nel quale si stima che una quantità enorme di plastica (tra 5 e 30 milioni di tonnellate) ruoti lentamente in senso orario spinta dal Vortice Subtropicale del Nord Pacifico, un immenso vortice posizionato a nord est delle Isole Hawaii, a circa 500 miglia ad ovest delle coste della California. Si stima che circa 100 miliardi di chilogrammi all'anno di plastica vengano prodotti ogni anno nel mondo, dei quali, grosso modo, il 10% finisce in mare. Il 70% di questa plastica poi, finirà sul fondo degli oceani danneggiando la vita dei fondali. Il resto continua a galleggiare per centinaia di anni, mettendo a rischio l’equilibrio dell’ecosistema marino. La plastica infatti, non è soggetta a fenomeni biodegradazione, come tutte le sostanze organiche. Essa invece si fotodegrada, cioè si sbriciola lentamente per effetto della radiazione luminosa. Questo processo porta alla sua graduale riduzione in granelli galleggianti sempre piu’ piccoli (i cosiddetti nurdles, e cioè quelle piccole palline colorate e smerigliate di varie dimensioni che tutti noi troviamo facilmente rovistando tra la sabbia in qualunque spiaggia), fino a diventare di dimensioni paragonabili a quelle del plankton. A questo punto essa entra nel ciclo alimentare delle specie piu’ piccole, che ne confondono le forme con quelle dei microrganismi di cui di solito si nutrono, provocando fenomeni di accumulo man mano che si salgono i vari scalini della piramide alimentare. I nurdles, oltre ad essere pericolosi di per sè, assorbono e concentrano anche altri contaminanti dispersi nell'ambiente che poi trasportano e rilasciano in altre zone del globo, anche molto distanti. Questi contaminanti, diossine i furani e molti altri, interferiscono con il metabolismo, l’azione e la sintesi degli ormoni naturali (estrogeni, androgeni, ecc) che regolano i processi riproduttivi e dello sviluppo. Gli effetti tossici maggiormente riscontrati sono disfunzioni sessuali e riproduttive e l'insorgenza di tumori. Purtroppo, i livelli di bioaccumulo di questi inquinanti chimici sono in rapido incremento in tutti gli organismi viventi, uomo compreso. Le specie di piu’ grandi dimensioni (delfini, tartarughe di mare e capodogli soprattutto) comunque sono esposte al lento avvelenamento da parte di inquinanti organici persistenti e all’ingestione diretta di residui plastici di grande dimensione, ad esempio i sacchetti di plastica, che confondono con le loro prede usuali nel corso delle azioni di caccia: nel dicembre 2009, 7 capodogli si arenano sulle coste del Gargano e muoiono nonostante i tentativi fatti per riportarli in mare. L’esame dello stomaco del maschio dominante ha portato alla scoperta di una grande quantità di sacchetti di plastica, che sicuramente ne hanno compromesso le condizioni di salute e probabilmente hanno contribuito alla perdita dell’orientamento ed allo stato di confusione che ha portato alla loro morte. Questo tipo di fenomeni non riguarda solo aree lontane del globo, come potremmo egoisticamente pensare. E’ proprio dei giorni scorsi la notizia dall’Istituto Francese per la Ricerca e lo Sfruttamento del Mare (IFREMER) della presenza di un anomalo accumulo di plastica nel Mar Mediterraneo. La notizia conferma quanto pubblicato qualche anno fa (2003) da alcuni ricercatori del CNR di La Spezia sull’esistenza di un’area di accumulo di detriti fluttuanti nel Mar Ligure e Tirreno settentrionale, proprio all’interno del Santuario dei Cetacei. Il Mar Ligure infatti è interessato da una dinamica delle acque caratterizzate da una circolazione di corrente ciclonica (cioè antioraria) praticamente permanente, piu’ intensa in inverno che in estate, che coinvolge sia gli strati profondi che le acque superficiali. Gli eventi climatici possono modificare fortemente questa circolazione, ma l’andamento generale si puo’ considerare permanente. L’effetto di questa circolazione riproduce un fenomeno di accumulo di plastica fluttuante simile a quello riscontrato nel Pacific Trash Vortex su scala ridotta, ma a livelli di concentrazione molto superiori: il responsabile della campagna di ricerca dell’IFREMER, Francois Galgani, da noi raggiunto, ha dichiarato: “Il valore medio dei campioni di microplastica fluttuante ritrovati in mare (115.000 campioni per kmq) sono molto al di sopra dei valori riscontrati nei vortici oceanici! Abbiamo riscontrato la presenza di enormi quantità di microplastica in alcune aree come l’Isola d’Elba, la piu’colpita, con campionamenti fino a 860.000 elementi per kmq). Cio’probabilmente perché la zona a nord dell’Isola d’Elba è in un’area di depressione idrodinamica. Gli effetti di tutto cio’ non sono ben noti, ma riguardano essenzialmente il trasporto di inquinanti e la concentrazione di specie marine aliene, anche se l’estensione del fenomeno non è nota” I sacchetti di plastica in Italia sono in produzione nel mondo sin dal 1957, in quantità incredibili (circa 5.000 miliardi di buste di plastica l’anno). L'Italia ha il record nei consumi delle buste di plastica, con oltre il 25% del totale dei sacchetti consumati nell'Unione Europea, corrispondenti a 260.000 tonnellate di plastica (poco meno di 400 sacchetti di plastica a testa, a fronte di una media europea pro capite di circa 130). Dal primo gennaio di quest’anno finalmente in Italia sono stati vietati e rinunciare ad utilizzali comporterà la modifica di alcune nostre abitudini, speriamo che gli effetti si possano vedere presto. Dispiace invece, ritornando all’Isola d’Elba, essere costretti a riempire le nostre case di bottiglie di plastica con l’acquisto di acqua potabile per l’uso giornaliero, e non poter bere e cucinare con l’acqua del rubinetto, come le recenti campagne regionali sull’acqua pubblica ci inviterebbero a fare.
plastica in mare