All'inizio del nuovo anno, dopo l'approvazione sotto silenzio della manovra finanziaria, assieme alle altre misure decise nel corso degli anni da questo Governo, si fanno i conti e possiamo dire che non solo il Governo “ha messo le mani nelle tasche degli italiani” ma che ormai gli italiani le tasche ce le hanno sfondate. Sono le amare parole di Alfio Savini, segretario generale dello Spi Cgil della Toscana che elenca gli effetti della manovra finanziaria nella vita quotidiana degli italiani e dei toscani e stila un primo bilancio all'inizio del nuovo anno. La manovra finanziaria per il 2011 cancella definitivamente il Fondo Nazionale per la non autosufficienza. Azzerati in un colpo solo i 400 milioni di euro – dice Savini - che faticosamente eravamo riusciti a difendere negli anni scorsi e che erano finalizzati a venire incontro ai drammatici bisogni di oltre 2,6 milioni di persone in Italia e a decine di migliaia in Toscana. La sopravvivenza oggi di queste persone è affidata, oltre che all'amore dei propri cari, solo all’azione delle Regioni come la nostra e dei Comuni che nonostante i tagli operati dal Governo nei trasferimenti delle risorse, garantiranno gli stessi impegni del 2010 anche per il 2011. I tagli riducono drasticamente il finanziamento al fondo per le politiche per la famiglia, passando da 346,5 milioni del 2008 a 186 per il 2009 e 2010, ai 52,5 nel 2011; stesso trattamento per il fondo affitti, naturalmente destinato alle persone più povere, che passa dai 205 milioni del 2008 ai 33 milioni di quest’anno; drastica riduzione del fondo per le politiche giovanili ridotto per il 2011 a 13,4 milioni, rispetto ai 137 del 2008. Che fine ha fatto la Social Card? “Ha fatto flop - spiega Savini - nelle intenzioni doveva essere destinata a 1,3 milioni di cittadini, ma alla fine ne hanno beneficiato solo 450 mila. E per il 2011 anche questa è stata cancellata”. “Ironizzando viene da dire - conclude il Segretario - che questo è sì il “governo del fare” ma per sé e per i furbi, non certo per chi vive del proprio onesto lavoro o della pensione, e nemmeno per chi legittimamente rivendica una prospettiva certa e dignitosa di futuro.
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