“Nihil venenum sed omnia venenum est” potrebbe ricordarci qualche noto latinista isolano di cui non facciamo il nome se non fosse assente temporaneamente dalle scene elbane per starsene nobilmente a culo in guazzo del risonante tropicale mar lungo la riva: “niente è veleno ma e tutto è veleno” dipende sempre dalle dosi: mezzo grammo di acido acetilsalicilico (volgarmente aspirina) ti fa passare il mal di testa e ti abbassa la febbre, 10 grammi ti sfondano lo stomaco, 100 forse ti mandano al Creatore. Ci sono stati dei periodi in cui dai nostri rubinetti a furia di ciucciare acqua dalle falde ferajesi dell’Orti e da quelle lungonesi di Mola veniva (quando veniva) acqua così salmastra che si sarebbero potuti impiantare allevamenti domestici di muggini (cefali per i milanesi) nelle vasche da bagno e pochi protestavano, solo i bardi goliardi cantavano: “dalla pompa rugginosa - esce un fil d’acqua motosa (laddove motosa era certo un eufemismo per molto più maleodorante termine) fino al drammatico acme: “la mattina se ci alzamo – senza l’acqua ci trovamo – e le cispie ingrossano!” Orbene la salute pubblica è una cosa seria ed essere cauti è cosa che fa onore a chi amministra ma come si fa a “sconsigliate a tutti (ogni) uso dell’acqua di condotta”?: Che si fa d’ora in poi: cuciniamo i maccheroni nell’acqua Perrier? Facciamo i gargarismi coll’anzonaca? Ci asteniamo da lavarci finché a naso non si distinguerà più un elbano da un becco o da un cinghiale? E i più disperati tra di noi sceglieranno la via del suicidio all’arsenico facendosi un ininterrotto bidet?
rubinetto acqua