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Merluzzo: un pesce che ha cambiato il mondo

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : giovedì, 06 gennaio 2011

E’ questo il titolo suggestivo di un libro di Mark Kurlansky, purtroppo introvabile in Italia. In un’epoca in cui l’uomo ancora sfidava il mare a braccio di ferro e non con la potenza e gli accorgimenti della tecnologia avanzata, la pesca del merluzzo ha spinto alla scoperta di nuovi territori nel Nord Atlantico, ha permesso la nascita degli USA, ha sicuramente determinato un incremento demografico e ha causato anche tre guerre. Erano tempi in cui bastava allungare le reti per pescare di più e il mare era molto generoso. L’avvento della pesca industriale con l’uso delle tecnologie sofisticate ha determinato in modo repentino e irreversibile l’impoverimento di questa risorsa alimentare sia in termini quantitativi assoluti che nelle dimensioni, causando il tracollo economico di molte compagnie canadesi. Il merluzzo è stata la riserva di proteine a basso costo dell’Europa dal 1500 al 1700. Per secoli il merluzzo è stato pescato in maniera tradizionale con le lenze a fondo: qualunque altro sistema (reti, palamiti, etc) sarebbe stato impraticabile, visto il numero di imbarcazioni a pesca sui Banchi contemporaneamente. Gli stock di pesca tradizionali erano distribuiti nel Mare del Nord, al largo dell’Islanda ma soprattutto sui banchi di Terranova al largo del Canada, dove erano cosi’ abbondanti da “rendere perfino difficile remare ed avanzare attraverso di essi”, come riportavano i pescatori nel 1600, e dove, come scriveva Giovanni Caboto nel 1497, “venivano pescati grazie a dei cesti aperti calati in acqua e poi semplicemente sollevati”. Una volta pescato, il pesce veniva portato a terra ed essiccato, oppure salato a bordo ed essiccato una volta raggiunta la terra ferma e queste tecniche lo rendevano conservabile per anni, perché povero di grassi si deteriorava con meno facilità di altri cibi. In prossimità dei porti di partenza crescevano a perdita d’occhio i campi di essiccazione del pesce, cosi’ i precari rifugi costieri per le imbarcazioni, durante le campagne di pesca, si trasformavano in vere e proprie cittadine e poi in insediamenti stabili lungo tutta la costa dal New England fino al Canada. Possiamo tranquillamente affermare che, grazie alle scorte di merluzzo, i Vichinghi, più di cinquecento anni prima di Colombo, hanno potuto intraprendere le loro lunghe spedizioni nel Nuovo Mondo alla scoperta della Groenlandia e di Terranova. I Padri Pellegrini inglesi, fondatori del primo insediamento che diede origine agli attuali Stati Uniti d’America, sbarcarono nel 1620 sulle coste del Massachussetts, dopo il primo micidiale inverno che ne uccise il 47% di fame e malattie, riuscirono a sopravvivere mangiando merluzzo. E’ stato il merluzzo che ha fornito le proteine per alimentare le decine di migliaia di schiavi impiegati nel lavoro di coltivazione nelle piantagioni di canna da zucchero e nelle miniere dell’America Centrale e Meridionale, fino all’abolizione della schiavitù a cavallo tra il ‘700 e l‘800. Negli anni 1950-’70 l’Islanda ha fatto guerra alla Gran Bretagna per tre volte (appunto le tre Guerre del Merluzzo) per impedire che gli inglesi invadessero le sue zone di pesca e ha raggiunto lo scopo solo quando ha minacciato la sua uscita dalla NATO e la chiusura della più grossa base antisommergibili sul suo territorio, lasciando quindi aperta, in piena Guerra Fredda, la porta dell’Atlantico ai sommergibili nucleari sovietici, se la Gran Bretagna non avesse ritirato la flotta da pesca dalle sue acque. Per anni la pesca sui Banchi di Terranova (lo stock Nord Atlantico piu’ ricco di tutti), è stata condivisa con Baschi, Portoghesi, Spagnoli, Inglesi e Francesi. Lo sviluppo della pesca industriale e delle navi fattoria ha completamente cambiato la scala e la prospettiva in modo drammatico. Nel 1951 fece la sua comparsa il “Fairtry”: un “factory trawler”, cioè una nave da pesca industriale, lunga quasi 100 metri e con una stazza di quasi 3.000 tonnellate, una imbarcazione da molti milioni di dollari in grado di pescare enormi quantità di pesce tramite la sua rete a strascico con la circonferenza di centinaia di metri. Il pesce pescato veniva immediatamente congelato e confezionato a bordo. La nave era inoltre dotata di tutti i piu’ sofisticati mezzi di ricerca (sonar ed ecoscandagli, profilatori della colonna d’acqua, radar e sistemi di navigazione assistita, etc) per l’individuazione dei banchi di pesce. Al Fairtry seguirono molti altri, con dimensioni che raggiunsero le 8,000 tonnellate e che portarono il prelievo alla punta massima di 810,000 tonnellate nel 1968, circa il triplo di quanto mai pescato in qualunque anno prima dell’arrivo del Fairtry. Ma il colpo di grazia alla popolazione di merluzzi del Nord Atlantico lo diede il Canada nel 1977 quando espulse dai Banchi tutte le flotte straniere, estendendo la sua Zona Economica Esclusiva fino a 200 miglia dalla costa e investendo in una sua flotta nazionale di factory trawlers! Lo shock arrivo nel 1988, quando la quantità del pescato si ridusse del 60%. Fu introdotto un sistema di quote, fissando il limite del prelievo a 190.000 tonnellate l’anno, ma i pescatori riuscirono a pescarne solo 120.000. Gli impianti e le compagnie cominciarono a fallire ed a chiudere, 2.000 persone rimasero senza lavoro ed il Canada spese oltre 500 milioni di dollari per assistenza all’emergenza sociale e in sussidi. Fu organizzato un programma di ricognizione delle popolazioni, ma quando, nel 1992, i risultati furono resi pubblici ci si rese conto della gravità del disastro: la popolazione del merluzzo del Nord Atlantico si era ridotta all‘1,1% di quella dei primi anni ’60. Non c’era neanche pesce a sufficienza per l’alimentazione dei pescatori e delle comunità locali di pesca. Inoltre gli esemplari si erano ridotti nelle dimensioni, da esemplari che arrivavano fino a 40-50kg a quelli che vediamo oggi nei nostri mercati. Così, nel 1992, il Governo Canadese si decise a chiudere definitivamente i Grand Banks di Terranova alla pesca, fino a quando le popolazioni di merluzzo e le sue dimensioni non si fossero ristabilite. Oggi, nel 2010, ciò non è ancora avvenuto, e probabilmente non avverrà mai più. La storia di questo pesce attraverso i secoli e le ragioni della sua fine ci devono far riflettere: il mare non è una dispensa infinita ( e neanche una pattumiera infinita....ma questa è un’altra storia) e oggi la pressione di pesca non è più sopportabile per una serie di specie marine che credevamo inesauribili Quasi tutte le specie di pesca soggette a pesca industriale intensiva sono vicine al punto del collasso, raggiunto il quale non è piu’ possibile ritornare indietro, come il nostro Tonno Rosso, oramai vicino all’estinzione. Una riflessione del genere è ancora più importante per il nostro Mar Mediterraneo, che per le sue delicate caratteristiche di mare chiuso e molto frequentato è ancora più esposto all’impoverimento. Si può fare ancora qualcosa?


merluzzo pesce

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