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Storia dell'Isola d'Elba: Appunti sul commercio del ferro del XV° e XVI° secolo

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : lunedì, 20 dicembre 2010

E’ noto che importanti documenti medioevali riguardanti l’isola e il suo ferro sono conservati, fra l’altro, nell’Archivio di Stato di Lucca. Vi si legge di intensi rapporti diplomatici e commerciali che si stabilirono fra l’Elba e Lucca nel primo trentennio del XV secolo, quando dell’isola erano Signori gli Appiano e sulla città toscana governava con equilibrio Paolo Guinigi. Di particolare interesse è una lettera inviata il 30 aprile 1413 dal Signore di Lucca a Donna Paola Colonna per la sollecita estrazione della vena di ferro di cui era comproprietario. Altre testimonianze del 1478 e del 1481 ci dicono di carichi di ferro (grezzo o semilavorato) che, sbarcato alla foce del Serchio, a Viareggio e alla Marina di Pietrasanta, furono smistati verso le ferriere di Trassilico, di Pescaglia e dell’intera Lucchesia. Oggi arriva da Barga un altro tassello di rilievo per la ricostruzione dello straordinario mosaico dell’antica storia metallurgica elbana. Nell’alveo del torrente Corsonna sono stati trovati i ruderi di un edificio costruito a bozze di pietra, che è stato usato in tempi più recenti come vasca per trote ma che, in origine, era un vero e proprio altoforno. La scoperta è dovuta a Emilio Lammari, un appassionato di storia che, dopo aver individuato il rudere in mezzo alla boscaglia, ha proseguito la sua ricerca utilizzando un corretto iter metodologico. Dapprima, vagliando i ricordi dei più anziani, ha accertato che la località in antico veniva denominata “La Ferriera”; poi ha cercato all’interno del manufatto scoprendo uno strato vetrificato a causa del calore che si sviluppava all’interno; infine presso l’Archivio di Stato di Firenze ha trovato un documento datato 1583 che confermava le sue supposizioni: si trattava proprio della “ fabbrica della ferriera posta nella bandita della Corsonna, sul fiume delle trote … di Giulio e Jacopo Angeli di Barga”, una delle poche a possedere l’autorizzazione per produrre chiodi di ferro adatti per costruzioni navali. Il documento, prodigo anche di altri dati, definisce la struttura come un altoforno cosiddetto “alla bresciana” perché è proprio nella città lombarda che furono inventate strutture di questo tipo, capaci di portare ad oltre 1500 gradi la temperatura per la riduzione del minerale di ferro. E quest’ultimo - cosa che a noi interessa di più - veniva estratto dalle miniere elbane. Il documento fiorentino e il ritrovamento borghigiano costituiscono un’apprezzabile conferma all’ ipotesi secondo la quale le imponenti torri cinquecentesche di Marciana Marina e Marina di Campo avrebbero associato ai tradizionali compiti di avvistamento e di segnalazione del nemico anche la funzione di controllo dei piccoli e numerosi distretti industriali per la lavorazione del ferro, i quali nel periodo tardorinascimentale e nel Seicento punteggiavano in particolare le vallate del Capanne. Resti di forni e scorie provenienti dai ‘fabbrichili’ sparsi nel marcianese, giustamente datati da Silvestre Ferruzzi fra XVI e XVII secolo, sono esposti nell’utilissimo micromuseo di Poggio, da lui ben allestito e gestito.


elba da monte perone zecchini

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