Abbiamo sempre avuto la vocazione della minoranza, già eravamo in minoranza durante la minore età, nelle lunghissime discussioni che sostenevamo da adolescenti in estate alla Bussola delle Ghiaie in una "compagnia" mista (qualche ferajese stanziale ma più numerosi i villeggianti long-during dell'epoca, quelli che avevano parenti o radici qui e all'isola ci stavano per tutte le vacanze scolastiche o quasi). Correvano da poco gli anni '60, Berlusconi dotato di ciuffo ancora naturale ammanniva le sue pisciosissime canzoni al Kon Tiki, ed essere di sinistra non era ancora di moda, men che mai nella sonnacchiosa elba stradominata dai preti e dalla DC. Dicevamo delle infinite discussioni "politiche" intramezzate dalle prime canzoni dei Beatles (anche se personalmente preferivamo gli "Stones") suonate dal Juke-Box Wurlitzer "modificato" dal genio proto-elettronico di Mauro Della Santina, nelle quali eravamo soli a dichiararci "comunisti", e quindi spesso costretti a fronteggiare attacchi concentrici. Tra i nostri antagonisti c'erano pure delle belle teste: Luciano Giannini (che allora navigava dalle parti della DC), Mario Preziosi (che si professava "liberale") Pietro Angiolella (libero pensatore, laico scettico-blu) ed altri tra i quali c'era pure Adalberto Bertucci (non l'omonimo ex-assessore ferajese ma il suo più maturo cugino, che risiedeva in inverno a Roma col padre Oreste pur avendo casa all'Elba). Teoricamente dichiarandosi il medesimo Adalberto missino o "fascista" ed essendo uso a sciorinare tutto il repertorio di quelli che allora si chiamavano "nostalgici", sarebbe dovuto essere il più feroce dei nostri antagonisti, in realtà vuoi perché al di là delle trucibalde affermazioni Adalberto era un bonaccione, vuoi perché... insomma non era proprio un'aquila nel sostenere le sue sgangherate idee non ci preoccupava minimamente nelle contese. Negli oltre quaranta annetti seguiti all'ultimo di quei pomeriggi abbiamo rivisto Adalberto tre o quattro volte ed almeno una volta ci aveva appena accennato ad una sua sfolgorante carriera politico-sociale che però avevamo preso un po' sottogamba, pensavamo che ci marciasse un po'. Ieri sera abbiamo scoperto che era tutto vero, e che il nostro impacciatissimo antagonista nelle discussioni giovanili era diventato un super-ultra-mega-stra-top manager, nientemeno che l'Amministratore Delegato dell'ATAC l'azienda con 11.000 dipendenti che gestisce i trasporti pubblici a Roma (esticazzi!) con uno stipendiuccio integrato da una consulenza per la stessa ATAC (360 milioni di debiti) Ma non facevamo in tempo a rallegrarci che un nostro concittadino o semiconcittadino fosse così in alto giunto che lo scoprivamo impaniato (almeno a quanto dicono quei comunistacci di repubblica e soci) in una "parentopoli capitolina" collegata alla vicenda dell'assunzione di qualche dipendente (una sciocchezza: ottocentocinquantatré aspiranti ferrotramvieri da scrivania + una cubista da sopra la scrivania) senza concorso. E scoprivamo pure che l'Adalberto nostro (che professa la sua candida estraneità alle allegre assunzioni) era già stato fatto fuori da Alemanno, (mantenendo - ariesticazzi - solo una consulenza per euro 219.000 annue?). Da notare che Bertucci di Alemanno si dichiarava seguace, anche se da altre fonti veniva dichiarato finiano (deh, sarà mica che continua ad essere confuso come da bimbo?) A quel punto siamo stati presi dal rimorso, chissà - ci siamo detti - se in quel tempo lontano lo avessimo considerato di più, se ci fossimo maggiormente applicati nel fargli capire che la politica non era proprio il suo sport, magari oggi l'ATAC se la passerebbe un po' meglio. (la foto che correda questo pezzo non è quella di Bertucci, ma ritrae la cubista Giulia Pellegrino assunta dall'ATAC per chiamata - o dovremmo usare la più rispettosa espressione "per chiara fama"? - per le sue evidentissime competenze ferrotramviarie)
Giulia Pellegrino