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A sciambere del sonno e della pietà

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : giovedì, 25 novembre 2010

Una delle maniere in cui molti depressi combattono la loro (per alcuni terribile) malattia è il sonno, il cercare di dormire per un numero abnorme di ore rifugiandosi in una temporanea non-coscienza per evitare il dolore della coscienza. E’ un rimedio falso ed illusorio perché il sonno non cancella le angosce si ripresentano al risveglio, è un fuggire i problemi, certo, ma quante volte ciascuno di noi si è detto “Vorrei addormentarmi e svegliarmi quando tutto ciò sarà passato”? Ma facciamo un passo indietro, parliamo apparentemente di altro, parliamo di una nostra carissima amica, una signora conosciuta addirittura quando eravamo entrambi adolescenti, che abita lontano da qui, e con la quale per tutta la vita abbiamo scambiato idee in rari incontri, più frequenti lettere e poi telefonate nei quali ci mettevamo a vicenda al corrente di due vite che scorrevano ma anche del contesto in cui si srotolavano i due film: lo stesso, l’Italia degli annni “60 e poi “70 fino ai giorni nostri. Parliamo di una signora profondamente colta e di buon gusto, onestissima, con un carattere schivo, rispettosa del prossimo e con un forte senso del dovere lavorativo e della legalità, convinta della necessità di vivere in una società attenta ai bisogni dei suoi componenti, in primo luogo dei suoi meno fortunati. Con questi presupposti, per come era, la nostra amica non poteva che finire per detestare e considerare uno spregevole personaggio, il sempre più torvo autocrate a cui gli italiani hanno messo in mano per quasi un ventennio i loro destini, il suo esatto rovescio a guardare bene. Bene, conoscendo quanta avversione ella avesse per il declinante sultano, ci ha un po’ sorpreso qualche settimana fa quando ha ci detto “ .. ormai non si può più odiare, mi fa pena..” che sulle prime non sentivamo di condividere. Poi però mano mano che passavano i giorni e cominciava a maturare l’evidenza della tragedia di un uomo ridicolo, finalmente avvertito come tale dalla stessa gente che si era fatta infinocchiare dalle sue artefatte apparenze, dalle sue promesse, dalle bugie reiterate sue e dei suoi servi, man mano che si svelavano le “pellanciche” morali del signor B., anche noi siamo stati catturati dalla pietà della nostra amica; non c’è nessuna nobiltà d’animo nell’accanirsi contro uno che ormai è politicamente un “dead man walking”, un morto che cammina” . Per questo alla rabbia è seguita la nausea, alla determinazione di contrastare una filosofia di vita inconcepibile, una noia profonda, al disprezzo la compassione. E, tornando da dove eravamo partiti, per questo e perché ci venissero risparmiati gli ultimi giorni di Pompei, per evitare di essere testimoni (dopo esserlo stati della arroganza del potere) anche della putrescenza del potere, abbiamo pensato che sarebbe stato meglio addormentarsi e svegliarsi nel dopo, quando si sarà placata la fame dei “fedeli” dei cani da guardia che si trasformeranno in sciacalli e divoreranno le carni del vinto padrone, dopo che si sarà esaurita la corsa in soccorso di chi vince. Ma così come siamo convinti che il Re sia nudo per tutti o quasi, che il Re è finito, bollito, non siamo affatto certi che ci risveglieremmo in un paese finalmente normale. In che direzione vada la storia è piuttosto facile da capirsi, sono i tempi in cui ci va, che sono più difficili da calcolare.


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