Proviamo, se è possibile, a ragionare. Dopo un'estate di polemiche e di scontri, anche aspri, gli otto sindaci riescono finalmente a sedersi allo stesso tavolo con la lodevole intenzione di trovare un accordo. Ci sono problemi che dividono, altri su cui convergere. Accantonati i primi (si pensi al comune unico o, più in generale, al modello di sviluppo), si tratta di confrontarsi sui secondi per delineare un insieme di proposte da sottoporre alla Regione o da rivendicare a livello nazionale. Sanità e sociale, scuola , formazione, trasporti, energia, acqua, il territorio e l'ambiente, le infrastrutture, i beni culturali, turismo e agricoltura: su tutto questo ed altro si decide il presente e il futuro dell'isola. Si traccia un'agenda, prossimo incontro da dedicare ai rifiuti, si concorda sulla necessità di chiedere al più presto un incontro con la Regione e di chiudere, nel frattempo, la partita dell'Unione, salvandola e rimotivandola con nuove e più estese funzioni. La necessità della presenza di un ente comprensoriale pare ormai condivisa da tutti, salvo approfondire ancora alcuni aspetti d'ordine economico e strutturale. Prima che l'Elba vada in Regione, è la Regione che viene all'Elba. Ascolta comuni, categorie, partiti e poi fa alcune proposte: un accordo di programma tra Regione, Provincia, Comuni elbani e Unione dei Comuni, in cui ci si impegni ad affrontare e risolvere tutte le questioni che riguardano l'Isola, qualcosa di più di un protocollo, un progetto da discutere e definire entro due o tre mesi. Per questo la Regione accoglie la richiesta di istituire uno sportello istituzionale riservato solo alle problematiche dell'Arcipelago e garantisce fin d'ora risorse finanziarie adeguate. L'auspicio è quello di assegnare il governo dell'Isola ad un comune unico, ma spetterà agli elbani deciderlo, se e quando lo vorranno, ricorrendo allo strumento referendario. Nessun ricatto, nessuna imposizione, un discorso chiaro e onesto che i comuni hanno il dovere di valutare con senso di responsabilità, senza perdere ulteriore tempo e evitando di introdurre elementi conflittuali che non portano alcun beneficio all'Elba e all'Arcipelago. Parlare di “colonialismo regionale” e di “elemosine”, come fa l'on. Bosi, mi pare veramente fuori luogo, una forzatura polemica che rischia di riportare indietro l'orologio del confronto istituzionale che pareva positivamente avviato. E a Ciumei vorrei dire che l'Unione, quella che oggi vogliamo rimettere in piedi, potrà essere “l'anticamera del comune unico” solo a condizioni che gli elbani lo vogliano, domani, attraverso un voto popolare e non certo per un editto granducale. Si ritorni, dunque, a ragionare, non buttiamo a mare ciò che di buono e con fatica abbiamo cominciato a costruire e dimostriamo, una volta tanto, di avere idee e capacità per rappresentare unitariamente gli interessi delle nostre popolazioni.
danilo alessi al telefonino