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A Sciambere di Pompei e dei Fratelli dell'Elba

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : giovedì, 11 novembre 2010

Apprendo stamani che un fresco governatore regionale legaiolo, con l'attenuante generica di essere nel pieno di uno sconquasso (quello alluvionale veneto) ed una infinità di aggravanti tra le quali quella di essere un ex-ministro della Repubblica Italiana ha detto: "Ma cosa stanno a mandare miliardi per quei quattro sassi di Pompei, quei soldi li devovono dare a noi!" QUATTRO SASSI? Se qualcuno voleva avere la riprova dei danni compiuti da Trombolo e dalla sua banda: "tel chi" come direbbero in padania longobarda celtica, guardate cosa si è sdoganato nella nostra povera Patria. Siamo al rovesciamento completo dei valori da "la cultura al potere" a "l'ignoranza, l'orgoglio di essere zotici, al potere" siamo a domandarci se il male minore è ritrovarsi qualche zoccoletta da festino eletta tra gli eletti per "chiara fama" o il bossiano Trota tribocciato alla maturità remunerato profumatamente (coi soldi nostri) poiché ugualmente "eletto". Mi viene in mente (con parecchia nostalgia) un tempo nel quale stavo in un partito dove dovevi stare attento ad indulgere anche un poco in atteggiamenti localistici perché ti potevi beccare l'insultante qualifica di "Internazionalista fino alla porta della sezione ...". Archiviato quel partito ma archiviato (storicamente non manca molto) anche il berlusconismo, ci si renderà conto che il vero dramma dei tempi nostri, quello che ci rende ultimi degli ultimi in Europa, è l'egoismo fatto sistema è il campanilismo becero, che è funzionale solo al governo dei peggiori, è la tontocrazia che si alterna (come dice Guzzanti padre) alla mignottocrazia, è il multimpero delle mezze-seghe che hanno bisogno delle divisioni, che possono emergere solo in regime di bassa o non-concorrenza come capi-pollaio o capi-condominio. Ma sarebbe inesatto pensare che la linea gotica, l'abitare in terra di Toscana Rosée, ci separi e preservi da una tale sozzura: il "legaiolismo" come un riflesso dei peggiori, meno solidaristici, meno giusti (mi verrebbe da scrivere anche meno cristiani) istinti umani, è tra di noi presente, indipendentemente dall'esistere sullo scoglio di pittoreschi personaggi che si alternano a rappresentare tra di noi il partito con lo spadone. Non occorre dichiararsi fan del Senatur trotireplicato, per portare avanti la politica della divisione, del fomentare le "baruffe ghiozzotte" tra comune e comune, del parrocchiale rinchiuderci in tanti campi (anzi orticelli) di decentramento. Tutti più o meno conoscono le parole delle prime strofe di Fratelli d'Italia (che farà pure musicalmente pena ma ci rappresenta tutti) ma in realtà pochi sanno che l'inno "continua" con i versi: "noi fummo da secoli/ calpesti e derisi/ perché non siam popolo/ perché siam divisi" e se non bastasse: "Raccolgaci un'unica/ bandiera, una speme:/ di fonderci insieme/ già l'ora suonò". La qualità poetico-linguistica è quella che è, ma dei concetti espressi bisognerebbe avere memoria: tra i Fratelli d'Italia, ma anche tra i "Fratelli dell'Elba"


goffredo mameli

goffredo mameli