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A Sciambere linguistico-bellico

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : mercoledì, 20 ottobre 2010

Alcuni decenni or sono un cantautore geniale, Antoine, quello indifferente al lancio di pietre, cantava: “io dico quel che penso vi piaccia o no / ognuno si diverte come può”. Sulla scorta di tanta saggezza, mi allineo alla linea di non allineamento di “A sciambere” sulla questione del “Soft air” (“sport di squadra basato sulla simulazione militare, attività assimilata ad un gioco di ruolo che riproduce, tramite attrezzature apposite, azioni tattiche e strategiche di combattimento con repliche fedeli ad armi da fuoco in ambienti urbani o boschivi”), ma non riesco trascurare una “notizia” contenuta nell’“antefatto”: “Le peuple corse, à partir d’aujourd’hui, ouffrira asile et aide à tous les peuples opprimés de la terre…”. Perché, se è difficile immaginare esiti così rapidamente positivi di una lotta per l’indipendenza del Popolo Corso –il governo francese non risulta garbato negli interventi repressivi, come si vede in questi giorni e come si è visto qualche anno fa nella Banlieue parigina; e agli algerini per conquistare l’indipendenza (ed erano anche un po’ di più) ci vollero anni e una guerra sanguinosissima-, questa storia dell’asilo offerto “a tutti i popoli oppressi della terra” pare ancora più difficile, almeno se intende essere una promessa concreta. Infatti di popoli oppressi in giro ce n’è diversi –in Africa, in America latina, in Asia, e più in particolare nel Vicino Oriente, nell’Europa Orientale, anche nell’Europa Occidentale (Baschi, Catalani, Irlandesi, Italiani del Settentrione, i sedicenti Padani): ma basterebbero i Cinesi (1.335.000.000) o anche i Coreani del Nord (una ventina di milioni) a mettere seriamente in crisi la nobile e generosa Corsica, con i suoi 8.680 kmq e i suoi 262.000 abitanti. Quindi, oltre l’improbabile uso della lingua francese, mi pare si possa rilevare anche una sopravalutazione della capacità di accoglienza dell’Isola. Ma tant’è: “io dico quel che penso vi piaccia o no / ognuno si diverte come può”. Certo questa “piccola storia” non meriterebbe nemmeno “due parole su un giornale”, se non costituisse un esempio utile per capire uno dei problemi maggiori che il nostro tempo e la nostra società si trovano davanti, e che è all’attenzione di personalità aduse a divertirsi in modo molto diverso nella loro vita e nel loro impegno. Il problema è quello dell’uso delle parole e del loro significato, ormai scivolati –insieme al “discorso”, inteso come espressione formalmente e contenutisticamente comunicativa- su un piano reso accettabile solo dalla provvisorietà dei contesti e dalla distrazione degli ascoltatori. E’ la lingua del talk show trasferita ai reality show e poi all’informazione di massa, divenuta lessico condiviso, cultura condivisa, etica condivisa. Non vado oltre, per non prendere troppo spazio. Rinvio piuttosto alla lettura dell’intervento di Gustavo Zagrebelsky al recente convegno fiorentino di Giustizia e Libertà (un estratto in http://www.libertaegiustizia.it/2010/10/14/la-neolingua-del-cavaliere/), e al libro di Gianrico Carofiglio, La manomissione delle parole, Milano 2010, Rizzoli; e il richiamo di entrambi gli autori alle Lezioni americane di Italo Calvino (1985) racconta di quanto grave e importante sia “la cura delle parole come pilastro dell’etica democratica”. Poi, ognuno si diverta come vuole. Luigi Totaro Caro Luigi Qualche anno fa quei rompicogioni di Legambiente compilando uno dei loro "dossier" scoprirono il grimaldello istituzionale con il quale si voleva far saltare la blindatura naturalistica di Cerboli. Trattavasi della trasformazione di quella microisola in temporaneo rifugio di emergenza (sic!) degli elbani e dei loro ospite in caso di loro evacuazione di massa dall'Elba, gestito dalla Protezione Civile. Era ovviamente una scusa per portare (a spese pubbliche) su Cerboli elettricità acqua, realizzare un grazioso approdo un comodo eliporto ed una torre che per qualche anno sarebbe servita per osservare i cetacei, prima di essere destinata con l'isoletta tutta ad altri meno scientifici scopi. E quanto la scusa della protezione civile fosse una incommensurabile stronzata bastò un lapis un pezzo di carta ed un elementare calcolo a dimostrarlo, visto che i potenziali sfollati avrebbero avuto a disposizione mq 0,80 ciascuno di Cerboli. Bene con le cifre che ci proponi a confronto con i potenziali profughi in Corsica i gallittiani rifugiati appollaiati a Cerboli potevano pensare di avere a disposizione delle praterie. Ciò premesso grazie per il darci l'occasione per tornare a ricordare una poco gloriosa vicenda del recente passato ed a spiegare a chi non l'avesse capito che De Gregori cantando "la guerra è bella anche se fa male" lo diceva con ironia. La guerra fa schifo, la guerra vera è sempre dolore, ingiustizia, merda e sangue e non c'è nessun gioco alla guerra che la emendi, che la renda moralmente più accettabile.


Totaro media

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