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Paesaggio (e non solo) alla Normale

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : lunedì, 11 ottobre 2010

L’incontro promosso dalla provincia di Pisa alla scuola Normale sul paesaggio ha confermato chiaramente che qui si gioca oggi sul piano nazionale ma anche in Toscana una partita decisiva per il governo del territorio. E vedremo subito però che questa stretta connessione con una politica finalmente di ‘pianificazione’ nazionale, non è affatto scontata e non lo è stata, infatti, neppure lì. Una volta tanto i profìli istituzionali affidati agli amministratori locali e all’assessore regionale Marson si sono felicemente incrociati con quelli culturali ed anche storici affidati in particolare alle relazioni autorevoli di Salvatore Settis e Vezio de Lucia. Un buon avvio pisano e toscano di cui c’era bisogno visto che i problemi sono molti e pure le difficoltà che rendono talvolta non facile neppure i confronto. Che il consumo del territorio costituisca ormai un avanzante pericolo senza escludere del tutto neppure la Toscana è emerso con incontestabile chiarezza. Il cemento avanza e le resistenze –quando ci sono -sono del tutto inadeguate. Già l’analisi sulle responsabilità però è meno scontata come è stato subito chiaro quando la si è addebitata – anche per la Toscana- in larga misura alle regioni ed enti locali che contesterebbero alla stato una competenza che fortunatamente il nuovo Codice dei beni culturali avrebbe felicemente ripristinato. Competenza su cui incombe però lo ‘sgangherato’ nuovo titolo V della Cosituzione –così definito da Settis- che però non ha ricordato che esso prevede ìl ‘governo del territorio’ inteso come ‘leale collaborazione istituzionale’ o se si preferisce cooperazione e concorso che non a nulla da spartire con il fasullo federalismo leghista e di cui e non certo per caso non vi è traccia alcuna in nessuno della sterminata serie di decreti e deleghe attualmente in discussione in non si sa in quante commissioni. Quando Galasso presentò il suo primo provvedimento sul paesaggio alla Camera dei Deputati fu interrotto per chiedergli cosa c’entrassero i fiumi con il paesaggio. Qualche anno dopo fu approvata la legge 183 sulla protezione del suolo e come si vide i fiumi c’entravano eccome. Non molti anni dopo quando Cervellati presento il piano del parco di Migliarino, San Rossore gli fu chiesto cosa c’entrasse il paesaggio con l’ambiente e la natura. Qualche anno dopo la legge 394 previde che i piani dei parchi riguardassero anche il paesaggio. Con questi due passaggi non furono soltanto previsti i piani di bacino e dei parchi che dimensionavano su una nuova scala l’intervento pubblico ritagliandolo non più sui confini amministrativi ma su quelli ambientali non rimandandoli più esclusivamente alle aree verdi dei piani regolatori comunali. Fu così prevista per la prima volta anche un raccordo tra discipline diverse ossia quelle materie fino a quel momento gestite ( se gestite) separatamente per ‘settori’. In sostanza non cambiò solo la scala dell’intervento ma anche il contenuto. Poi le due leggi sono passate dalla sala operatoria della legge delega e i bacini sono stati mazzolati ( e si è visto con quali disastri anche paesaggistici) e ai parchi è stato sottratta la parte paesaggistica così ora in pratica ai due piani previsti dovrebbero aggiungerne un terzo sia pure in ‘copianificazione’ che nessuno finora ha visto funzionare. E’ difficile capire come ciò possa giovare a quel governo del territorio a cui pure dovremo finalmente puntare visto che è dal 2001 che è fermo al palo e abbiamo visto anche con quali conseguenze nefaste su tutte le politiche di pianificazione vecchia e nuova; da Ruffolo a Ciampi. Nel dibattito in particolare Vezio de Lucia ha invitato la Toscana sulla base di una recente proposta di Asor Rosa a giocare un ruolo nazionale anziché continuare a caratterizzarsi per la sua contestazione conflittuale con lo stato. La Toscana come ha riconosciuto l’assessore Marson ha sicuramente bisogno di rivedere alcune sue scelte normative e politiche a partire dal PIT compresa la parte paesaggistica. Ma deve farlo prendendo finalmente atto che la partita –anche sul paesaggio- non la si gioca interamente rivendendo procedure urbanistiche tra regioni, comuni e province. E’ singolare che nel dibattito nessuno abbia fatto riferimento ai bacini idrografici e ai parchi. Eppure mentre il PIT arzigogola su colline e cartoline paesaggistiche talvolta grottesche ignora che la regione ha approvato i piani di 2 parchi regionali e due nazionali ( il terzo è in itinere) che riguardano anche il paesaggio. Invece come per il piano casa si è stati i primi a togliere il nulla osta sul beni culturali ai parchi con effetti paralizzanti, esaltando proprio quella micro dimensione comunale che non ha né la visione né le competenze di un parco. D’altronde visto che come ha anticipato l’assessore Marson presto sarà messo mano alla legge del 2005 sarebbe bene che oltre alla lubrificazione delle procedure si togliessero dall’angolo i parchi e i loro piani dove furono collocati inspiegabilmente allora e che sono ancora in attesa di una ‘loro’ legge che l’assessore Bramerini si è impegnata a realizzare il prossimi anno. Se dunque la regione deve opportunamente ripensare ad un suo ruolo nazionale può e deve farlo ricordandosi che in quella Italia mediana di cui parla Asor Rosa, la nostra regione ebbe il merito di immettere con la regione gli enti locali nel governo del territorio nazionale. E’ di questo che oggi c’è di nuovo bisogno; immettere con i prg comunali e i piani territoriali di coordinamento provinciali e i nuovi strumenti di pianificazione della legge 183 e della 394 –non a caso barcocchiati dal governo- in una nuova pianificazione nazionale che non è ceto quella a cui puntano Bossi e Calderoli con la loro polenta alla vaccinara.


Scuola Superiore Normale Pisa

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