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Controcopertina:"General Abbatucci" e "Pollux": due relitti, due tesori, tanti misteri

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : martedì, 05 ottobre 2010

In giro per i mari del mondo ci sono gruppi organizzati che calano i loro strumenti (non sempre illegalmente) sui relitti tesorieri, arraffano ogni ben di dio a portata di benna e, infine, lo mettono all’asta. Tale operazione viene spesso chiamata ‘sauvetage’ con un morbido sostantivo francese che possiede un’estensione semantica più birichina e accattivante rispetto a ‘salvataggio’, l’equivalente termine italiano. Com’è noto, la fortuna di essere oggetto di uno scrupoloso ‘sauvetage’, iniziato nel febbraio 2000 e durato più di un mese, è toccata al Polluce ( o più esattamente “Pollux”, com’è scritto sulla campana di bordo), il quale, speronato dal Mongibello, se n’ era rimasto sul fondo del mare di Capoliveri per ben 159 anni (1841-2000), solo con il suo fiabesco tesoro. Poi, mediante una truffa da strapazzo, tanto ridicola nelle premesse (recupero di piombo a 103 metri di profondità) quanto esemplare nei risultati ( il bottino in oro, gioielli e pietre preziose fu ingentissimo), i sauveteurs/ razziatori portarono indisturbati il frutto del loro ‘lavoretto’ all’asta Dix Noonan Webb di Londra, forse brindando alla barba di chi, prima e durante e dopo, avrebbe dovuto vigilare. Nella speciale graduatoria dei ‘sauvetages’ l’Elba si classifica solamente al secondo posto: la priorità cronologica spetta di diritto alla Corsica, la cui costa nord-occidentale nel maggio 1996 è stata teatro di uno spettacolare recupero a 2660 metri di profondità. Ventiquattro miglia al largo della città di Calvi un team di ‘sauveteurs’ si è preso cura di un altro paquebot tesoriero, il “General Abbatucci” della compagnia Valery Frères & Fils, affondato in seguito a una collisione con la nave norvegese Edward Hwidt e poi negletto per 127 anni (1869-1996). La storia, drammatica e assai poco conosciuta, è fra le più classiche. Il 6 maggio 1869, alle ore 9, l’Abbatucci (282 tonnellate di stazza) parte da Marsiglia con destinazione Civitavecchia, celando nelle sue stive un sostanzioso malloppo (“several million French francs”, affermano i bene informati) destinato al Papa Pio IX. Inoltre si favoleggia che, insieme con parecchi gioielli e una montagna di monete d’oro (150 mila?), ci fosse addirittura un carico di lingotti d’oro per il Vaticano e per la difesa dell’Urbe. La vicenda si inquadra in un periodo convulso per i destini dell’Italia risorgimentale: di non molto precedente è l’ infruttuoso tentativo di prendere Roma da parte di Garibaldi (sconfitta di Mentana del 3 novembre 1867), di poco successiva è la breccia di Porta Pia (20 settembre 1870). Rintoccano le 2,30 del 7 maggio 1869. Tira un forte vento da SSW, il mare è grosso e piove fitto fitto. Il capitano dell’Abbatucci, Francesco Niccolai, lascia la cabina di comando inzuppato fino al midollo. Appena entrato nel suo alloggio, sente un boato che scuote la nave. Torna in coperta e vede che il brigantino Edward Hwidt, dopo aver aperto con la prua una profonda fenditura sulla fiancata prodiera di destra, si sta sfilando e si discosta a luci spente, senza preoccuparsi di prestare soccorso. Niccolai, d’istinto, tenta due manovre temerarie, accostando di poppa e permettendo ad alcune persone di trasbordare e di salvarsi. Ma il possente brick norvegese (500 tonnellate di stazza) si allontana di nuovo, di proposito. Le paratie stagne dell’Abbatucci tengono per un’ora e mezzo, ma alle 4 circa la nave imbarca un mare d’acqua e affonda in due minuti. I morti sono una cinquantina, ma sarebbero stati molti di più se in aiuto dei naufraghi non fosse sopraggiunto il tre alberi Embla, anch’esso battente bandiera norvegese. Il danneggiato Hwidt e i sopravvissuti, seminudi, vengono accompagnati nel porto di Livorno. Il resoconto di questo autentico dramma del mare viene riportato perfino sul giornale londinese “The Times” del 13 maggio 1869. Quattro mesi dopo a Livorno si apre il processo che va fino in Cassazione (1870). I giudici sentenziano che la colpa del tremendo scontro è dell’Abbatucci, che non è riuscito a tenere la serrata. Ma ne esce con una condanna anche il capitano dell’Edward Hwidt, Jonas Jensens, perché non ha soccorso i superstiti. Poi un silenzio lunghissimo cala sull’Abbatucci, sul suo tesoro e sui suoi morti. Fino a quando, il 19 maggio 1996, dopo 32 giorni di ricerca in un’area di mille miglia quadrate, la compagnia inglese Blue Water Recoveries individua il relitto negli abissi delle acque di Calvi. Il sonar ne mostra la sagoma e l’équipe si appresta al recupero del ricco carico. Sulla tolda del rimorchiatore d’alto mare si riversano, in mezzo al fango, un numero imprecisato di importanti manufatti aurei: anelli, bracciali, catene, orecchini, spille, collane, croci, orologi . E inoltre vetri, porcellane, lingotti di rame, bronzi. E, soprattutto, tante monete d’oro: sterline della Regina Vittoria, venti franchi della Seconda Repubblica Francese e di Napoleone III, venti lire di Carlo Alberto di Savoia. L’anno dopo - per la precisione il 7 ottobre 1997 - i reperti approdano per la vendita presso la casa d’aste Christie’s di Londra e, come si dice, vengono dispersi fra numerosi acquirenti. Il finale, dunque, è molto amaro, almeno secondo il mio arcaico modo di vedere. Ma come si qualificano le vicende pregresse? Si tratta di tragica fatalità o di speronamento programmato? Di casualità o di servizi segreti all’opera? Allo stato attuale ogni risposta ha la stessa validità. Quel che sappiamo con certezza è che l’Abbatucci è presente in almeno due azioni pro Garibaldi. La prima è del 1859 ed è documentata da una lapide nella darsena medicea di Livorno dovuta a Targioni Tozzetti, mentre la seconda è in piena spedizione dei Mille: l’Abbatucci, guarda caso in rada a Catania, viene 'catturato' da Garibaldi per trasportare i suoi in Calabria. A mio avviso i numerosi interrogativi che avvolgono Polluce e Abbatucci rimarranno in gran parte irrisolti perché i ‘sauveteurs’, in entrambi i casi, hanno squartato scafi e attrezzature di bordo decontestualizzando suppellettili e carico. Così facendo, essi hanno distrutto per sempre le preziose pagine di storia risorgimentale che i due ‘paquebots’ racchiudevano.


ABBATUCCI relitto orecchini

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ABBATUCCI relitto moneta regina vittoria

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