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Caso "Carcere-San Giacomo" il dettaglio delle accuse del PM

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : giovedì, 16 settembre 2010

Dopo il vero e proprio shock della notizia dei 13 avvisi di garanzia notificati emergono dagli atti ulteriori particolari sulla vicenda del Carcere di Porto Azzurro e della Cooperativa San Giacomo che si occupa del reiserimento lavorativo dei detenuti in regime di semi-libertà. Per iniziare si è appreso che per tre di essi (l'Educatore Domenico Zottola, il Direttore Carlo Mazzerbo e l’assistente capo della penitenziaria Sergio Madonna) il p.m. Massimo Mannucci aveva chiesto l'applicazione si misure cautelari che il Giudice per le Indagini Preliminari Gianmarco Marinai ha però respinto. E si è appreso i inoltre di un clima di scontro esistente tra diverse componenti dell'Istituto che aveva condotto nel 2009 a denunche ed a visite ispettive del Provveditorato regionale della penitenziaria, fino all'esposto-denuncia presentato da un detenuto che era stato fino a poco tempo prima impegnato nella cooperativa. Sono state tre tranches dell'inchiesta seguite a far capo dai rapporti con il personale detenuto. Se si ipotizza su questo versante lo sfruttamento di 14 detenuti-lavoratori con le minacce di licenziamento o di revoca dei benefici di legge rispetto al regime detentivo per farli lavorare anche in condizioni di scarsa sicurezza e più del tempo previsto il PM formula anche l'ipotesi di concussione di Mazzerbo, Zottola, il socio lavoratore della cooperativa Nicola Paradiso, l’impiegato della San Giacomo Paolo Piga e di Madonna. Identica ipotesi di reato è poi formulata per lo Zottola che avrebbe ottenuto beni materiali da dall'indagato Paradiso in cambio della concessione della della semilibertà. Ed ancora il Madonna avrebbe abusato dei propri poteri per ottenere da un detenuto un computer e l’incasso della vendita di olio e frutta. Per Zottola il PM avanza l’ipotesi di appropriazione indebita perché avrebbe ottenuto da Paolo Piga risorse economiche destinate all’acquisto di prodotti elettronici. Sul versante dei corsi di formazione organizzati dalla San Giacomo c'e la contestazione di una cnon corrispondenza tra il monte ore liquidate ai docenti e quello delle ore di lezione effettivamente svolte per lo meno in alcuni casi. Ciò per il P.M. costituirebbe una truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche visto che per i corsi per la lavorazione del vetro e della ceramica e per la produzione editoriale rivolta ai disabili visivi destinati ai detenuti, la coperativa avrebbe ottenuto l'erogazione da parte di enti diversi cer oltre 100.000 euro complessivi. I convolti in questo filone delle indagini nello loro vesti di di docenti e tutor dei corsi sono Michelangelo Meola, Elena Pascale, Paolo Talucci, Vincenzo Camaretta, Riccardo Rebua, e Claudia Lorenzini. C'è inoltre tra le vicende contestate la partita dei lavori edilizi gestiti dalla San Giacomo: di un reato ambientale si fa carico anche al professionista elbano, Alessandro Bigio, per aver scaricato ed interrato in un'area privata di Porto Azzurro materiali nocivi provenienti da un cantiere edile, mentre sussite anche una contestazione dell'assegnazione dei lavori di disboscamento a Pianosa, relativi a una gara del Parco dell’Arcipelago nell’ambito del progetto Life-Natura, che il PM ha deffinito irregolare, poiche poichè avvenuta dopo l'esame di un profetto che riportava la firma, contraffatta, dell’allora presidente della cooperativa San Giacomo.


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