Per la tutela dell’ambiente e della legalità si può ancora essere assassinati ma si può ugualmente continuare a infischiarsene. Mentre si svolgeva, infatti, il funerale del sindaco ucciso abbiamo letto che il Parco regionale del Ticino –il primo parco regionale istituito in Italia sulla base di una petizione popolare che raccolse migliaia di firme- già senza direttore rischia addirittura la chiusura. Ora l’assessore regionale cerca di correre ai ripari convocando i parchi. Ma l’aria che tira è questa. E siamo in Lombardia in una di quelle regioni dove non ci stanca un giorno sì e l’altro pure di vantare un governo efficiente che i terroni si sognano. E non è la sola sconcertante notizia perché altri parchi regionali in regioni da poco governate dagli amici di Formigoni non se la passano meglio. Ai parchi nazionali ci pensa Tremonti agli altri i suoi amici. Per tutti insomma una situazione che non ha precedenti. Certo i guai non sono mai mancati ai parchi vecchi e nuovi ma ora si profila un futuro e neppure tanto lontano di crisi non solo finanziaria ma proprio di ruolo, di presenza, di soggetto istituzionale con compiti e finalità che mai come in questo momento appaiono –e sono- importantissimi se vogliamo girar pagina per uscire dalla crisi economica e ambientale che stiamo vivendo. Insomma si profila un approdo che è l’esatto contrario di quello che stanno facendo gli altri paesi europei ma anche gli Stati Uniti e molti altri paesi. E se non sorprende che chi come Calderoli che aveva previsto per legge l’abrogazione di tutti i parchi regionali ( a quelli nazionali ci pensa Tremonti) gli riservi questa cura tra ampolle del Po e polenta, sorprende invece che finora a questo scempio anche gli altri non mostrino di aver ben compreso cosa sta succedendo e i rischi che stiamo correndo. In tutti gli altri metto gli stessi parchi e anche quelle regioni ed enti locali che stanno dalla parte del sindaco assassinato. E’ vero questa estate la loro voce l’abbiamo sentita ma è troppo poco per quello che bolle in pentola. Vale anche per la Toscana dove pure e fortunatamente è ripreso il dibattito sulla programmazione regionale ma non ancora sulla nuova legge sui parchi che in lista d’attesa ormai da troppo tempo. Ed è tanto più allarmante tutto questo perché quello che sta accadendo nei bacini idrografici non è certo meno grave di quanto è in corso nei parchi. Se per questi si è proceduto senza tanto clamore a mazzolare la legge e le norme la stessa cosa è accaduta per la legge sul suolo dove dopo i tagli e i colpi dati alla legge 183 su piazza è rimasto fondamentalmente Bertolaso e la sua poco raccomandabile cricca. Davvero si pensa che dinanzi a disastri che distruggono paesi e territori e in cui si perde anche la vita possano bastare qualche titolo di giornale o interrogazione parlamentare? Quale mobilitazione politica e istituzionale ha seguito finora specie ma non soltanto al sud perché dove mancano i progetti si facciano e dove ci sono siano finalmente finanziati? In molte di queste realtà –vedi i Ticino manche il Po e altri fiumi e corsi d’acqua del sud i bacini e i parchi operano o dovrebbero operare congiuntamente e sono invece congiuntamente mazzolati e lasciati a bocca asciutta. Visto che tutti sono alla ricerca identitaria sui propri territori non si potrebbe cominciare anche da qui? O aspettiamo altri disastri?.
Bosco Tambone