Il dibattito attivato dal collega Bosi sulle seconde case ed in generale sul modello urbanistico merita qualche approfondimento. Tutti sanno che personalmente non condivido l’idea di una ulteriore proliferazione incontrollata delle seconde case, tant’è che nel regolamento urbanistico di Portoferraio i nuovi consumi di suolo, peraltro previsti in aree sostanzialmente già urbanizzate, sono consentiti per la realizzazione di prime case di cittadini residenti. D’altro canto non sono affatto convinto che l’Elba si troverebbe meglio se arrivassimo alla dimensione anagrafica di 50.000 abitanti, come auspicato da Bosi e Barbetti. Esempi di proliferazioni edilizie massicce, con rilevanti incrementi della popolazione in pochi anni, sono rilevabili in Toscana ed hanno particolarmente caratterizzato la piana fiorentina. Un esempio abbastanza eclatante è stato negli ultimi anni Campi Bisenzio. Al di là delle vicende giudiziarie, quel modello di sviluppo non ha portato buoni risultati, ha creato un territorio con infrastrutture deboli e con servizi insufficienti, tant’è che addirittura un sindaco ha dovuto dimettersi ed il piano strutturale è stato rivisto al ribasso. Se vogliamo guardare ad esempi elbani di crescita edilizia importante, si può pensare, negli ultimi decenni, allo sviluppo residenziale di Campo Elba e Capoliveri, o allo sviluppo sulla costa di Rio Elba, con anche un’ importante area residenziale in adiacenza al vecchio paese. Se si parametrano le migliaia di metri quadrati stesi sul territorio agli incrementi demografici modestissimi, ci si accorge che il cemento porta più danni che abitanti. Immaginiamo quali colate sarebbero necessarie per costruire un’Elba da cinquantamila abitanti, secondo questa modellistica! C’è poi un’altra questione, che rimane sottaciuta, ma che è essenziale. Se ben ricordo negli ultimi anni solo Portoferraio ha fatto una battaglia, vincendola, per dotarsi di un vero depuratore da 25.000 abitanti equivalenti, in grado di governare anche i flussi estivi. Come si pensa di far reggere un simile sviluppo dalla fatiscente rete della depurazione elbana? E come si reggerebbe un simile modello rapportato alla viabilità territoriale, già insufficiente per i flussi attuali? E dove si troverebbe l’acqua per approvvigionare una siffatta popolazione? In fisica, infine, esiste il problema della compatibilità dei solidi. Considerati i flussi turistici dell’alta stagionalità, appare evidente che le spiagge frequentabili dai bagnanti sono attualmente insufficienti a gestire i picchi agostani, anche perché sprovviste di un adeguato sistema di parcheggi per l’accoglienza turistica. A meno che –lo dico per paradosso- non inventiamo delle spiagge multipiano, dove metteremmo le persone? Vi è, infine, un ulteriore argomento da tenere presente. Il 50% dell’Isola è parco nazionale. Il restante 30% è sottoposto a vari vincoli di inedificabilità. Del rimanente 20% molta parte è già occupato da infrastrutture o aree abitate. Anche a voler immaginare una densificazione urbanistica modello Hong Kong, non riusciremmo comunque a costruire le case per reggere 50.000 abitanti. E poi, ammesso che fosse possibile, che Elba sarebbe? E che appeal avrebbe a livello turistico? Lancio allora otto idee alternative a questo modello, in larga parte già contenute negli strumenti urbanistici di Portoferraio o nelle varianti in corso ad essi: - sostegno vero ai bisogni di prima casa dei residenti, soprattutto con alloggi sociali (PEEP, alloggi a canone concordato), bloccando la proliferazione di seconde e terze case, che danneggiano l’economia turistica e rischiano di corrompere l’attuale qualità territoriale; - riqualificazione sul fronte dei servizi delle strutture ricettive, per allungare la stagionalità, ricordandosi che senza piscine riscaldate, talassoterapia e sale convegni il turismo in bassa stagione non si fa. Al tempo stesso, consentire nuove strutture alberghiere solo se nascono per recupero delle camere d’albergo perse per dismissioni e chiusure nel corso degli ultimi anni, o per comprovati bisogni territoriali; - utilizzo diffuso ed obbligatorio di solare termico e fotovoltaico per i nuovi insediamenti o per gli ampliamenti ed obbligatorietà della bioarchitettura per qualsiasi nuova costruzione ricettiva, con forti incentivi per chi la utilizza per le prime case; - rilancio dell’agricoltura dell’isola, anche e soprattutto per avere prodotti tipici ed a km. zero; - riuso dell’enorme patrimonio edilizio esistente e degradato, per limitare al massimo il consumo di nuovo suolo; - “new deal”, ma per le infrastrutture ed i servizi pubblici, oggi troppo carenti. Costa così tanto garantire la totale gratuità sul territorio del servizio bus? Molto importante sarebbe una piattaforma logistica elbana, che non facesse viaggiare sulle nostre strade tir vuoti, ma piccoli mezzi pieni; - creazione di un sistema della nautica di qualità, a basso impatto ambientale, per sostenere l’economia del mare; - predisposizione di norme locali per la difesa della costa e per un uso razionale delle aree a mare, anche attraverso un esperimento pilota di zonizzazione, di regolamentazione, cioè, con apposite norme comunali, degli usi del mare, con l’individuazione di un sistema elbano di oasi marine e campi boe eco-compatibili, che proteggano le calette ed i tratti di costa più belli. Queste sono le mie otto idee non per un’ Elba “grande”, ma per un’Elba coraggiosa, che sappia, anche culturalmente, guidare in Toscana i processi di innovazione.
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