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A Sciambere del salto a Roma

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : sabato, 21 agosto 2010

Un salto a Roma Mercoledì 18 agosto tarda mattinata. Mentre in tutte le spiagge dell’isola si celebrano i fasti dell’estate e per i ritardatari solo posti in piedi, quattro gatti, compreso il sottoscritto, in partenza dal porto per il continente, come dicono gli elbani, o per l’Italia come esclamano i turisti a corto di immaginazione. Semivuoto l’imponente garage, ponti e saloni semideserti. I 260 chilometri per Roma scorrevoli e senza traffico, scomparsi pure camion e tir. Se non ci fosse stato il limite di velocità, la capitale sarebbe stata a un tiro di schioppo. Aria di paese nella metropoli abbandonata dai suoi abitanti, una rarità le auto nelle strade, parcheggi liberi dappertutto persino sotto casa al colle Oppio a un passo dal Colosseo, e anche davanti al Palazzo della stampa, dove opero, e che, con i suoi cinque piani senza l’ombra di un impiegato, si affaccia sul Tevere di fronte a San Pietro. L’indomani, giovedì, in giro con la macchina invece del solito motorino nella città deserta che, di questi tempi, si popola soltanto la notte per le feste dell’Estate romana. Nella banca, senza clienti, quattro chiacchiere alla buona sul malfunzionamento degli istituti di credito. Curiosamente nell’ufficio postale, la solitaria impiegata mi rimanda indietro a prendere il numeretto per mettermi in una fila che non c’è. Nel tardo pomeriggio, a vedere la prima di un film nella più grande multisala della città, sicuramente con meno spettatori di uno dei cinema/arena all’aperto dell’isola d’Elba. Venerdi 20, con le dovute varianti, giornata tranquilla e senza affanni come sopra, salvo la singolare sensazione di essere straniero in Patria invasa dal via vai dei turisti. Una città irriconoscibile da quella vissuta per 350 giorni all’anno, e che quasi quasi ti va venire nostalgia dei posti in piedi sulle spiagge elbane. ROMANO CANTASTORIE ELBANO Caro Romano mi hai quasi convinto, anzi mi avete convinto a coppiola: tu con la tua quasi elegiaca rappresentazione di Roma (città che amo assai) spopolata e vivibile, e l'affollamento dell'Elba Agostana (che se si protraesse per sei mesi l'anno sarebbe da revolverata, che ha però anch'esso i suoi cantori, i bardi dello sviluppismo che vuol creare uno sviluppo da sviluppare, svilupposamente, concetti ai quali ogni tanto per la decenza, come quando si dice "pardon" dopo un rutto dal sen fuggito, inframezzano la parolina "sostenibile" (e naturalmente cosa sia sostenibile lo decidono loro). Mi hanno convinto il tuo "canto libero" e quello di quelli che hanno una certa idea dell'Elba: l'idea di caricare più cemento possibile su questa zattera di pietra e con esso (rigorosamente nei periodi di punta) nuovi e più numerosi umani semoventi (o semi-immobili) su strade intasate, stivati da bagnini-magazzinieri sulle spiagge, profluviosamente doccianti, piscianti e cacanti nelle patrie fogne financo marinesi, che concimano l'azzurro mar, ma anche al minimo imprevisto le piagge di cui il mar ci fece dono, con gran disdoro di Cimabluette che ora muto si sta. La prima vacanza agostana che potrò permettermi la trascorrerò a Roma


Roma colosseo

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