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Rio Marina e non solo

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : martedì, 10 agosto 2010

L’intervento della Regione sul Regolamento urbanistico di Rio Marina ha riproposto come abbiamo visto dalle dichiarazioni del sindaco Bosi questioni più generali per l’Arcipelago e non solo. E visto che è in corso un dibattito sulle politiche ambientali della nostra regione e degli enti locali che riguarda specificamente il ‘governo del territorio’ e l’ambiente non sarà male muovere da qui. E siccome Bosi nel presentare un suo libro sull’argomento ha ribadito che l’Elba ‘cresce o muore’ e che non può essere ‘imbalsamata’ da politiche ambientali ideologiche, è forse opportuno sgombrare subito il campo da qualche equivoco di troppo. Come vedremo le politiche di cui c’è bisogno sono molto ‘attive’ e poiché l’imbalsamazione attiene a cose morte e non vive essa non solo non serve ma è da escludere al pari dell’altrettanto citata a sproposito ‘musealizzazione’. Governo del territorio significa o dovrebbe significare-e non da ora- programmazione, pianificazione, concertazione di progetti tra istituzioni preposte alla gestione del territorio e dell’ambiente e non un ‘fermo immagine’ a cui impiccarsi per finire appunto imbalsamati in qualche museo. Del resto Bosi quando ha voluto motivare le ragioni del suo libro ha fatto riferimento alle ‘piccole isole’ alle quali a suo giudizio sono state negate a differenza della montagna indispensabili interventi specifici. Lasciando da parte ora la montagna che non scoppia certo di salute viste anche le vicende delle comunità montane, partiamo dalle ‘piccole isole’ alle quali da qualche tempo vengono ( o venivano) dedicati anche alcuni appuntamenti internazionali annuali a Palmaria. C’è una legge di diversi anni fa ormai –la 426- che parla di politiche di tutela affidate anche ai parchi e alle aree protette e mirate alla costa, alpi, appennino e piccole isole. La legge intese definire più concretamente e in maniera meno vaga gli obiettivi di una nuova politica ambientale di tutela sul piano nazionale e comunitario. La legge è rimasta di fatto tra le leggi più snobbate e ignorate dal ministero e non solo. Come spiega Bosi che da anni non si riesca neppure a definire il perimetro, la dimensione dell’area marina del parco dell’Arcipelago che non ha certo i caratteri di una impresa ciclopica? Non considera strano che mentre il ministero non trova la via di casa anche gli enti locali dell’Arcipelago hanno spesso preferito guardare al proprio particolare –quasi si trattasse di definire un proprio bagno o piscina con uso ombrelloni-piuttosto che un’area riguardante il Santuario dei cetacei che forse non è male ricordare è stato approvato da tre stati e parlamenti e ha sede in Italia ed è unico nel panorama europeo? Sono recenti le denunce di Greenpeace sui fenomeni inquietanti in atto in questo tratto di mare e se anche la situazione come si è detto da parte dell’Università di Siena non fosse così grave, è sicuramente accertato e incontestabile che la cabina di regia di questa peculiare area protetta risulta tra i dispersi in mare e non sta facendo un tubo? Ha a che fare tutto ciò con il presente e il futuro dell’Arcipelago e dell’Elba? Ha a che fare o no con l’impegno e il governo del territorio della nostra regione e dei nostri enti locali? A fronte di questi problemi che riguardano la preservazione della nostra risorsa più pregiata e in larga misura irriproducibile appunto l’ambiente, il suolo, la biodiversità marina e terrestre ‘crescere’ finora ha voluto dire soprattutto cementificazione, inquinamento marino e terrestre, dissesto foriero di disastri rovinosi che abbiamo sotto gli occhi. Bosi quando dice che bisogna ‘crescere’ pensa che si possa e si debba continuare in questa politica o pensa ad altro? Da questo punto di vista l’Arcipelago è andato con il tempo assumendo i caratteri quasi di un modello ma in negativo come testimoniamo vicende non soltanto istituzionali. L’alternativa che ormai si impone non ha bisogno di imbalsamatori ma di istituzioni attive nel progettare e gestire un rapido cambiamento che metta innanzitutto al sicuro la nostra risorsa ambientale che non può fare la fine delle sub-prime. E qui va detto che la questione va ben al di là dell’Elba e dell’Arcipelago e riguarda appunto il governo del territorio della nostra regione e del paese. E la prima annotazione critica da fare è che finora mentre tanto si chiacchera di federalsimo e di riforme istituzionali tra tagli e lotta agli sprechi poco o nulla si profila all’orizzonte perché finalmente si possa mettere mano ad un ‘governo del territorio’ degno di questo nome. Se qualcuno lo avesse dimenticato non è male ricordare che esso è previsto all’art 117 della Costituzione ‘ed è competenza concorrente Stato-Regioni’. In soldoni occorre che tutte le istituzioni su un piano di pari dignità e di ‘leale collaborazione’ nazionale e non separata da muri padani, riescano a mettere in atto e gestire finalmente politiche ambientalmente sostenibili. In queste settimane estive abbiamo registrato, ad esempio, allarmate denunce sui rischi che anche cime e ambienti dolomitici celebri da poco riconosciuti dall’UNESCO possano essere ‘vendute’ in seguito alla passaggio di una serie di beni demaniali a regioni ed enti locali. La Commissione parlamentare che se ne occupa in un lungo documento raccomanda al governo e alla Conferenza Sato-Regioni che la richiesta di regioni e altri soggetti che chiedono alla Agenzia del Demanio il trasferimento dei beni l’accompagnino con una relazione che dica chiaramente cosa si intende farne. La Corte costituzionale dal canto suo nel dicembre del 2009 ha dichiarato incostituzionale qualsiasi provvedimento comunale sugli immobili in questione che intendessero sostituire la necessaria pronuncia della regione sul loro uso. Insomma una sorta di ‘variante’ domestica a qualsiasi regime pianificatorio. Insomma c’è diffusa e giustificata preoccupazione che in nome di un federalismo in base al quale ognuno in casa propria fa i suoi comodi anziché andare verso quel ‘governo del territorio’ previsto dall’art. 117, si vada verso un ulteriore sbrindellamento con tanti saluti a qualsiasi seria programmazione cooperativa e solidale. Abbiamo mollato gli ormeggi da Rio Marina ma le acque in cui navighiamo sono appunto quelle che ci riportano necessariamente al contesto regionale e nazionale che non possiamo ignorare e non soltanto per il regolamento urbanistico. Qui si ritrovano anche quei passaggi cruciali che la cronaca ci ricorda spesso nei suoi aspetti più gravi ed anche calamitosi ma che non sempre rientrano poi nel dibattito politico-istituzionale. Penso ai bacini idrografici ma anche al ruolo dei parchi strumenti che per legge dovrebbero avere un ruolo importantissimo nel ‘governo del territorio’ e in quelle politiche di pianificazione ambientale ma che finora non sono riusciti a superare efficacemente la triangolazione regione-province-comuni all’interno della quale non è possibile rifarsi ai confini non amministrativi di quelle nuove dimensioni programmatorie. Dimensioni peraltro penalizzate prima con le modifiche alla legge 183 e poi con quelle del nuovo Codice dei beni culturali per quanto riguarda il paesaggio. Per recuperare su questo terreno quello che deve davvero crescere è la capacità Di non rilanciare vecchie politiche che hanno già fallito. Inutile dire che qui urge certo la discussione sulla legge urbanistica e i regolamenti ma che essa non basta se non vogliamo restare prigionieri di angusti confini e non solo a Rio Marina.


Cavo Paffe 4 trmoggia destra

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