Il mio amico Paolo De Piro con l’articolo sulla “rappresentatività” della classe politica ha buttato un sasso nello stagno e mi ha portato a riflettere sui concetti giuridici fondamentali che sono alla base della convivenza civile. E’ passato quasi inosservato e invece a me piacerebbe che intorno a questi concetti si aprisse un confronto. Tu che ne pensi Sergio? Permettetemi, per favore di rispolverare un po’ dei miei studi… “La rappresentanza politica si distingue in autoritaria, democratica e mista. La rappresentanza politica democratica è caratterizzata dal dovere del rappresentante di rispettare totalmente le promesse elettorali, la autoritaria è caratterizzata dal potere del rappresentante di disattendere totalmente le promesse elettorali,la mista dalla libertà del rappresentante di obbligarsi a rispettare, in tutto o in parte le promesse elettorali. Con parole di P. Ardant, pertanto, direi che la rappresentanza politica vigente nelle democrazie moderne e occidentali è una “rappresentanza snaturata”, come, tra l’altro, risulta chiaramente dai seguenti fatti: – che i partiti mirano al potere piuttosto che alla rappresentanza; – che i partiti non sono organizzati in modo pienamente democratico; – che gli eletti dipendono dai partiti piuttosto che dagli elettori (e, di conseguenza, rappresentano i partiti più che gli elettori); – che gli eletti sembrano essere meno capaci e competenti del possibile; Potremmo poi parlare della “rappresentatività”. Da dove partire? Si può dire che sia rappresentativo di questo paese il Presidente del Consiglio Berlusconi? Oppure l’ex ministro Scaiola? O il neo eletto, imputato e condannato, Brancher? O il viceministro della Giustizia Caliendo ( detto “Giacomino” dai compari di P3) In Parlamento siedono 24 pregiudicati e 90 fra imputati, indagati, prescritti e condannati provvisori. E sono rappresentativi di questo paese i nostri Onorevoli che continuano a mantenere privilegi da medioevo in un paese in ginocchio? E, per tornare in casa nostra, di quale sinistra è rappresentativo Massimo D’Alema che nell’ultimo intervento in parlamento è arrivato a sostenere che”in questo paese si spende troppo poco per gli armamenti”? E chi rappresenta gli interessi degli operai, dei disoccupati, dei giovani, delle donne in questo paese? Un paese in cui l’ad di Fiat Marchionne guadagna 435 volte lo stipendio di un operaio. E poi, stringendo il cerchio, pensi che la Regione Toscana, in qualche modo, rappresenti gli interessi degli Elbani in merito a trasporti, sanità, scuola? E stringendo ancora fino ad arrivare al nostro paese. Paolo ha sollevato il problema dell’area portuale, della Torre, del Depuratore. Problemi sul tappeto da anni che non trovano soluzione ai quali se ne aggiungono via via altri come, per esempio una stagione turistica che ha mostrato tutti i limiti della nostra offerta. Marciana Marina è il paese dell’Elba in testa alla classifica per numero di imprese che hanno chiuso i battenti. Chi rappresenta chi? Chi cura gli interessi della collettività? La verità caro Paolo è che il consenso dovrebbe basarsi sui Programmi elettorali. Sul serio. E che sarebbe necessario verificare poi durante i mandati che i programmi siano rispettati, magari con delle verifiche.. ogni tanto. Ma così non è. Il consenso in questo paese non ha elementi razionali, ma di pancia. E i rappresentanti non si curano di attuare i programmi, né i rappresentati si curano di chiederne il rispetto. Finita la festa, gabbato lo santo. E i risultati purtroppo sono sotto gli occhi tutti e non voglio essere costretta a riassumere, scandalo dopo scandalo, miserie su miserie, giorno dopo giorno, la pena in cui viviamo. Senza potersene partire, come i marinai di Conrad, per un altrove che da qualche parte dovrà pur esistere. V. Miceli scrive: «Egli sa che per essere eletto e quindi per essere confermato nelle elezioni successive, deve accontentare certe esigenze, e certi desideri, deve soddisfare certi interessi, e siccome l'ambizione di occupare quell'ufficio è nella più gran parte degli uomini più forte del desiderio del generale benessere dello stato, egli si deve sentire a preferenza attratto a favorire le aspirazioni dei suoi rappresentati anziché a tener conto dei bisogni dello stato in genere. Inoltre i bisogni generali dello stato sono troppo complessi per potere essere da tutti compresi in tutta la loro estensione e percepiti in tutta la loro evidenza; mentre gl'interessi locali sono assai più semplici e possono essere facilmente percepiti e compresi e perciò stesso possono assumere maggiore importanza e gravitare con più forza sulla coscienza dei rappresentati, come su quella dei rappresentanti, onde essi anche in buona fede possono diventare a preferenza i campioni di questi ultimi. Ciò quando le cose si svolgono normalmente e quando non entrano in campo influenze immorali ed interessi sinistri; che quando poi queste seconde cause cominciano ad agire, non sono più i legittimi bisogni e le legittime aspirazioni dei gruppi quelle che a preferenza occupano la mente e dirigono le azioni del rappresentante; sono invece i bisogni egoistici, le aspirazioni ingiuste, le pretese esagerate dei piccoli centri, o di personaggi potenti e di grandi elettori. Questi dominano e tengono come incatenato il rappresentante, che non è se non una loro creatura, e lo fanno agire secondo il loro talento e per il conseguimento dello loro mire.»(V. Miceli, op, cit, pp. 147-148) Maria Grazia Mazzei SEL Isola d'Elba Come sai bene Grazia sono pessimista "alla breve" ma moderatamente ottimista "alla lunga", perche pure se hanno ragione i partenopei a dire che "il peggio non è mai morto", sarà estremamente improbabile che i nostri posteri (e mi riferisco sia all'ambito locale che a quello nazionale) se la debbano vedere con una classe dirigente (politica e non) cialtrona, incolta, gretta e rapace come quella che ci stiamo sciroppando. Ciò premesso mi limito ad una considerazione su uno degli aspetti del "dibattitto sulla rappresentatività" innescato da De Piro: quello sul ruolo (o non ruolo) dei partiti politici, visto che sono convinto che il "gap democratico" che la nostra società reale soffre nei confronti di quella (ben) delineata dalla Costituzione, trova le sue radici nello svilimento dei partiti (di destra centro e sinistra) e della loro progressiva trasformazione da palestre democratiche in comitati elettorali più o meno permanenti, ruotanti intorno ad una riciclata oligarchia (nazionale o paesana) vecchia avida e pallosa. Credo che finché non si ricostituiranno degli strumenti in cui confluirà gente nuova spinta dalla passione civile (trovo stucchevole il dibattito su ideologia sì o nò e penso che almeno delle idee occorra averle) e non dal carrierismo, o comunque dalla sete di potere, quando di nuovo occorrerà fare la "gavetta democratica" (a sinistra come al centro o a destra), allora la politica tornerà ad essere un valore e non un mezzo, anzi un mezzuccio per affermarsi per ambiziosi sciocchi o volponi interessati, e magari insieme al voto si tornerà a dare del rispetto a chi ci rappresenta.
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