Alessandro Giannì di Greenpeace non ha dubbi: nel santuario dei cetacei passano oltre 200 navi al giorno, e ogni anno 300 cariche di sostanze tossiche, traghetti che volano sui 38 nodi facendo danni alla fauna marina, inquinamenti pericolosi, al largo, con colibatteri fecali , ma anche altre minacce “Che riveleremo tra non molto”, ha detto creando aspettativa. “Dal 2001- ha specificato- nessuna strategia nello spirito degli accordi internazionali presi a Barcellona nel 1995, per cui la zona di tutela voluta da Italia, Francia e Principato di Monaco, è in completo abbandono e non sono attuate sperimentazioni e principi di salvaguardia ambientale. Noi lo stiamo denunciando frequentemente. Ed è il Governo italiano il principale responsabile del suo collasso, violando gli accordi presi con Francia e Monaco, attivando il rigassificatore offshore di Livorno/Pisa, sul quale abbiamo scritto "Balene finite", infatti stanno scomparendo secondo i nostri censimenti annuali”. L'esperto biologo si è espresso così alla Collegiata San Sebastiano, nell'ambito del programma culturale comunale, "Marciana scienza", gestito da Sartore, davanti ad una sala gremita, presente il sindaco Anna Bulgaresi, l'assessore Renzo Mazzei e Umberto Mazzantini di Legambiente Arcipelago. Sono stati proiettati documenti e filmati che hanno detto della funzione di controllo di Greenpeace e si è trattato anche dello scempio che si fa nel mondo uccidendo le balene. "Il problema del Santuario- ha ribadito- è proprio l’assoluta mancanza di esecuzione di un piano di gestione. Dopo quasi dieci anni, nessuna misura concreta è stata sviluppata per proteggere i cetacei e il loro habitat. Il Piano di gestione è stato fatto proprio all'Elba, e si dovevano sviluppare attività di monitoraggio sulle popolazioni di cetacei e analisi del traffico navale al fine della prevenzione dei problemi. Purtroppo nessuno di questi processi è mai stato attivato e non è mai stata sviluppata alcuna norma per la gestione di queste problematiche”. E la piaga delle acque marine che anche nel recente passato sono state definite da “fogna”? “Abbiamo esaminato le acque superficiali e ben 4 delle 6 stazioni contaminate si trovano al largo di Capo Corso, già rilevato in passato, quindi non si tratta di un evento sporadico, ma di un fenomeno persistente, per lo meno in estate. E’ verosimile – ha concluso Giannì- che le navi passeggero scarichino nel Santuario le proprie “acque reflue” e che vi siano particolari aree – come quella da noi individuata a nord di Capo Corso – che, trovandosi oltre il limite delle 12 miglia, e quindi fuori dalle acque territoriali, siano utilizzate come vere e proprie discariche dalle navi di passaggio”.
santuario cetacei cartina