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Perché (all'Elba) sono felice di pagare la Tarsu e non la TIA

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : martedì, 03 agosto 2010

Gent. Carlo Pezzini Provo in tre parole a spiegare perché, da proprietario di casetta del nonno ma non residente, sono felice di pagare la TARSU e non la TIA. Il sacrosanto principio su cui si basa la TIA è: paghi per i rifiuti che produci; chi può non essere d’accordo? Ma all’Elba il servizio di gestione dei rifiuti deve (dovrebbe) essere strutturato per far fronte a quei disgraziati 20 giorni l’anno in cui i rifiuti prodotti sono almeno 10 volte quelli “fisiologici”: strutturare un servizio per venti giorni l’anno costa, e costa in maniera non proporzionale alla quantità dei rifiuti (mal)gestiti. Dove lei vede 4 puzzolenti cassonetti in fila, ne servirebbe 1 a regime: gli altri tre sono per i turisti ma devono comunque essere svuotati tutti i giorni dell’anno. Chi deve pagare questo servizio? I residenti? Forse no. Dunque non è pensabile, all’Elba, pagare in proporzione alla quantità di rifiuti che ciascuno produce. Purtroppo. Il “lusso” della seconda casa non può gravare su chi all’Elba ha la propria prima casa (e non tutti, di mestiere, lucrano sul turismo – spennano il turista). Questo vale per tutti i servizi (acqua, energia ecc.). Mi dispiace contraddirla ma io mi accontenterei se quei 35 euro a sacchetto prodotto fossero almeno spesi bene; so che così non è, ma questo è un altro discorso.


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