Chiudere la polemica con Mario Tozzi a colpi di “gorilla” da una parte e “talebano” dall’altra, scatena sicuramente l’interesse dei media per questa inedita litigata, ma non rende merito, ritengo, a nessuno dei due. Anche perché non spiega una virgola dei nostri reciproci e contrastanti punti di vista, che per fortuna vanno al di là degli affettuosi epiteti. Mario Tozzi ha ragione quando dice che l’Elba si garantisce un futuro solo se promuove il suo straordinario ambiente. Sbaglia clamorosamente quando confonde passato e presente e fa di tutt’erba un fascio. L’Elba ha vissuto una fase convulsa del suo sviluppo edilizio dagli anni sessanta fino all’inizio degli anni novanta. Poi di cemento fine a se stesso e seconde case se ne sono viste poche. Anche perché, nel frattempo, mentre da una parte si esaurivano i piani regolatori sviluppisti dei decenni precedenti, dall’altra sul 50% del territorio insulare arrivava il Parco Nazionale, con la sua rigida normativa di salvaguardia. Lo scoop sulle seconde e terze case all’Elba è pertanto vecchio di vent’anni. Non che nel frattempo non si siano scatenati appetiti e non vi siano stati errori. Sicuramente qualche eco-mostriciattolo è spuntato (anche se “made in continente” e subito dall’Elba). Sicuramente qualche piano strutturale è nato ipertrofico. Vorrei però ricordare a Tozzi che, di fronte a queste situazioni, non tutte le vacche sono state nere. Non so quante Amministrazioni in Toscana abbiano fatto quello che nel 2004 fece la mia: annullare un regolamento urbanistico vigente, tagliare attraverso quello nuovo un contingente di 700-800 potenziali seconde e terze case, ammettere solo nuove unità abitative per prima casa di cittadini residenti, prevedere l’obbligo, in presenza delle stesse o di ampliamenti delle abitazioni esistenti, di pannelli solari o fotovoltaici sul tetto, del recupero delle acque piovane, dei circuiti duali nei bagni. Quando Ermete Realacci partì da Roma per presentare in una sala stampa del Consiglio Regionale il regolamento di Portoferraio disse che anticipava i decreti ambientali della Regione e che era uno strumento urbanistico estremamente avanzato sul fronte dell’ambiente e delle rinnovabili. Non credo peraltro di essere stato in questi anni l’unico protagonista di un simile cambiamento. Ora, capirà Mario Tozzi, che questa Elba, l’Elba che cerca di ragionare, che soffre, lotta per un futuro diverso, questa Elba che vuole i piani strutturali coordinati, che vuole un solo comune al posto di otto, che chiede innovazione e cambiamento, che investe sulla sua storia piuttosto che sulla rendita, l’Elba dell’Enoteca delle Fortezze e di Slow-Food, degli alberghi di charme e delle nuove aziende agricole, dei centri storici invarianti strutturali, delle aree agricole di tutela ambientale in mezzo al cemento delle aree di frangia, questa Elba non ci sta a farsi prendere a schiaffi con le banalità e le generalizzazioni. Certo è un’Elba che a volte può anche sbagliare, ma non ha amici tra i furbetti del quartierino. Aprire una polemica contro gli elbani “messicani”, che affitterebbero ai turisti anche un autobus a due piani se avesse il bagno, sparare nel mucchio, immaginare la nostra deportazione (brutto termine, Mario, soprattutto per chi deportato lo è stato davvero), può essere suggestivo, ma non rappresenta ormai più l’Elba che è cambiata, che c’è, che a mio avviso è già maggioranza. Questa Elba vuole anche un Parco più legato al territorio e più forte. Un Parco non asfissiato da una politica nazionale fatta di tagli alle risorse, di improbabili privatizzazioni e di impoverimento costante del ruolo delle aree protette. Per questo Parco le istituzioni locali debbono essere al tuo fianco, non relegate a visioni macchiettistiche, o addirittura demonizzate; è questo purtroppo il tuo errore politico più grave, nella polemica che hai scatenato. Hai reso indirettamente antipatica l’istituzione che rappresenti e l’hai isolata, col rischio di farla riprecipitare in un dibattito ideologico parco si-parco no. Ricordati di Gramsci: l’ideologia è la gramigna più tenace della coscienza collettiva. Questa situazione si può recuperare solo col dialogo, azzerando il mercatino di cianfrusaglie intellettuali (o meno) di questi giorni. Questa terra d’altro canto ha bisogno che tutte le intelligenze che la frequentano si rimbocchino le maniche con sincerità e mente aperta. L’Elba è una terra così: orgogliosa, a volte rissosa, con tanti gorilla di mare, ma generosa e pronta ad accogliere anche i gorilla di città, se dimostrano di amarla.
Roberto peria testina sorridente